Le rivolte dei migranti in Grecia

Thu, 09/04/2015 - 09:08
di
Piergiuseppe Lasalandra (da Atene)

Mentre il governo Syriza in Grecia continua a subire ricatti e diktat dall'UE e il FMI, il paese è attraversato da molteplici rivendicazioni politiche, che vedono protagonisti una serie di soggetti sociali che fanno della solidarietà e dell'autorganizzazione gli strumenti per ottenere risultati concreti ed immediati, funzionali anche a frenare derive xenofobe e pulsioni razziste sempre in agguato.

“We break the fear, we go out to the streets”, così recitava l'appello per la convocazione della manifestazione antirazzista dello scorso sabato svoltasi nel centro di Atene e promossa da ASOEE, un'assemblea permanente all'interno dell'Università di Economia composta da migranti e solidali, in particolare studenti e studentesse. L`assemblea nasce nel 2012 a seguito delle settimane di duri scontri che si sono susseguiti quando, durante i tanti raid anti immigrati all`epoca di Samaras, i migranti si rifugiarono all'interno dell'università con la solidarietà attiva di molti studenti e non solo, difendendosi dagli attacchi dei MAT (reparti speciali della polizia) accompagnati dai nazisti di Alba Dorata

La manifestazione partita da Viktoria ha attraversato tutte le vie del centro fino a Syntagma, e ha visto la partecipazione di 1500 persone reali, in larga parte migranti da poco usciti dal CIE di Amygdaleza, ora in via di chiusura (circa 25/30 persone escono quotidianamente), famoso per la dura rivolta nell'agosto del 2013 e per l'altissimo numero di suicidi. Sin dai primi giorni dopo l'annunciata chiusura del centro di detenzione da parte del ministro Panousis, migranti e attivisti hanno denunciato la mancanza di una minima seconda accoglienza (alloggi alternativi, assistenza medico-psicologica) oltre che della presenza di alcune restrizioni molto severe: i migranti uscenti dal centro, con un permesso di soggiorno di soli 6 mesi, hanno l'obbligo di firma ogni due giorni presso le questure, non permettendo piena libertà di circolazione e il ricongiungimento familiare a cui avrebbero diritto.

Amygdaleza, inoltre, è solo uno dei 30 “immigration detention centers” presenti su tutto il territorio greco. Le domande di richiesta d'asilo, dall'inizio della crisi, non vengono praticamente mai accettate (ad eccezione di Siriani e Palestinesi) per cui, in una condizione di completa clandestinità, è facile essere arrestati e trasportati nei centri di detenzione. Le condizioni all'interno sono terribili: mancanza delle minime condizioni igienico-sanitarie, malnutrizione ed inadeguata assistenza medica, come testimoniato da un tasso di suicidi altissimo. La legislazione greca, al contrario di quelle che sono le disposizioni dei Trattati Internazionali sulla condizione dei rifugiati politici permette la detenzione anche per piu' di 18 mesi. Proprio in questi giorni è in atto il piu' lungo sciopero della fame dall'apertura dei centri, nel CIE di Paranesti nel nord del territorio ellenico da parte di 23 rifugiati che chiedono la chiusura del centro, la liberazione ed il rilascio dei documenti.

Il governo di Syriza, che da una parte denuncia la condizione dei migranti all'interno dei centri istituendo una commissione ad hoc, non risponde sulle condizioni dei migranti liberati e finora non ha definito politiche a medio-lungo termine che siano capaci di abbattere questo sistema fondato sul razzismo istituzionale e sul “business dell'accoglienza”. Nonostante le iniziali dichiarazioni di volerla rimuovere, è tuttora in corso l'operazione Xenios Zeus, il piano di intervento ideato dal precedente governo Samaras per il controllo delle frontiere, che da via libera alle forze dell'ordine per il blocco, l'identificazione ed il trattenimento indiscriminato dei migranti su tutto il territorio greco.

Le lotte dei migranti in territorio ellenico per la libertà ed il rispetto dei loro diritti non aspettano. Le esperienze di autorganizzazione e di solidarietà si moltiplicano, rispondendo in maniera forte e determinata al razzismo istituzionale e alle anime xenofobe e razziste presenti nel Paese. "Common struggles of locals and immigrants" riportavo alcuni cartelli durante la manifestazione. Scuole di greco, cucine collettive, cliniche sociali ma anche campagne di solidarietà all'interno degli spazi sociali per chi esce dai centri di detenzione, sono esperienze quotidiane e strutturate che creano sacche di resistenza alle politiche di austerity imposte dalla Troika, contribuendo a smontare anche la logica della "guerra tra poveri" che avvantaggia chi in Grecia soffia sul vento del forte disagio sociale per continuare a fare business ed erodere il consenso verso il governo Syriza.