Argentina, Venezuela e Bolivia: situazioni simili con risvolti differenti

Wed, 27/01/2016 - 16:56
di
Félix Caballero Escalante (da rebeliòn.org)*

La borghesia nazionale dei paesi sottosviluppati non è orientata verso la produzione, le innovazioni, l'edilizia o il lavoro. E 'completamente incanalata in attività di tipo intermedio (...) La borghesia nazionale ha una psicologia da uomo d'affari non da capitano d'industria. In effetti però la rapacità dei coloni e il sistema di embargo stabilito dal colonialismo non ha dato possibilità di scelta." Frantz Fanon (1961)

Lo scenario sudamericano, dopo le elezioni in Argentina, si è riconfigurato: da Domenica 22 novembre infatti l'era dei K [Kirchner, N.d.t.] è finita, perdendo la presidenza dopo 12 anni di governo ininterrotto.
Il fenomeno del Macrismo, che non è altro che la restaurazione neoliberale in Argentina, risuona in tutto il continente e rinvigorisce le forze conservatrici che, per motivi diversi ed in contesti differenti, si sono riposizionate come forza politica con capacità di governare all'interno dei diversi paesi progressisti.
Anche se questi risultati elettorali mostrano una serie di contraddizioni accumulatesi per anni e che i processi popolari-nazionali non sono riusciti a risolvere, non condividiamo la lettura di alcuni autori che definiscono questo momento come "la fine del ciclo progressista". È infatti poco probabile che le forze progressiste in America Latina e nei Caraibi semplicemente scompaiano e si esauriscano come alternativa politica alla costruzione di un ordine post-neoliberale.

In Bolivia abbiamo un esempio in cui il governo ha compiuto progressi significativi verso la trasformazione dello Stato e la socializzazione della democrazia, accompagnato da una parziale trasformazione dei mezzi di produzione che ha permesso una crescita e, a sua volta, una distribuzione basata sull'equità.
La nostra proposta è quella di interpretare la congiuntura a partire dall'analisi del contesto internazionale che ha portato ad una correlazione di forze a livello nazionale, trattando i casi di Venezuela, Argentina e Bolivia, perché sin dagli inizi del processo internazionale bolivariano - vale a dire la creazione dell'ALBA-TCP nel 2004 - si comincia a sviluppare una piattaforma multilaterale che cresce attraverso una sinergia tra differenti progetti nazional-popolari e che crea, quindi, un blocco, una comunità di forze vive, così fortemente connesse che le dinamiche nazionali possono avere ripercussioni all'interno di questo stesso blocco geopolitico.

Argentina: il laboratorio del neoliberismo del XXI secolo
Come lo fu il Cile negli anni '70, l'Argentina è ora il palcoscenico ideale per le forze conservatrici per sperimentare diverse modalità di attuazione delle misure strutturali volte a ridurre il coinvolgimento dello Stato nell'economia ed imporre, come la chiama Claudio Katz, una CEOcrazia.
La CEOcrazia ha l'obiettivo di creare, migliorare o consolidare tramite il governo, il sistema di trasferimento del reddito nazionale verso le classi ricche del paese, essendo i nuovi governanti, ministri e alti funzionari governativi parte dell'elite economica del Paese
Stiamo assistendo a come il governo di Mauricio Macri prema sull'acceleratore per attuare misure radicali prima che il Parlamento inizi le sue sessioni. Nella Camera dei Deputati infatti il rapporto di forze è contro il macrismo, dato che solo 90 dei 257 seggi appartengono a Cambiemos, mentre la maggioranza appartiene al Frente por la Victoria (FPV), con 107 seggi. Questa situazione si ripete al Senato con 45 senatori appartenenti a FPV e solo 16 al partito di governo.

Più di 12.000 lavoratori del settore pubblico hanno perso il lavoro dopo che il governo argentino ha chiuso vari mezzi di comunicazione come SenadoTV, National Radio Rock, oltre a chiudere il Centro Culturale Kirchner e ordinare il licenziamento dei dirigenti della Autoridad Federal de Servicios de Comunicación Audiovisual (AFSCA) e l'Autorità federale per la tecnologia dell'informazione e della comunicazione (Aftic).
Il macrismo sta anche accelerando l'introduzione della legge degli agrochimici che mira a stabilire un quadro giuridico che permetta alle agro-biotecnologie di usufruire liberamente di OGM e spianare la strada per la firma dell'accordo di partenariato Trans-Pacifico (TPP), che tra le sue prerogative vede la promozione dei brevetti, la privatizzazione dei semi e meccanismi che pongano i regolamenti statali in mano alle imprese transnazionali.
Diciamo che Macri sta premendo sull'acceleratore, infatti la maggior parte di queste misure sono state attuate attraverso il "decreto di necessità ed urgenza (DNU)", una risorsa che permette all'esecutivo di promuovere azioni con forza di legge in "circostanze eccezionali", come indica la pagina 2/7 dell'articolo 99 comma 3 della Costituzione della Repubblica di Argentina.

Questo strumento consente all'esecutivo di bypassare le autorità di regolamentazione e accelerare lo smantellamento delle politiche dei Kirchner, come ad esempio l'abrogazione della legge sui media, e un ripensamento della politica estera, infatti il governo argentino ora cerca di integrare il paese nell'orbita della Pacific Alliance e ricongiungersi con gli organismi di finanziamento multilaterali come il Fondo monetario internazionale (FMI), la Banca Mondiale (BM) e il World Economic Forum di Davos, che ha un'agenda politica che si pone al di sopra dei meccanismi alternativi di integrazione regionale come la Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC), il cui vertice si terrà il 27 gennaio a Quito (Ecuador).
Siamo preoccupati per come la situazione sociale stia precipitando perché il governo, nei suoi pochi giorni in carica, non ha fatto altro che minare il potere d'acquisto della classe lavoratrice attraverso una svalutazione che raggiunge il 60%, esercitare il potere per incanalare il reddito nazionale verso la classe ricca, attraverso l'indebitamento estero, e sta minando la libertà di espressione, la cui supposta mancanza è stata spesso utilizzata come argomento contro i governi progressisti.

Il Venezuela e le sue incertezze
In Venezuela la destra locale vuole cancellare la sinistra come opzione politica, e ha la capacità di farlo in quanto attualmente ha una vasta base sociale, dato che le forze progressiste dell'America Latina non sono riuscite a superare le correnti riformiste che proponevano un progresso graduale tramite politiche redistributive che includano settori emarginati, senza arrivare mai a proporre una radicale trasformazione dello stato.
Sia in Argentina che in Venezuela non si è potuto rompere con l'ideologia del capitale, né con la sua dinamica, perché anche se c'è stata una riduzione della povertà nei paesi governati o dove governa il progressismo, questo indicatore rappresenta di solito la crescita delle classi medie che, senza una politica formativa coerente con gli ideali socialisti, diventano i primi alleati delle forze conservatrici.

Questo spiega perché c'era una differenza di più di 2 milioni di voti tra l'opzione chavista e l'opposizione, anche se dobbiamo prendere in considerazione anche l'alta percentuale di astensione tra le fila del chavismo, causata dalla disapprovazione dell’operato del governo, che non è stato efficiente nel rispondere all'assalto della guerra economica, e dalla posizione ambigua assunta dal governo che, ufficialmente, si pronunciava per il rafforzamento del Poder Popular ma, tuttavia, continuava a finanziare le spese sontuose della borghesia.
La nuova maggioranza conservatrice dell'Assemblea Nazionale ha detto che non lavorerà con l'esecutivo per affrontare la crisi economica, ma cercherà di imporre la propria agenda politica, provocando ingovernabilità per rovesciare il presidente Nicolas Maduro e contemporaneamente promuovere la loro agenda legislativa per installare un nuovo ordine neoliberale alla Macri, iniziando con la legge sulla cancellazione degli espropri, la decentralizzazione dei servizi pubblici, e la legge sull'amnistia.

Questa posizione del MUD è intrisa di una demagogia che può confondere la popolazione, come nel caso della legge sulle abitazioni che vorrebbe concedere titoli di proprietà ai beneficiari della Gran Misión Vivienda, una misura diretta dalla Camera Immobiliare e che cerca di introdurre nuovi complessi di case nel mercato immobiliare speculativo.
Il mantenimento di politiche sociali attive sta attraversando un momento critico, siamo infatti immersi in una crisi deflazionistica, in cui le economie della triade che mantiene l'ordine capitalista (USA, UE e Giappone) sono in stagnazione e all'interno delle economie emergenti, Russia e Cina devono affrontare un rallentamento della crescita e il Brasile è in recessione.
Tutto questo si ripercuote negativamente sui prezzi delle materie prime e peggiora la situazione per i paesi che le esportano, che vedono il loro bilancio nazionale notevolmente ridotto.

La Bolivia e il processo di radicalizzazione
Nonostante questa situazione complessa, il chavismo e le altre forze di sinistra che hanno reso possibile la formazione del consenso bolivariano non sono ancora con l'acqua alla gola. È incoerente dire che siamo alla "fine" del ciclo progressista, queste forze infatti non sono mai state un'invenzione elettorale, o congiunturale, ma costituiscono una comunità politica con profonde radici storiche, composta da forza vive, con capacità di mobilitazione e di governo.
Attualmente le correnti che propongono la trasformazione progressista dello stato sono messe in difficoltà dalla cooptazione istituzionale dei movimenti popolari da parte dei tentacoli del Petro-Stato, dalla cultura della rendita e dalla CEOcrazia, tuttavia, questi elementi possono essere superati se si raggiunge la profondità dei progetti popolari-nazionali di matrice socialista che sono stati portati avanti dall'inizio del XXI secolo dagli eredi della rivoluzione cubana, come i movimenti di liberazione nazionali, la rivolta zapatista, etc.

Così arrivò al governo Evo Morales, che ha convocato il 21 febbraio un referendum per sottoporre alla consulta popolare la possibilità di modificare la costituzione e, in caso di vittoria del Sì, potrà partecipare come candidato alla presidenza nel 2019, continuando così il progetto socialista influenzato dalla concezione andina ancestrale Kichwa e aymara: il Sumak-Kawsay (la vita in Armonia).
Il governo boliviano è riuscito ad interpretare il socialismo attraverso il pensiero nativo indigeno, come ha fatto Mariátegui nel secondo decennio del Novecento proponendo il socialismo comunitario in base alle cosiddette unità territoriali Inca chiamate Ayllu. Per noi, la proposta più radicale e che dà poco spazio per le correnti riformiste, è proprio quella che si sviluppa nel quadro del processo boliviano che vede la cosmovisione della filosofia del Sumak-Kawsay come perno centrale di tutto il tessuto sociale per il buen vivir, il lavoro, la solidarietà e la vita comunitaria, contro la visione del neoliberismo, che si basa sull' economia finanziaria e l'iperindividualismo espresso nel mito della "concorrenza".
La prosecuzione del progetto dello Stato Plurinazionale della Bolivia e del governo di Evo Morales è centrale per il rilancio del progressismo regionale e rappresenta un punto di riferimento che può essere raggiunto se si costruisce un sistema economico dove la crescita e la distribuzione siano proporzionali.

Sintesi e conclusioni
Nel bel mezzo di una crisi generale del capitalismo, che parallelamente alla deflazione passa attraverso un processo di concentrazione del grande capitale transnazionale, i paesi della periferia del sistema tendono a soffrire di più il peso della situazione a causa della struttura economica nazionale, che è scarsamente diversificata e generalmente basata sull'esportazione di merci il cui valore si è significativamente ridotto.
Il riformismo, inteso come la corrente socialdemocratica che vuole costruire uno stato sociale attraverso un patto interclassista, senza interrompere i processi di accumulazione tradizionali e senza porsi l'obbiettivo della trasformazione dello stato, ha contribuito alla stagnazione del progressismo in diversi paesi del blocco bolivariano e accelerato la crescita della CEOcrazia nel caso dell'Argentina e il consolidamento del Petro-Stato, nel caso del Venezuela.

La Bolivia rappresenta la sintesi di tutti i progetti popolari-nazionali di matrice socialista della regione e raggiungere la rielezione di Evo Morales sarebbe una vittoria per tutta la sinistra latinoamericana. La creazione della "Stato comune", come discusso in Venezuela, si può riscontrare nell'organizzazione del socialismo comunitario boliviano, che ha come obbiettivo quello di democratizzare la politica attraverso un'organizzazione socio-economica orizzontale basata sulla cultura e la visione del mondo dei popoli indigeni andini, come il Sumak-Kawsay.

Fonte articolo: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=207926 Traduzione di Dario Di Nepi