S. Lorenzo, l'implosione della Gentrification

Wed, 19/02/2014 - 02:43
di
Communia - Roma

Queste riflessioni partono da ciò che sta succedendo in questi giorni a Roma nel quartiere di San Lorenzo, in particolare i continui attacchi subiti dalla sede femminista e lesbica di via dei Volsci 22 e i tristi episodi di violenza, ricollegabili alla problematica dello spaccio, avvenuti nel quartiere. Tali avvenimenti hanno già portato ad un comunicato congiunto di Esc, Cinema Palazzo e Communia in solidarietà alle compagne del 22, e ad un'interessante riflessione di Esc in riferimento alla situazione del quartiere. Nonostante il carattere locale degli avvenimenti, essi offrono interessanti spunti per un dibattito più generale di critica della speculazione e dello sfruttamento insito nei cosiddetti fenomeni di Gentrification.

Partiamo da un articolo, pubblicato dall'Huffington Post, significativamente intitolato “Degrado a San Lorenzo”. Il termine “degrado” può tuttavia essere fuorviante. Tale definizione rimanda infatti ad una condizione di incuria, abbandono e rovina causata dalla non azione umana. In realtà, ciò che accade è la conseguenza di scelte politiche ed economiche molto precise perseguite negli ultimi 15-20 anni non solo in questo quartiere. L’idea appunto della Gentrification, come mezzo per dare nuova redditività al capitale in crisi sul versante produttivo mettendo a profitto i territori.
Il meccanismo è ormai noto, e coinvolge città – e conseguenti mobilitazioni – in varie parti del mondo come visto a Burgos o ad Istanbul. Quartieri popolari, con una propria piccola economia basata su esercizi di vendita al minuto e artigianato, reti informali di solidarietà e culture consolidate, sono stati travolti da un’idea di riqualificazione che fa rima solo con speculazione. Con la fine dell’equo canone, la crescita dei costi degli affitti ha portato all’espulsione dal quartiere di una fetta degli storici abitanti, approfittando in particolar modo degli studenti, vessati dai tagli al diritto allo studio e dalla scarsità di posti in case dello studente. Meccanismo che ha fatto salire alle stelle il valore immobiliare delle case, ingolosendo gli speculatori pronti a costruire in ogni via, senza pensare alla qualità della vita del quartiere e ai suoi servizi, ma anzi progettando mini appartamenti adatti a massimizzare il profitto, ma inaccessibili per nuclei familiari più ampi: così cambia la fisionomia del quartiere, e studenti e residenti vengono messi artificialmente gli uni contro gli altri in nome del mercato.
E l’idea di sfruttamento selvaggio del quartiere ha portato anche alla sua nuova conformazione unicamente incentrata sulla movida, a danno dei servizi diurni per gli abitanti. La liberalizzazione delle licenze voluta da Bersani ha infatti prodotto la proliferazione di negozi che vendono unicamente alcolici fino a notte fonda, mentre in mano alla sola legge del mercato priva di qualunque pianificazione urbana e sociale, chiudono gli uffici postali, le librerie e i piccoli negozi, mentre aprono locali, bar e minimarket – con tutto il carico di precarietà e sfruttamento che si portano dietro. E di servizi sociali per il quartiere non se ne vede neanche l’ombra.
Un quartiere solo da consumare e non da vivere, non può non essere appetitoso anche per un’altra speculazione, quella legata allo spaccio. Ed è ciò che abbiamo visto crescere in questi anni fino alla sua recente esplosione anche di violenza. La legislazione proibizionista crea infatti il mercato per la criminalità organizzata, che ottiene il monopolio della distribuzione. Da un lato la disoccupazione (che è considerata strutturale, il che vuol dire che la politica ha rinunciato a combatterla) e dall'altro la legge Bossi-Fini fabbricano al contempo la manodopera ideale per un tale mercato: persone lasciate intenzionalmente ai margini della società, odiate da tutti, ridotte a non aver nulla da perdere, impegnate a farsi la guerra a vicenda soltanto per essere sfruttate meglio.
Questo degrado non è quindi una tragica fatalità dovuta all'incuria, come si affrettano a dire i giornali e gli amministratori, né è un fenomeno le cui cause sono ascrivibili al solo territorio di San Lorenzo. Del resto basta fare due passi ed arrivare al Pigneto per trovare la stessa identica situazione. Sono infatti conseguenza di decisioni politiche ben determinate, di politiche neoliberiste, che adesso stanno rivelando il loro portato di devastazione urbana e sociale fino a divenire ingestibili anche per chi li ha creati.
Il fatto che si parli di degrado come se si trattasse di una tragica fatalità, e che si riduca il problema soltanto a San Lorenzo invece di mettere in discussione le politiche cittadine e nazionali, dimostra la volontà di nascondere la natura ideologica delle politiche che hanno prodotto l’attuale stato di cose. La necessità è invece quella di chiedere il conto a chi ha perpetuato tali politiche, pretendendo cambiamenti strutturali: servizi sociali per il quartiere, blocco delle licenze per i locali di somministrazione, il vincolo dell’utilizzo dei locali per il loro storico uso commerciale (come da legge regionale sui Centri commerciali naturali, che potrebbe essere applicata perfettamente a S.Lorenzo), nuove case dello studente, una nuova politica di tariffe sociali per gli affitti, un nuovo piano urbano che blocchi la speculazione e ripensi socialmente il territorio. E ovviamente politiche antiproibizioniste.
Del resto le contraddizioni di questo sistema non mancano di venire alla luce. Spesso gli studenti capiscono che il problema dei tagli al diritto allo studio e degli affitti fa il paio con quello dei residenti storici di un quartiere che si vedono privati del diritto a vivere in un posto accogliente; se ne accorgono quando, occupando uno spazio abbandonato per aprire un'aula studio (visto che le biblioteche delle facoltà chiudono sempre più presto, e non si sa dove studiare), ricevono la solidarietà, l'affetto e i complimenti di chi vive e lavora nel quartiere, che vede come una riqualificazione dal basso funzioni molto meglio delle speculazioni create dal mercato immobiliare. Si creano così i germi di una nuova solidarietà di classe; ci si accorge che problemi e lotte, che prima apparivano separati, si intersecano: può essere l'inizio di una nuova forma di mutuo soccorso. Solo l'inizio, però; questo processo non è automatico, ma va costruito e curato, né è detto che porti subito a risultati concreti: le occupazioni possono venire sgomberate, le vertenze sconfitte o neutralizzate. Quello che però è interessante è la fecondità dell'incontro di queste esperienze: mettere insieme le vertenze studentesche con le problematiche di un quartiere come San Lorenzo, potenzialmente rimanda a temi molto ampi come la gestione delle risorse, la lotta ai tagli alle politiche sociali o il dibattito su una diversa gestione della finanza pubblica; inoltre le reti di solidarietà conflittuale che si sviluppano possono essere attraversate in vari modi da altre esperienze, dalle lotte femministe, ad esempio, o dai diversi settori del lavoro, che troppo spesso rimangono isolati.
Chiaramente per ora ci si muove ancora nel campo delle sperimentazioni, e molto poco è stato fatto al riguardo; tuttavia, l'ipotesti per cui quartieri come San Lorenzo, grazie all'incontro e al mutuo soccorso dei diversi settori sociali che vi si incontrano, possano costituire una delle tribune da cui far partire un nuovo dibattito pubblico sull’idea di città e di società che vogliamo costruire, è l’ipotesi su cui vogliamo investire. Un discorso che deve conquistare forza sociale e credibilità per contrapporsi al discorso neoliberista dominante, che consente ormai ovunque la devastazione dei territori e lo sfruttamento delle persone, e che ha portato questa città ad essere gestita come un grande affare per pochi, siano essi imprenditori o gestori di pacchetti di voti, invece che lo spazio vitale di chi ci abita.