Roma Comune: tre Dichiarazioni verso la ZTL di venerdì

Thu, 18/06/2015 - 11:14
di
Rete per il diritto alla città - Roma

La presa di parola della campagna "Roma Comune" che in questi giorni imperversa sui muri della città e nella Rete. Immaginare un nuovo spazio urbano a partire da partecipazione, mutualismo e utilità collettiva.

Nè PUBBLICO, Nè PRIVATO, COMUNE!

Il pubblico e il privato, meglio, la proprietà privata e pubblica, costituiscono due facce della stessa medaglia, l'una non è pensabile senza l'altra. Che si tratti di una proprietà pubblica o di una proprietà privata, il principio fondativo è lo stesso: quello dell'esclusione.

Che sia così per la proprietà privata è risaputo. Ma lo stesso vale per la proprietà pubblica: ciò che è di tutti è di nessuno, come spesso si dice. Di fatto, ciò che è pubblico viene gestito attraverso pratiche e procedure amministrative da un gruppo ristretto di persone che impongono le regole per l’accesso e il godimento dei beni. Per chiudere il cerchio, ad oggi, la proprietà pubblica è sempre più sottoposta a logiche di privatizzazione, alla privazione cioè del comune. La mala gestione e lo stato di abbandono in cui versa, sempre più frequentemente, costituiscono premessa e alibi per la sua svendita.

Gli spazi sociali autogestiti – è questo il loro punto di forza – non rientrano in nessuna delle due tipologie. Si fondano sul diritto all'uso a prescindere dalla proprietà, pubblica o privata che sia, sottraggono un "bene" all'abbandono o alla speculazione e lo recuperano ad un uso sociale, mentre la proprietà lo condanna all'indisponibilità. Con un paradosso solo apparente, praticano la riappropriazione per istituire l'inappropriabile. Alla proprietà, pubblica e privata, sostituiscono l'uso comune di ciò che è comune.

Un bene può essere usato senza appropriarsene, senza cioè escludere altri dal suo uso: anzi è proprio l'uso slegato dalla proprietà che permette la sua autentica riqualificazione e riconversione nel senso dell’utilità collettiva. Per questo rivendichiamo la legittimità dell'uso, contro la legalità della proprietà. Mentre la legittimità si richiama a principi condivisi di giustizia, la legalità si basa su norme storicamente determinate, che di fatto tutelano interessi specifici e di parte.

Quanto confliggano queste due categorie, quanta poca “giustizia” ci sia realmente nella “legalità” è esperienza quotidiana di tutti.

PARTECIPAZIONE E AUTOGESTIONE

Partecipare dal basso vuol dire essere protagonisti della vita e delle decisioni all'interno di una collettività che anima uno spazio e lo sottrae all'abbandono e alla speculazione, rendendolo fruibile a tutti.

Gli spazi autogestiti sono laboratori di sperimentazione sociale, tentativi di reinventare la quotidianità, la socialità, il lavoro, crocevia di esperienze differenti, argine alle derive individualiste e autoritarie nei territori. Producono cultura indipendente e migliaia di iniziative per comunicare che un'altra visione del mondo è possibile. Si basano sulla partecipazione diretta, il rifiuto della delega e delle gerarchie e sulla costruzione di percorsi autonomi e condivisi per trovare collettivamente risposte alla soddisfazione dei bisogni.

Il percorso di recupero riattiva competenze svilite dalla crisi e desideri altrimenti sopiti dando vita all'autorganizzazione, dove la responsabilità della comunità non è solo verso lo spazio fisico ma anche verso il suo uso in comune. Sostenibilità, cultura, condivisione del sapere, formazione e senso critico, decisionalità collettiva sono alla base della cultura politica degli spazi sociali.

L'autogoverno è un passo necessario per innescare un processo dal basso, al contrario di quanto avviene nella gestione del pubblico sempre attenta al mantenimento dei privilegi di pochi (vedi Mafia Capitale), e dare corpo ai sogni di chi vuole costruire alternative reali alle logiche del profitto e dello sfruttamento.

Rivendichiamo la valorizzazione e l'implementazione di tali esperienze, che sono l'espressione reale del diritto all'autodeterminazione di tutti quei soggetti precarizzati che costruiscono un mutualismo vivo dentro un contesto sociale in crisi.

SOLIDARIETA’ E MUTUALISMO

Mafia Capitale ha mostrato che persino la solidarietà può essere messa a profitto, in un sistema che oltre a produrre disagio trova il modo di specularci sopra. L'indignazione sociale diffusa e le proteste che montano nei territori sono spesso mosse dall’individualismo e dall’egoismo e alimentano processi di emarginazione ed esclusione. Tutto ciò non è casuale, ma è frutto di politiche saturate da una corruzione sistemica che da anni impoveriscono la popolazione, tagliando redditi e servizi e abbandonando intere comunità al destino della precarietà di vita. Il risultato è una guerra di tutti contro tutti in cui il nemico è quello che sta peggio di te.

Noi crediamo invece in una città che si riappropri della solidarietà e la organizzi fuori dalle logiche speculative e assistenzialistiche. La solidarietà infatti parte dal riconoscimento - pur nelle rispettive differenze - di una condizione comune di spossessamento e mancanza di beni fondamentali. Attraverso la costruzione di reti solidali è possibile sviluppare delle forme di mutualismo che non abbiano come obiettivo l'interesse economico o il profitto personale, ma il benessere delle comunità che le costituiscono.

Il mutualismo che ogni giorno portiamo avanti negli spazi sociali e autogestiti vive di questo spirito. E' uno scambio inteso non come baratto, ma come collaborazione, condivisione di esperienze e attività, riappropriazione di spazi e tempi di vita, produzione e uso in comune di beni e servizi. Questa sinergia crea nuove relazioni che, a partire dalla materialità dei bisogni, aprono inediti scenari e prospettive di condivisione di ciò che è comune.

Per sfogliare il free press diffuso oggi nelle metro di Roma clicca qui.