Occupata a Roma la Basilica di Massenzio contro gli sgomberi

Wed, 13/04/2016 - 13:23
di
Roma Non Si Vende

Questa mattina mentre si svolgeva il tavolo su ordine e sicurezza tra il prefetto Gabrielli e il commissario Tronca, la campagna Roma Non Si Vende ha occupato in maniera simbolica le impalcature della Basilica di Massenzio con l'intento di consegnare a Gabrielli una lettera aperta in cui si chiede un'interlocuzione riguardo le realtà coinvolte dalla delibera 140 e una moratoria per gli sgomberi e gli sfratti.
Gli attivisti sono restati sull'impalcatura fino a quando non sono riusciti a muoversi in delegazione verso la prefettura consegnando la lettera al prefetto e ottenendo un incontro fissato per domani 14 aprile.
Pubblichiamo il comunicato della rete Roma Non Si Vende e a seguire il testo della lettera aperta.
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Stamattina decine di attivisti della campagna Roma Non Si Vende - Decide Roma hanno occupato le impalcature della Basilica di Massenzio, nella parte più visibile dei Fori Imperiali. All'ordine del giorno della mobilitazione è l'emergenza sgomberi che si è violentemente abbattuta su centinaia di spazi sociali e realtà associative della città.

Il ‘‘riordino’’ del patrimonio pubblico messo in atto da Marino prima, e da Tronca poi, rischia infatti di cancellare la parte migliore di Roma, quella che in questi anni ha garantito servizi pubblici ai quali l'amministrazione non è in grado di provvedere, ha prodotto cultura indipendente? ha organizzato meccanismi di solidarietà, di mutualismo, di resistenza alla povertà, alla solitudine, alla marginalità, alla precarietà. Gli attivisti hanno consegnato una lettera al Prefetto Gabrielli, oggi impegnato con il Commissario Tronca proprio nel tavolo dell'ordine pubblico e sicurezza. La richiesta al Prefetto è che la questione non venga declassata a problema di mero ordine pubblico, ma che si trovi una soluzione che assicuri alla città la continuità dei servizi e delle attività degli spazi sociali.

La necessità, insomma, è quella di una ‘‘moratoria giubilare’’ degli sgomberi e degli sfratti, che accompagni in questi mesi il processo di discussione democratica, dal basso, della ‘‘Carta di Roma Comune’’, una documento programmatico che pone - tra le altre cose - nuovi principi e nuovi criteri per la gestione libera e partecipata del patrimonio immobiliare di Roma. Un atto di dignità politica di un'Amministrazione troppo tecnica, che rispetti l'attivazione e la mobilitazione di migliaia di romani - 20mila in corteo soltanto lo scorso 19 marzo - intenzionati a cambiare la città, assumendo la possibilità della decisione diretta sul governo dei territori. La richiesta d'incontro degli attivisti è stata accolta, con un appuntamento con il Prefetto Gabrielli fissato per domani [14 aprile, N.d.R.] pomeriggio.


Egregio Prefetto Gabrielli,

siamo la Roma solidale. Siamo le realtà associative, gli spazi sociali che si fanno carico, in questa città, della produzione culturale indipendente, della garanzia di tanti servizi essenziali di cui il pubblico non riesce a farsi carico, dell’organizzazione delle esperienze di solidarietà e di mutualismo che sole offrono un’alternativa concreta e tangibile alla precarietà, alla marginalità, all’abbandono delle periferie, alla guerra tra poveri, alla solitudine di troppi abitanti di questa città.

Come Lei certamente saprà, da molti mesi gli uffici amministrativi di Roma Capitale hanno recapitato alle nostre associazioni e ai nostri spazi una serie di Determinazioni dirigenziali nelle quali ci viene intimato il rilascio dei luoghi nei quali (in alcuni casi da decenni) svolgiamo le nostre attività, e ci viene annunciato il loro reintegro in possesso da parte dell’amministrazione comunale. Tali atti si riferiscono a quell’insieme di realtà – diverse centinaia - che, da tempo, avevano trovato un riconoscimento da parte dell’Amministrazione comunale attraverso l’applicazione – benché parziale – della delibera 26 del 1995.

Per questa ragione, con lo slogan “Roma non si vende”, una coalizione eterogenea di realtà territoriali e associative, lo scorso 19 marzo, ha convocato una manifestazione alla quale hanno partecipato più di 20mila cittadine e cittadini, con la richiesta, tra le altre, di una moratoria “giubilare” contro l’esecuzione di questo piano cieco ed efferato di sgomberi, e dell’apertura di un’interlocuzione capace di trovare una soluzione – seppur transitoria – che preservi la continuità di tutte le esperienze caratterizzate da un alto ed imprescindibile valore sociale per la città. Contemporaneamente, abbiamo avviato tra i cittadini e gli abitanti di Roma una consultazione democratica, “dal basso”, per scrivere una Carta di Roma Comune, una Carta che disegni nuovi principi e nuovi criteri per una gestione partecipata del patrimonio pubblico. Una Carta che vuole essere la base per un confronto con la futura Giunta per una soluzione deliberativa. La scrittura collettiva di questa Carta è il nostro modo per segnalare la disponibilità al confronto e all’individuazione di un nuovo dispositivo di riconoscimento giuridico di queste realtà, ma anche il modo per evidenziare l’ancoraggio ad alcuni principi conformi alla nostra Carta costituzionale, come quello del rispetto dell’autonomia e del valore sociale di queste esperienze, più in generale, della valorizzazione del pluralismo sociale e dei “corpi intermedi”. Principi ai quali non siamo disposti in alcun modo a rinunciare.

Pratichiamo un uso comune del patrimonio pubblico, un uso del patrimonio sottoposto alla decisione e alla partecipazione democratica e non a presunti criteri “neutrali” e stabiliti “dall’alto”. Crediamo fermamente nella possibilità di un “altro modo di possedere”, un modo di possedere non fondato sulla proprietà ma sull’uso civico, per citare l’eminente giurista e storico del diritto Paolo Grossi, attuale Presidente della Corte Costituzionale, così come sappiamo che la nostra Costituzione afferma la funzione sociale della proprietà privata.

Nelle scorse settimane, siamo riusciti ad ottenere un tavolo di interlocuzione con alcuni esponenti dell’Amministrazione commissariale di questa città, in particolare con il Sub-Commissario al Demanio e al Patrimonio, dott. Bruno Spadoni. Nonostante la nostra richiesta di tregua rispetto agli sgomberi, tale interlocuzione, per esplicita volontà dell’Amministrazione, si è tuttavia limitata ad un approfondimento degli aspetti “tecnico-giuridici” della vicenda. Un confronto a nostro avviso utile, e speriamo proficuo, ma che finora non ha preso in considerazione misure atte a stabilire concretamente una sospensione delle azioni di forza, affidate in prima istanza alla Polizia di Roma Capitale.

Eravamo abituati a considerare i tavoli di confronto come la ricerca di una soluzione alternativa all’uso della forza. In questo caso, il mondo è alla rovescia: ci viene manifestata la disponibilità a trovare una soluzione “tecnica” ma nel frattempo l’Amministrazione non si ferma rispetto agli “ultimatum” e agli “sgomberi”. Un confronto, dunque, paradossale, perché privato ab origine di quel tenore politico che non può non presiedere all’azione di governo di una città come Roma. Un confronto, insomma, incapace di affrontare il tema per le sue connotazioni propriamente sociali, ma solo come un problema di mera contabilità e di ordine pubblico. Ci rivolgiamo dunque a Lei quale garante dell’ordine pubblico, ma anche, nel vuoto della politica, quale rappresentate delle istituzioni, per chiederle una risposta e l’apertura di un’interlocuzione che riguardi l’insieme delle realtà coinvolte da questa situazione a dir poco emergenziale.

Per questo oggi, mentre nella sede della Prefettura si riunisce un tavolo ad hoc sulla questione sgomberi, siamo saliti sulle impalcature della Basilica di Massenzio, all’interno dei Fori Imperiali, in questo luogo sublime della città, dare visibilità alla nostra protesta e per comunicare con Lei, con l’Amministrazione capitolina e con la cittadinanza tutta. Perché gli spazi sociali sono una ricchezza di questa città, e vogliono continuare a esistere e a lottare per il cambiamento.

Roma Non Si Vende