Lo sceriffo d’Italia e il suo utile idiota

Tue, 20/05/2014 - 10:31
di
Leonida Mondonesi

“Gli spettacoli più emozionanti erano quelli dove la gente perdeva la testa per davvero, i cannoni tuonavano e poteva capitare, da un momento all’altro, che gli spettatori si trovassero a recitare.” [Wu Ming, "L’armata sonnambuli"].

Alla fine il famigerato Piano Roma Capitale è arrivato. Dopo settimane di infuocata propaganda, le misure atte a limitare il diritto al dissenso in questa città sono state adottate nella giornata di ieri, con una direttiva, dopo un incontro al Viminale tra il ministro degli interni Alfano, il prefetto di Roma Pecoraro e il sindaco Ignazio Marino. Un piano volto a militarizzare e a rendere il territorio di Roma una “città caserma”, vero e proprio laboratorio di repressione come unica ricetta per risolvere un’emergenza sociale che deriva dal modello di città che il capitale e i profitti stanno plasmando. Una città che relega ai margini gli strati più deboli della società, che non offre servizi, sfratta, manganella e isola.
Una città che con il suo centro storico deve essere cartolina, un po’ felliniana, di un paese che esiste solo per i turisti, dove venire a passare una piccola “dolce vita” per le vie di Trastevere e via Veneto e che non può quindi essere invasa dalla “teppa” del paese che scende in piazza con assurde “pretese” come giustizia sociale e dignità e tutela dei diritti.
Proprio il diritto a manifestare e a praticare il dissenso è uno dei punti più sensibili di questo Piano per Roma Capitale. Già domenica, ospite al programma In mezz’ora di Lucia Annunziata, il ministro degli Interni aveva fatto intendere la modalità con cui avrebbe gestito il dissenso sociale: «La nostra è una linea di forza, di severità - ha concluso -. Sono per una linea molto dura contro i violenti a difesa di Roma e del suo centro storico. Io sono per una linea ferma, dura. Il diritto alla protesta è sacrosanto, quello alla violenza non esiste. Se tu vuoi picchiare i poliziotti, sappi che lo Stato è più forte di te». Dichiarazioni che non danno adito ad interpretazioni quelle del novello sceriffo che sembra uscito dal set di un film di Tarantino, e, come i famosi villain del regista americano è tanto inquietante quanto grottesco. Dichiarazioni arroganti, e che soprattutto continuano nell’opera apologetica nei confronti dei “cretini” che ad ogni manifestazione non perdono occasione per manganellare e “scalciare zaini” e che nei congressi si spellano per cinque minuti le mani nei confronti di qualche assassino.
Nel Piano si afferma l'impossibilità per i cortei di stabilire itinerari che si muovano al di fuori del protocollo firmato durante la giunta Alemanno da alcuni partiti e i sindacati confederali. Protocollo che sin dalla sua approvazione mostrava la natura arbitraria del provvedimento, strumentale a reprimere il diritto a manifestare. In primo luogo non si capisce come si può pretendere che un atto sottoscritto da alcune parti possa essere rappresentativo di tutta la popolazione, e soprattutto non è chiaro come questo atto possa limitare il diritto a manifestare dato che il combinato art. 17 e 21 Cost. determina l’intangibilità di questo diritto. Ma ancora più grave è la volontà di vietare presunti “cortei violenti”, dove la definizione di violento si baserebbe su una presunzione stabilita da attività di indagine del Viminale senza un criterio oggettivo. Di fatto si concretizza in questo modo un DASPO all’intero corteo.
E’ fondamentale da questo punto di vista che i movimenti sociali sappiano smontare la narrazione tossica sul violento/non violento, mostrando i volti nascosti della violenza, quelli delle politiche economiche e sociali che stanno distruggendo la vita di milioni di persone per il profitto di pochi.
Dietro questo provvedimento si cela la volontà di reprimere qualsiasi forma di dissenso e di impedire che il conflitto sociale, strumento fondamentale per l’avanzamento delle classi subalterne all’interno degli ordinamenti giuridici, si possa espandere. Con le buone o con le cattive si deve arrivare a quella tanto agognata pacificazione sociale, fondamentale per la borghesia italiana e europea per mettere in atto i programmi di ristrutturazione capitalistica che si celano dietro le politiche d’austerity.
In merito agli eventi che hanno portato all’adozione di questo Piano Roma capitale un ruolo fondamentale lo ha avuto il sindaco Marino. Il primo cittadino romano ha avuto il ruolo dell’utile idiota, le sue dichiarazioni e il suo ruolo subalterno in materia di ordine pubblico nei confronti del prefetto Pecoraro e del ministro Alfano non hanno fatto altro che legittimare il veloce iter con cui si è arrivati all’adozione del provvedimento.
Dinnanzi ad un’emergenza abitativa che si fa dilagante, ai servizi che vengono dismessi, al commissariamento di bilancio e ai continui scandali che coinvolgono i manager di Roma Capitale, le cui conseguenze le pagano i cittadini, è paradossale che a il Sindaco di Roma interessi solo pedonalizzare i fori imperiali, mentre regala ben 11 edifici di proprietà comunale al ministero degli Interni per istituire nuovi commissariati. Del resto già abbiamo avuto modo di vedere il ruolo avuto dal sindaco di fronte agli sgomberi delle occupazioni abitative e sociali della città.
Alfano ha ragione quando dice che lo Stato è più forte dei movimenti se messo nella possibilità di determinare il piano del conflitto. Le ultime date di mobilitazione e gli scontri avvenuti lo confermano. I movimenti sociali devono essere in grado di sorprendere chi li vuole ingabbiare, evitando di trasformarsi da “assedianti” in “assediati”. E’ necessario mettere in pratica delle modalità tanto radicali quanto imprevedibili, che sfuggano a dispositivi di contenimento facili da attuare, e che siano praticabili e in grado di parlare un linguaggio in sintonia con chi subisce gli effetti di questa crisi e non vuole solo essere spettatore di ciò che gli accade intorno.
Dobbiamo sempre essere uno di più, particando contenuti ed obiettivi chiari, per sfuggire ai tentativi di isolamento a cui la politica vuole relegare i movimenti.