La “Sinistra per Malagò”…

Tue, 27/09/2016 - 15:00
di
Thomas Müntzer

Sembra incredibile. Ma pare proprio che esista anche una “Sinistra per Malagò”. Si si, proprio Giovanni Malagò, quello dei Mondiali di nuoto con 15 impianti su 18 finiti sotto sequestro per un “grande evento” emblema di sprechi, malaffare, inefficienze. Eppure, a guardare alcune reazioni sui social network e alcune iniziative in giro, quel ragazzo dei Parioli così capace di fondere sport, denaro e politica adesso fa proseliti anche a sinistra. Pure tra quella che chiamano radicale.
Lo abbiamo scoperto in questi giorni, subito dopo il No della Giunta Raggi alle Olimpiadi nel 2024, in cui la sindaca è stata anche accusata del sacrilegio di aver fatto fare mezzora di anticamera a quel galantuomo (che alcuni però pare chiamino più correttamente “Megalò”).
Improvvisamente, dopo anni di lotte contro grandi eventi e grandi opere come unica logica di governo del territorio, scopriamo che una parte dei compagni/e che manifestavano con noi stavolta considerava le olimpiadi un’opportunità per la città.

Noi eravamo pronti a dover dire ai grillini che no, il rifiuto delle Olimpiadi non può essere semplicemente legato ai rischi di illegalità. Che per trasformare la realtà non bastano una buona amministrazione e gare d'appalto fatte bene e gestite da persone oneste. Che serve una politica radicalmente alternativa di governo del territorio, e un’idea chiara su quale sia la parte di città con cui stare.
Conosciamo l’illusione grillina (ormai sempre più diffusa) secondo cui non serve la politica, la destra e la sinistra, basta il buon senso. Che se tutti fossero onesti in fondo il capitalismo sarebbe davvero il migliore dei mondi possibili.
Ecco. Ci aspettavamo che dalle “nostre parti” si sarebbero sollevate più voci per dire che il no alle Olimpiadi non può essere derubricato ad una questione di legalità, né può essere un posizionamento contro il solo Governo Renzi ma un passaggio necessario per fermare il permanente “stato d’eccezione” con cui sono state governate in modo bipartisan le città negli ultimi 25 anni. Che il diluvio di cemento a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni non è stato semplicemente causa di Mafia Capitale, ma che questa semmai è stata una conseguenza dell’idea politica della pianificazione per “progetti” che ha cancellato ogni regola, ogni altra valutazione ambientale, sociale o culturale. Che è a partire dagli anni Novanta che si è avviato un sistematico ricorso ad emergenze e grandi eventi, dai Mondiali di calcio (quelli di Montezemolo…) al Giubileo (quello gestito da Bertolaso prima di diventare capo della Protezione civile…) fino ai Mondiali di nuoto (quelli appunto di “Megalò”…). E che tutti sono regolati da leggi che donano lo straordinario potere di deroga, che permette di fare qualsiasi cosa in perfetta legalità.
Pensavamo di dover spiegare che ad aver prodotto tutto ciò è il dominio dell’economia finanziaria alla continua ricerca di nuovi profitti, che infatti per lucrare il più possibile preferisce localizzare le ipotesi di sviluppo urbano in zone agricole dove la valorizzazione dei terreni diventa gigantesca. E che è contro questi interessi che bisogna stare se si vuol davvero cambiare la città.
Pensavamo di dover far notare che il problema non è solo di Roma, che il modello dei Giochi Invernali di Torino e dell’Expo di Milano è l’unica ricetta che un sistema politico in profonda crisi è stato capace di pensare un po’ ovunque. Producendo speculazioni, cattedrali nel deserto, aumento dei debiti pubblici per centinaia di milioni di euro, e lavoro occasionale e precario (se non a volte del tutto gratuito).
Pensavamo di dover dire che Roma non deve solo annunciare il proprio No alle Olimpiadi del 2024 ma deve invitare le città a ribellarsi ad una logica per cui i finanziamenti statali arrivano unicamente se le amministrazioni percorrono la strada dei grandi eventi o delle opere straordinarie (vi dice niente il Ponte sullo stretto?), così facilmente indirizzabili verso esiti – e quadranti urbani – che interessano i soliti noti. Mentre nulla arriva per la gestione ordinaria dei beni e dei servizi comuni.
Che senza ripristinare prima un piano urbanistico e sociale organico, qualsiasi Olimpiade, anche la più bella e onesta, non può non produrre conseguenze urbanistiche negative e profitti per pochi.
Che è stato giusto e coraggioso dire No ai poteri forti della città, ma che non basta, ora servono risorse e idee per ragionare in termini sistematici sulle esigenze di Roma, sui bisogni dei cittadini, sulla qualità dei sevizi pubblici. E che è impensabile farlo solo per via amministrativa, senza produrre conflitto sociale e politico.

Ecco, credevamo di dover spiegare tutto ciò ai grillini per contrastare quella loro inconsapevole (o a volte un po’ ottusa) ingenuità che rischia di rendere anche alcune loro battaglie giuste inadeguate a produrre un reale cambiamento.
Invece scopriamo che questi argomenti sono presenti ancor di più a sinistra. È dalle zone della sinistra radicale che ci spiegano infatti che la scelta della Giunta Raggi è un grave segno di debolezza di questa amministrazione, che se erano capaci e veramente onesti avrebbero proposto qui e ora agli eleganti Malagò e Montezemolo un progetto alternativo, che in fondo erano disponibili a discutere (certo, avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di non rinunciare a tutta la torta…). Ma non solo. È sempre da ambienti della sinistra radicale che si sente dire che si è sprecata un’opportunità, e che adesso per colpa della Giunta Raggi – e non del ricatto della logica dei grandi eventi – Roma non avrà risorse per politiche pubbliche e per creare sviluppo e posti di lavoro.

A quanto pare, pur di essere inflessibili contro i grillini non si ha problemi a diventare indulgenti verso gli avversari di classe, fino a sposarne i pelosi argomenti e la logica di governo. Un atteggiamento che ricorda tanto quello degli ultimi vent’anni verso Berlusconi, quando pur di essere contro di lui abbiamo visto partiti, movimenti e singoli compagni/e appoggiare (a malincuore o con convinzione) argomenti e Governi che privatizzavano la gran parte dei servizi pubblici, introducevano la precarietà nel mercato del lavoro, tagliavano le pensioni, non avevano remore a fare la guerra (umanitaria certo). Distruggendo di fatto la sinistra.
Ora siamo all’antigrillismo: pur di essere contro di loro si può sposare qualsiasi argomento. Attaccando persino il sacrosanto No a Roma 2024.
Un antigrillismo come fase suprema dell’antiberlusconismo…

Qualcuno si meraviglia ancora se poi i Cinque stelle vanno al potere e la sinistra radicale è persa nella sua residualità?