L’estrema destra romana sta applicando il modello di Alba Dorata nelle periferie

Wed, 15/02/2017 - 15:46
di
Maria Panariello, Maurizio Franco*

"Grillini come la sinistra: accolgono i migranti e abbandonano gli italiani," "immigrato manovrato dallo Stato," "Roma alza la testa", "sostituzione etnica": sono queste alcune delle parole d'ordine pronunciate sabato 21 gennaio a Roma, nei pressi della stazione Tiburtina, durante una manifestazione per "difendere" il Ferrhotel — uno stabile di proprietà di Ferrovie dello Stato.

Da mesi l'edificio è stato inserito tra quelli designati ad accogliere i migranti in transito nella Capitale. Solo lo scorso 13 gennaio, però, è arrivato il via libera dell'attuale assessore alle politiche sociali, Laura Baldassarre, scatenando la reazione di diverse formazioni di destra.

La piazza è una specie di foto di gruppo della destra romana: ci sono deputati e militanti di Fratelli d'Italia e Noi con Salvini, nonché una sigla fino ad allora praticamente inedita — "Roma ai Romani" — che nel corso della manifestazione occupa l'immobile per qualche ora.

Pur essendo un nome nuovo, "Roma ai Romani" è l'evoluzione di un altro gruppuscolo — le "FAC – FAMIGLIA AZIONE CASA" — derivato da Forza Nuova.

Il portavoce è sempre lo stesso: Giuliano Castellino, un volto noto dell'estrema destra capitolina. E anche la funzione è la medesima: quella di essere un comitato per il diritto all'abitare — o "l'ala popolare" di FN, specifica Castellino — specializzato nel reinterpretare in chiave opposta pratiche e parole d'ordine dei movimenti di lotta per la casa.

Dalla fine di gennaio, la sigla si è mostrata particolarmente attiva. Il 24 gennaio i militanti di "Roma ai Romani" si spostano in via Montecucco, al quartiere popolare del Trullo, per picchettare un appartamento dell'Ater occupato da una giovane coppia di italiani e impedire l'ingresso ai legittimi assegnatari (una famiglia egiziana), che alla fine saranno trasferiti altrove.

"Ormai siamo ospiti a casa nostra", commenta Castellino in una nota. "[Ma] noi siamo pronti a organizzare la lotta contro chi vorrebbe sostituire il popolo romano con immigrati provenienti da ogni angolo del globo. [...] La tregua è terminata: Roma ai romani, case agli italiani."

Ed è proprio in quel "noi" che si riscontra una circostanza significativa: al Trullo, a fianco di "Roma ai romani," ci sono anche CasaPound e Forza Nuova.

Le destre romane e l'esempio di Alba Dorata

Dopo anni di rotture e faide nella destra romana, una simile comunanza d'intenti sembra essere — in un certo senso — un notevole salto di qualità.

Secondo Guido Caldiron, giornalista ed esperto di estrema destra, la "ricomposizione" e le azioni viste al Trullo segnalerebbero sia la "rincorsa a ritagliarsi un ruolo da protagonisti dentro questa crisi," che il tentativo di "incidere su un atteggiamento ormai post-politico di certe periferie dov'è scomparsa o quasi la presenza della sinistra."

Ovunque ci sia una bomba pronta ad esplodere in periferia, insomma, gli estremisti fanno sempre la stessa cosa: accendono la miccia.

Inoltre, continua l'autore di Estrema destra in un'intervista a Repubblica, sarebbe sempre più evidente come "il modo di stare dentro la crisi di queste formazioni ricordi Alba Dorata" — il partito neonazista greco in ottimi rapporti sia con Forza Nuova che con CasaPound.

L'orizzonte, dice Caldiron, è del resto lo stesso: "Una modalità fortemente aggressiva nei confronti dei migranti, una presenza di piazza militante e militarizzata."

Il rimando è a quanto successo negli anni passati nel quartiere di Agios Panteleimonas ad Atene, dove i militanti di Alba Dorata — travestendosi da "cittadini indignati" di fantomatici "comitati di quartiere" — sono riusciti a imporre la loro presenza e a costruire un discreto successo elettorale.

C'è poi un altro elemento cruciale con cui Alba Dorata si rende visibile nelle periferie: il cosiddetto "volontariato sociale," su base rigorosamente etnica. Il partito, infatti, tira su raccolte alimentari "solo per greci," scorta gli anziani ai bancomat, e organizza ronde notturne nei quartieri per "garantire" la sicurezza dei cittadini.

Il Tiburtino III

Prima del Trullo, dinamiche molto simili a quelle appena descritte sono state impiegate in un altro quartiere di Roma: il Tiburtino III.

In questo quadrante del IV municipio — racchiuso tra via Tiburtina e via Grotta di Gregna — sono presenti tre centri d'accoglienza diversi: il Centro Pronto Intervento Minori della Caritas in via Venafro; un centro Sprar in via Tiburtina (che ospita 100 persone); ed il "presidio umanitario" della Croce Rossa italiana in via del Frantoio, inaugurato nell'ottobre del 2015.

La storia di quest'ultimo stabile, oltre a essere strettamente collegata al Ferrhotel, è abbastanza travagliata.

Di proprietà comunale, la struttura è stata sequestrata dalla magistratura nell'ambito dell'inchiesta su "Mafia Capitale." In passato il centro era gestito dalla cooperativa "29 Giugno" di Salvatore Buzzi. Secondo gli inquirenti, il gruppo avrebbe voluto "investire" sull'accoglienza anche al Tiburtino III — e con modalità piuttosto estreme, ossia occupando l'edificio di via del Frantoio in accordo con un dipendente della commissione al patrimonio del comune, Mario Cola.

Dall'ottobre del 2015 a quello del 2016 il centro ha ospitato circa mille "transitanti," accogliendo anche alcuni migranti assistiti dall'ex Baobab nel piazzale della stazione Tiburtina. Successivamente si è anche fatto carico di altri migranti e dei senzatetto, soprattutto durante l'ondata di gelo del dicembre 2016.

Per questo motivo, la giunta Cinque Stelle ha deciso di prorogarne la chiusura—inizialmente prevista per il 31 dicembre 2016—al giugno 2017, e di far diventare il centro un presidio per "l'emergenza freddo".

Attualmente, sono 87 le persone che alloggiano all'interno.

Il vecchio comitato di quartiere e la nascita di "Tiburtino Terzo Millennio"

È in un simile contesto che si inseriscono le manovre delle destre romane, ed in particolare di CasaPound.

Sebbene alle amministrative del maggio 2016 i "fascisti del III millennio" abbiano preso solo il 3 per cento, CPI è comunque riuscita in qualche modo a incidere nel quartiere — soprattutto attraverso l'associazione "Tiburtino Terzo Millennio," che in poco più di un anno è riuscito a "soppiantare" il vecchio comitato di quartiere.

"Prima della nascita di Tiburtino Terzo Millennio esisteva un vero comitato di quartiere, che poi è esploso dopo l'arrivo dei migranti al centro della Croce Rossa" — come racconta a VICE News una residente di Tiburtino III che preferisce restare anonima.

In riferimento al trasferimento dei primi "transitanti" in via del Frantoio, ricorda la residente, "il comitato protestò, accorse davanti ai cancelli del centro, formando un presidio che durò per pochi giorni. Da una parte c'era chi bloccava le strade e tentava di dare fuoco ai cassonetti, dall'altra, c'era gente che, pur indignata, portava giocattoli e vestiti per i bambini."

La voce di un imminente trasferimento circolava già da tempo nel quartiere, e qualcuno si stava già organizzando per strumentalizzare la protesta.

"Alla gente di Tiburtino III non piaceva l'idea di ritrovarsi con un altro centro d'accoglienza su via del Frantoio," prosegue. "Detto ciò, solo i fascisti gridavano all'invasione con decine e decine di post e commenti sulla pagina Facebook del comitato. La gente era stanca, ma soprattutto per altri motivi."

In una nota del 16 ottobre 2015, giusto per rendere conto del tono, Mauro Antonini dichiarava: "In queste ore il Tiburtino III è una bomba pronta ad esplodere. Se non si interviene immediatamente contro l'insediamento di altri profughi nel quartiere, si rischia una nuova Tor Sapienza."

Il comitato di quartiere incamerava così le tensioni accumulate attorno al centro della Croce Rossa. Il capro espiatorio, secondo il racconto della residente di Tiburtino III, era il presidente del comitato Massimo Lucidi: "Riceveva bordate da sinistra — che lo accusavano di aver dato spazio ai fascisti nelle assemblee — e pressioni da una destra che invocava la difesa del quartiere e le barricate."

La rottura definitiva che sancisce la fine del comitato avviene il 26 ottobre 2015.

"Sovranità", l'ormai defunta piattaforma politica di intesa tra CasaPound e la Lega Nord, lancia un presidio permanente a viale Manzoni, davanti al Dipartimento della Politiche Sociali del Comune di Roma per chiedere la chiusura del presidio umanitario di via del Frantoio.

"Volevano che il comitato partecipasse alla manifestazione, alzando i toni della discussione, tacciando di tradimento chi si opponeva alla retorica dell'unità del quartiere," dice a VICE News la residente.

"Una parte consistente del comitato disapprovava le modalità e non voleva spalleggiare i partiti che sarebbero scesi in piazza."

Il comitato però non aderisce alla manifestazione, e il presidente Massimo Lucidi rassegna le sue dimissioni. A questo punto CPI cerca di ritagliarsi un ruolo da protagonista organizzando — il 6 novembre del 2016 — una fiaccolata per dire "basta ai centri d'accoglienza."

"Difendiamo il nostro quartiere"

Qualche giorno dopo sul gruppo Facebook del quartiere appare un post di Fabrizio Montanini, candidato al municipio IV per CasaPound nel 2013 e portavoce del comitato spontaneo "Difendiamo il nostro quartiere - Tiburtino III," che "raccoglie i militanti di CasaPound e la gente di destra delusa" dal vecchio comitato di quartiere, come racconta a VICE News la residente.

Lo stesso Montanini è presidente del comitato Beltramelli-Meda-Portonaccio — quartiere limitrofo al Tiburtino III — dove bazzica anche Mauro Antonini. I due, testimoniando quanto sia forte la solidarietà di "lotta" tra i comitati targati CPI, cercano di tenere i riflettori accesi sull'intero quadrante, intervenendo nei vari tavoli pubblici e denunciando con video amatoriali lo stato di abbandono dell'area.

La prima uscita del "nuovo comitato" è il blitz del 23 novembre al presidio umanitario della Croce Rossa, con al seguito il senatore di Forza Italia Francesco Aracri.

La risposta del quartiere alle manovre delle destre giunge il 15 novembre 2015, in occasione dell'arrivo di altri profughi in via del Frantoio 44.

Attraverso il corteo "Accogliamo...ma guardate come stamo" — portato avanti dalla "rete di abitanti, associazioni e realtà sociali" Tiburtino III secondo a nessuno — un gruppo di cittadini scende in piazza per manifestare "insieme ai migranti contro il degrado e lo stato pietoso in cui versa il quartiere," e punta il dito "contro le istituzioni e la politica che hanno permesso questa guerra tra poveri."

Le elezioni del nuovo comitato di quartiere, tuttavia, saltano definitivamente dopo una burrascosa assemblea tenutasi l'11 dicembre.

"I fascisti non vedevano più i presupposti e l'utilità per ridare vita al comitato: ritirarono le candidature dopo pochi giorni e crearono l'associazione Tiburtino III Millennio," conclude la residente.

L'ascesa di "Tiburtino Terzo Millennio"

Nonostante l'orientamento politico di alcuni dei suoi affiliati, il nome, l'uso del fasciofont negli striscioni e il logo — un moschetto circondato dal tricolore e dalla corona di alloro — , nello statuto del gruppo si legge: "L'associazione è apartitica e aconfessionale, disconosce le discriminazioni razziali o sociali."

A voler rimarcare la pretesa di "apartiticità," tra gli obiettivi di Tiburtino Terzo Millennio sono annoverati "la tutela dell'assetto urbanistico, ambientale e artistico del territorio; la tutela dell'igiene e della sanità pubblica; e la promozione della sicurezza pubblica e sociale."

Se non si conoscessero i suoi soci potrebbe quasi essere scambiata per una onlus, perfetta per un quartiere ridotto a dormitorio dove scarseggiano i poli culturali (fatta eccezione per la Biblioteca Vaccheria Nardi), l'unica area funzionante è un centro anziani, la speculazione la fa da padrona e lo spaccio è sensibilmente peggiorato.

In un simile contesto, l'attività di Tiburtino III Millennio è piuttosto intensa. Gli appuntamenti all'uscita dei supermercati per raccogliere beni di prima necessità sono numerosi, ed è facile incontrare i membri del gruppo — dotati di pettorina con logo — intenti a riempire le buste della spesa da portare ai residenti italiani più poveri (e dallo scorso agosto anche alle vittime del sisma nel centro Italia).

In realtà, però, il focus principale è sempre uno: la contrapposizione tra residenti e migranti.

La storia della Madonnina in largo Boiano ne è un esempio. I migranti del presidio CRI si radunano spesso nei pressi della statua, ma questa abitudine spaventa gli abitanti del quartiere. Molti di essi raccontano di aver visto qualcuno urinare da quelle parti; altri parlano di atti provocatori nei confronti degli abitanti di Tiburtino III.

Conversando con qualche migrante ospite del centro, si scopre rapidamente il perché di questi assembramenti misteriosi: a Largo Boiano c'è l'unico punto wi-fi di tutta la zona.

Smontare le voci accusatorie che circolano nel quartiere, però, non sembra premere molto ai membri del comitato; l'importante è presentare i "transitanti" del presidio CRI come un pericolo per la sicurezza del Tiburtino III.

Durante un collegamento telefonico nella trasmissione Diritto di Cronaca, Marco Continisio — braccio destro di Mauro Antonini e militante di CasaPound — interviene con queste parole: "Non avendo nessuna occupazione, purtroppo queste persone ce le ritroviamo giorno e notte sulle strade del quartiere, sui marciapiedi che bivaccano con il cellulare in mano. A volte consumano alcolici, infastidiscono i passanti. Questo agli occhi degli abitanti di Tiburtino passa come una mancanza di rispetto."

Dalla strada al municipio

L'attivismo del comitato non si limita alla "strada," ma riesce ad arrivare fin dentro le stanze istituzionali.

Il 7 ottobre 2016 la giunta del IV municipio si riunisce per chiedere all'assessore di trasformare la struttura di via del Frantoio in un "centro di ascolto e supporto per le vittime di violenza."

Durante la seduta straordinaria Tiburtino Terzo Millennio è presente con una delegazione di dieci persone, che ribadisce più volte quanto sia pericoloso "porre un centro di accoglienza nelle adiacenze di una scuola materna ed elementare per tutti i pericoli che può comportare per la sicurezza e l'incolumità dei bambini."

L'amministrazione municipale recepisce le lamentele e scrive nel verbale che "Il territorio presenta diffusi disagi sociali nella cittadinanza talora accompagnati da episodi di conflitto e turbativa in particolare ove insiste il Presidio Umanitario."

Qualche settimana dopo, il 26 ottobre 2016, il municipio convoca un tavolo tecnico per "la riqualificazione di Tiburtino III." Si tratta del primo di una serie di incontri promossi dall'assessore ai Servizi Sociali Rolando Proietti Tozzi, con cui rendere partecipi i cittadini delle scelte per lo sviluppo del quartiere. Nella sala consiliare del IV municipio — oltre a Tiburtino Terzo Millennio — è presente Mauro Antonini, direttamente in qualità di rappresentante di CasaPound.

"Gli immigrati non possono essere accolti e abbandonati", sostengono gli esponenti di Tiburtino Terzo Millennio. "Si devono stabilire e far osservare regole rigide perché se anche è previsto che i cancelli del Centro di Accoglienza di via del Frantoio chiudano a mezzanotte, molti ospiti sono stati visti scavalcarli diverse ore dopo. Per ovviare a questo problema, dovrebbe essere prevista la presenza di una pattuglia delle forze dell'ordine."

Il 31 ottobre, poi, CasaPound lancia una manifestazione. "Ciò che chiediamo," dice Mauro Antonini in una nota, "è di chiudere il centro di via del Frantoio perché illegale e prossimo alla scadenza della concessione annuale."

Davanti alla fermata della metro Santa Maria del Soccorso si presentano una cinquantina di persone, schierate e ordinate sul marciapiede. "Non vogliamo creare disagio alla cittadinanza," dicono mentre lo slogan "Prima gli italiani!" è ripetuto spasmodicamente al megafono.

Secondo un'altra testimonianza del quartiere raccolta da VICE News, al sit-in i residenti di Tiburtino III sono però pochissimi. Il presidio, al contrario, è composto principalmente da persone appartenenti al Comitato Beltramelli-Meda Portonaccio, accorse a dare il proprio appoggio ai vicini di casa e ai militanti di CasaPound di tutta Roma.

La manifestazione è un flop e di lì a poco gli sforzi di Tiburtino III Millennio per far chiudere il centro della Croce Rossa non verranno ripagati. Il Comune di Roma infatti rinnova la concessione per il presidio di Via del Frantoio fino a giugno 2017.

Proselitismo in periferia

Ciò nonostante, il "comitato di quartiere" ha dimostrato di funzionare in maniera egregia — sia per porsi come interlocutore credibile con le istituzioni, sia per ottenere visibilità sul territorio.

La strategia è dunque evidente, pensata nei minimi particolari, e soprattutto riproducibile in diverse periferie della Capitale.

Da Tor Sapienza a Casale San Nicola, passando per Boccea e l'Infernetto, negli ultimi anni l'estrema destra romana si è messa a fare proseliti negli ambienti in cui c'è maggiore fragilità sociale, oppure dove lo stile di vita della comunità sembra essere minacciato dall'"invasione" di turno.

A confermarlo c'è anche una recente relazione dell'intelligence italiana, pubblicata in parte su Repubblica, che sottolinea come "la presenza di centri di accoglienza per cittadini extracomunitari ha fornito favorevole occasione alla formazione di aree di destra per inscenare preordinate iniziative di protesta anche a carattere simbolico, o per inserirsi strumentalmente nelle manifestazioni di piazza organizzate dalle comunità di residenti e innalzare il livello di conflittualità".

*Fonte articolo: Vice