Genova per noi, per loro, per nessuno

Thu, 29/06/2017 - 12:49
di
Marco Bertorello

Nella seconda metà degli anni Ottanta ero uno studente medio che, protestando, incontrava l'ultimo sindaco di una giunta non di sinistra, Cesare Campart, repubblicano e guida di una giunta pentapartito (una definizione che mi sembra strano solo ricordare). Le giunte precedenti erano state rosse, con il sindaco socialista Fulvio Cerofolini, e quelle successive furono sempre più rosa con sindaci come Merlo, Burlando, Sansa, Pericu, Vincenzi, Doria. Insomma una città che negli ultimi cinquant'anni, tranne una breve parentesi, è stata sempre governata da forze di sinistra.
Il risultato delle ultime elezioni comunali, invece, ci consegna un quadro assai diverso, con un sindaco della Lega Nord e una maggioranza che potremmo definire di destra-centro. Molti appaiono sconcertati, sorpresi o perlomeno amareggiati. Indubbiamente un certo fastidio il risultato lo può generare, ma vorrei provare a riflettere a mente fredda.

Dico subito che il risultato non mi ha sorpreso. Non solo per le modalità con cui è stata condotta la campagna elettorale: una sorta di gara fotogenica, dove non erano rimasti neppure slogan politici, per quanto semplificati e banali, e dunque dove il candidato Gianni Crivello del centro-sinistra al meglio poteva rappresentare un bravissimo nonno o un simpatico compagno di bevute, ma non certo un candidato credibile, per quanto l'età media della città sia molto avanzata. Ma il risultato non mi sorprende per una molteplicità di ragioni politiche. Il fallimento del centro-sinistra, infatti, non può essere ingenerosamente accollato semplicemente al candidato a sindaco. Per mesi non si trova un candidato, quelli più accreditati rifiutano, pesano le liti e le divisioni dentro il PD e nella cosiddetta sinistra radicale, pesa il ruolo divisivo di Matteo Renzi, l'inconsistenza del suo progetto, pesa la sua sconfitta referendaria. Ma non solo. Pesa il ruolo della precedente giunta Doria, sindaco arancione, che a differenza dei suoi predecessori DS-PD, ha inanellato una serie di battaglie contro utenti e lavoratori del trasporto pubblico e della nettezza urbana, provocando inusuali scioperi esplicitamente contro l'amministrazione, tra cui il blocco totale degli autoferrotranvieri per quasi una settimana che costituisce un caso unico e per certi versi emozionante (almeno per il sottoscritto). Sull'acqua nessuna inversione di tendenza, nessun ripristino della volontà popolare; sul resto solo politiche di bilancio restrittive, con la riduzione del debito come da richieste governative, con una moderata riduzione della spesa sociale solo al prezzo di un aumento della tassazione locale. Una maggioranza insolitamente di sinistra, almeno sulla carta, ma più realista del Re.
L'alternativa poteva essere rappresentata dal Movimento 5 stelle che però ha allontanato il suo candidato naturale, quel Paolo Putti che alle scorse elezioni era già arrivato al 13%, che poteva essere un candidato credibile, anche per tanta sinistra, e che avrebbe potuto costituire un'opzione diversa. Per giunta nella città di Beppe Grillo. Ma niente, il Movimento non lo vuole, poi le elezioni interne, dove viene eletta tal Marika Cassimatis al posto del pretendente sostenuto dai leader locali del Movimento. Elezioni annullate e Grillo recupera il secondo con lo straordinario slogan «Fidatevi di me». Niente di più antitetico rispetto alle speranze di cambiamento.
Alla fine, come annunciato in Tv ripetutamente da Enrico Mentana, si riesce a far resuscitare Berlusconi, o meglio la variante ligure più nazional-populista, quella guidata dal governatore Toti in tandem con la Lega. Perché stupirsi di tutto ciò? Certo ci sono anche altre ragioni molto più scabrose per cui vince la destra. L'odio per gli immigrati innanzitutto. A tal proposito colpisce però come la direzione del PD di La Spezia, altra città in cui vince la destra, spiega il disastro elettorale: colpa di una città sporca e degli immigrati. Insomma legge e ordine. Come a dire, abbiamo sottovalutato questi problemi, non abbiamo dato risposte abbastanza forti in tal senso. Ma per fare ciò non c'è la destra? O addirittura non sarà la sinistra ad alimentare la destra a causa della sua inconsistenza?

Per costruire una società solidale e antirazzista penso che non sia sufficiente prenderla dal lato del solidarismo con gli ultimi, ma che occorra dare una prospettiva anche ai penultimi e ai terzultimi. Quelli che invece tanti vorrebbero scagliare proprio contro gli ultimi. Inventarsi un progetto inclusivo, che parli di lavoro, tutele e diritti per tutti, che riparta dallo sporcarsi le mani nei quartieri popolari (quelli dove la destra genovese ha vinto). Non si tratta di riunificare la sinistra (verbo e sostantivo sempre più evanescenti e privi di significato), ma di inventarsi un progetto di cambiamento dell'esistente. Ora non piangiamoci addosso. Penso che la destra, al di là di alcune performance simboliche che contribuiranno ad imbarbarire il quadro, non andrà. Per carità non è poco, ma intanto occorre dire basta con la logica della riduzione del danno, del male minore. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Le politiche degli enti locali vanno ormai con il pilota automatico dei bilanci nazionali e sovranazionali. Destra o sinistra poco importa. Il nuovo sindaco ci dirà che ha scoperto una situazione finanziaria peggiore di quanto si aspettasse, è il solito ritornello con cui si dà seguito alle politiche di rigore. Non serve diventare sindaco per sapere che soldi ce ne sono sempre meno. Si tratta invece di capire come non rispettare leggi e vincoli di bilancio che non sono naturali, che il mercato non è una maledizione divina, si tratta di comprendere come promuovere partecipazione e conflitti inclusivi. Ricostruire società. Gli appelli antifascisti, per quanto condivisibili, temo non ci porteranno molto lontano.