Alla Leopolda viaggiavano le locomotive a vapore

Mon, 27/10/2014 - 12:15
di
Giulio Calella

La Leopolda è stata davvero una stazione di Firenze, anche se non per molto. Fu voluta dal Granduca Leopoldo II e il suo obiettivo era collegare il capoluogo toscano a Livorno. I lavori andarono un po’ a rilento e, progettata nel 1837, fu inaugurata solo il 12 giugno del 1848.
Alla Leopolda – sì, proprio lo stesso set pieno di Mac e iPhone dove si son ritrovati Renzi e i suoi più cari amici – viaggiavano le mitiche locomotive a vapore, comparse in Inghilterra agli inizi dell’Ottocento come sostituto meccanico del cavallo per il traino di convogli.
Le prime locomotive a vapore avevano una struttura piuttosto rudimentale: un carro costituito da longheroni e traverse in ferro su cui era montata la caldaia con forno e fumaiolo, una coppia di cilindri motori collegati attraverso delle manovelle all'unica ruota motrice, con i comandi relativi alla condotta appannaggio di un macchinista posto su un semplice predellino.

Ma cosa lega questa storia alla grande e inarrestabile modernità e novità rappresentata dal nostro giovane Presidente del Consiglio, dai giovani ministri e ministre lì insieme a lui e dai giovani imprenditori e finanzieri che hanno animato in questi giorni il frizzante dibattito della Leopolda con idee innovative per cambiare il paese?

In quella scenografia da garage di Steve Jobs, Renzi ha risposto a chi in piazza difendeva l’articolo 18 con una efficace metafora: “È come voler mettere un gettone nei ‘nostri’ iPhone! È come voler mettere il rullino nelle nostre macchinette digitali! È finita l’Italia del rullino, noi vogliamo un’Italia digitale!”.
Bella, bellissima metafora. Il mondo è cambiato, e alla Leopolda avevano davvero tutti l’iPhone di ultima generazione. Nessuno vuole più il rullino da 24 da portare a sviluppare. No, fotografiamo e condividiamo immediatamente su twitter. La storia è andata avanti in modo lineare e inarrestabile, con innovazioni che rendono la nostra vita migliore. Questo ci dicono Renzi e i suoi amici.

Eppure qualcosa lega davvero la storia di quella stazione con le cose sentite dire dai giovani in camicia bianca.

Quando a metà dell’Ottocento alla Leopolda passavano le locomotive a vapore in effetti i datori di lavoro potevano licenziare in qualsiasi momento senza necessità di addurre nessuna giustificazione, un po’ come vorrebbe Renzi con l’abolizione dell’art. 18. In nome della libertà contrattuale non esistevano limiti alla contrattazione individuale, e si finiva per lavorare anche 15 ore al giorno, un po’ come capita oggi a collaboratori e partite Iva delle aziende di quei giovani imprenditori. Lo sciopero era considerato reato, un po’ come pensa il simpaticissimo finanziere Davide Serra, 43 anni, un passato nella banca d’affari Morgan Stanley, un presente come amministratore delegato del fondo Algebris. Proprio lui alla Leopolda in uno degli interessantissimi tavoli di discussione, ha avuto una grande idea: limitare il diritto di sciopero, che in fase di crisi è proprio un costo.

Idee belle, innovative, forse geniali come quelle di Steve Jobs. Eppure tanto simili a quelle in vigore ai tempi delle locomotive a vapore alla Leopolda.

Forse la storia non è esattamente un progresso lineare, come pensa sorridente Renzi mentre manda un tweet dal suo iPhone. Solo dopo la sostituzione delle locomotive a vapore con quelle elettriche, e poi proprio nell’epoca dei gettoni e dei rullini, i lavoratori sono riusciti a conquistare diritti, ottenendo tra l’altro di non poter esser licenziati senza giusta causa, il diritto di sciopero, e le tutele (orari, malattia, maternità ecc.) legate al contratto a tempo indeterminato. Se guardi bene la Storia, caro Matteo, il posto fisso non è finito con l’epoca delle macchinette digitali, è stata in realtà solo una parentesi di civiltà nella storia dell’umanità, una parentesi conquistata nel Novecento con lotte durature e radicali nei luoghi di lavoro, e con qualche tentativo di rivoluzione in giro per il mondo. Una conquista, un vero progresso nelle condizioni di vita di milioni di persone, mai andata giù a chi pensa che la civiltà sia solo l’aumento dei profitti. Ai progenitori e ai genitori dei Serra e dei Farinetti per intenderci, quelli che adesso ti consigliano di tornare indietro, proprio ai tempi delle locomotive a vapore.

La Leopolda ebbe però vita breve. Con il tempo la stazione più centrale vedeva un crescere continuo di passeggeri e si decise di dirottarvi tutte le linee regionali e nazionali, chiudendo definitivamente la Leopolda già nel 1860. Una vita lampo per una stazione.

Vita lampo che auguriamo anche al politico Renzi e al suo Governo.

"...Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore
mentre fa correr via la macchina a vapore
e che ci giunga un giorno ancora la notizia
di una locomotiva, come una cosa viva,
lanciata a bomba contro l'ingiustizia..."