Non chiamate "follia" il femminicidio di Genova

Wed, 02/11/2016 - 18:23
di
Degender Communia

Un uomo uccide a Genova la moglie e le loro due bambine e si suicida, lasciando scritto: «troppi problemi, preferisco portarle con me». Gli organi di stampa parlano di “dramma familiare” e, in un quadro ancora confuso, si affrettano a dire che, secondo colleghi e vicini, l’uomo, un poliziotto, era “tranquillo”, non mostrava sintomi di depressione e aveva debiti di gioco accumulati con le lotterie istantanee, ma non tali da giustificare la strage. Si dà invece poco rilievo all’unico elemento certo, le parole scritte nelle lettera di giustificazioni, che definiscono la tragedia per quello che realmente è: violenza maschile sulle donne.

La narrazione dominante della violenza di genere spinge a pensare che le cause, spesso considerate “attenuanti”, siano l’amore, la gelosia, la pazzia, l’agire dell’uomo malato. Purtroppo le motivazioni che spingono un uomo ad ammazzare una donna, a stuprarla, a picchiarla, ad abusare di lei sono assolutamente altre, accomunate da un comune denominatore: il possesso. E questo ultimo caso ne è un esempio perfetto: “preferisco portarle con me”, come se appunto la moglie e le bambine fossero una proprietà di cui disporre, su cui decidere, fino a condannarle a morte.

Gli stessi organi di stampa richiamano una caso simile, avvenuto nel 2003, nello stesso quartiere di Genova, Cornigliano, e sempre per mano di un poliziotto. Nel mese di luglio di quell'anno un ispettore di polizia uccise la moglie, i due figli di 8 e 4 anni e poi si tolse la vita. “La follia dell'uomo depresso a causa della separazione dalla moglie e perché non gli era stata data la possibilità di vivere con i figli, era esplosa nella tarda serata”, riporta, per citare un esempio, TGCom24. Corriere.it chiude con molta più franchezza: “non accettava la separazione”.

Possesso e reazione ad un atto di libertà della donna. Gli uomini, tutti, crescono in un milieu patriarcale e ne diventano portatori. Reputano inaccettabile che le donne possano avere una vita lontana da loro e arrivano a punirle per la libertà che si concedono di scegliere per sé, senza la protezione maschile o quella del gruppo.

Le donne, in tutto il mondo, hanno dichiarato guerra al patriarcato e alla violenza di genere. Qualche anno fa in Spagna, e in tempi più recenti in Brasile, in Messico, in Argentina, in Polonia, in Inghilterra e in Irlanda, le donne hanno occupato con numeri eccezionali le strade contro la molteplicità delle violenze che ancora sono costrette a subire. Il 26 novembre anche noi scenderemo in piazza con le donne italiane al grido di “Non una di meno!”, nella convinzione che nessuno sarà libero finché non saremo tutte libere!