#Staffetta Verso Idomeni #3 Il teatro dell'orrore

Sat, 04/06/2016 - 15:10
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Staffetta Verso Ideomeni

L’ennesimo campo militare aperto dopo lo sgombero di Idomeni: le solite notizie che ci riportano la mancanza di docce calde, di servizi di pulizia, di cibo scadente o scarso e di mancanza di un presidio medico efficiente. Ancora una volta ci fermiamo e ci ricordiamo che non siamo in un paese del “Terzo Mondo”, ma in Grecia, Europa.
Dove due bambini iracheni possono morire annegati in una cisterna mentre giocano, scherzando su cosa avrebbero fatto da grandi.

Dall’inizio di questo nuovo flusso, la Grecia è stata solo e soltanto un punto di approdo, un paese di passaggio dove “riposarsi” qualche giorno e poi ripartire. Non era preparata ad affrontare una situazione del genere, la crisi economica da cui questo paese si deve ancora riprendere, se così si può dire, è dilagante. Gli effetti si notano nelle strade, osservando i negozi chiusi, parlando con i greci, osservando come in un pronto soccorso non è garantita la presenza di un numero sufficiente di medici.
A questo si aggiunge l’utilizzo dei fondi Europei stanziati per gestire questa crisi umanitaria: fondi ingenti di cui la Grecia aveva bisogno, fondi che ha usato per affittare (e non recuperare) magazzini dismessi e fabbriche abbandonate, o riaprire vecchi aeroporti o basi militari in cui vengono piantate tende militari (alcune donazioni degli Stati Uniti risalenti alla seconda guerra mondiale) o dell’UNHCR.

L’errore della Grecia, e dell’Unione Europea è stato anche quello di gestire il tutto dimenticandosi che si tratta di essere umani, nonchè che la presenza di mediatori culturali, traduttori e psicologici non è un optional ma una necessità. Invece le istituzioni sono sempre state presenti, a Idomeni, nel Pireus e nei campi militari solo attraverso le forze dell’ordine o i funzionari del governo. Funzionari che ovviamente non hanno relazioni con i migranti, che non ascoltano i diversi punti di vista, le esigenze, che non hanno le capacità di fornire informazioni, che fanno anche fatica, o meglio, non vogliono dialogare con i volontari e gli attivisti che vengono continuamente limitati e ostacolati. E’ solo grazie alla presenza dei volontari, delle organizzazioni e delle associazioni che l’Europa non ha affrontato questa crisi in modo catastrofico: la Grecia da sola sarebbe sprofondata.

Sprofondata come i tanti gommoni che per mesi hanno attraversato le coste greche causando la morte di centinaia di persone, con la complicità della guardia costiera turca e greca che hanno finto di non vedere, che molte volte non hanno soccorso chi chiedeva aiuto e hanno fatto in modo che solo le barche dei volontari andassero in loro soccorso. Guardia Costiera che in alcuni casi ha bucato i gommoni della speranza.
Il tutto è avvenuto di fronte alle isole greche, luogo di approdo ed ennesima tappa per chi è in viaggio da mesi o anni verso la libertà. Queste isole ospitavano centri di registrazione e accoglienza che dopo l’accordo con la Turchia sono diventati centri di detenzione, dove le risse, gli scioperi della fame e le rivolte sono all’ordine del giorno data la mancanza di posti letto e pasti per tutti e tutte, e dove la mancanza di informazioni legali rende impossibile pianificare ogni mossa futura.

Ovviamente anche i media vengono completamente ignorati dalle istituzioni, perché tutto deve rimanere nascosto, nessuno deve conoscere cosa sta succedendo nel paese in cui a Dicembre lo sgombero di idomeni aveva fatto arrestare e deportare migliaia di persone, scena ripetuta qualche giorno fa con il secondo sgombero del campo migranti più grande della Grecia. La stessa scena si ripeterà tra qualche giorno con lo sgombero dei rimanenti campi informali ancora presenti.
Un governo di sinistra che si china, si rende complice di questo scempio (per esempio dichiarando la Turchia un Paese Sicuro), si rende responsabile della repressione dei diritti umani in tutte le sue forme. Un esempio è la conferma di quelli che devono essere migranti di serie A e di serie B: da una parte i rifugiati e dall’altra i “migranti economici” che sanno di non avere possibilità di arrivare legalmente nei loro paesi di destinazione.

L’anormalità diventa normalità

“L’Europa e i suoi confini? Teatro. Se vuoi passare basta che paghi e arrivi dove vuoi”. Queste le prime frasi pronunciate da Sakis, greco, che ha offerto gratuitamente a un gruppo di volontari uno spazio dove dormire.
Le normative Europee, il fallimento delle famose quote o la presa in giro della chiamata skype per la richiesta d’asilo sono un esempio di come si voglia chiudere la porta dell’umanità. Ma questa porta si può aprire facilmente.
Ed ecco gli smuggler, i trafficanti di esseri umani che riescono a portarti dove vuoi, senza problemi.
Dove non arriva la legalità arriva l’illegalità, che continua a spremere i rifugiati e i migranti di tutti i loro risparmi, ponendoli davanti alla realtà: o paghi e raggiungi i tuoi familiari e una meta sicura, oppure continui ad aspettare e “morire lentamente nei campi non-umani” come dicono in tanti. Peccato che la mafia dei trafficanti fa morire lentamente anche chi decide di affidarsi a loro: torture psicologiche e fisiche, abusi sessuali, estorsioni e casi di puro sadismo sono ormai una pratica quotidiana in paesi come la Macedonia e la Bulgaria, il tutto con il silenzio e l’appoggio dei governi, e ovviamente anche con la complicità dell’Unione Europea.

Il tutto sotto l’occhio vigile di Frontex, presente in Grecia e in Macedonia, che non fa altro che filmare o essere complice dei soprusi dei militari. Continuando a praticare respingimenti illegali nei confronti di chi cerca di superare il confine e quando scoperto viene arrestato, derubato e picchiato.
E allora la risposta a questo scempio viene dai migranti Curdi rinchiusi nella prigione (perché è così che più persone definiscono i campi rifugiati) di Sindos-Frakapor che si autorganizzano e puliscono il campo dai rifiuti che in più di dieci giorni non sono mai stati raccolti. Dove il Governo fallisce, l’organizzazione dal basso trionfa.
In tutti questi mesi e nei mesi a venire la parola chiave diventa una sola, pronunciata con un sorriso amaro… Inshallah, "speriamo" in Arabo.