Quali saranno le principali questioni riguardanti i/le rifugiati/e nel 2018?

Sat, 27/01/2018 - 10:44
di
Charlotte Alfred*

Proviamo a dare uno sguardo alle questioni principali che riguarderanno i rifugiati nel prossimo anno, anche attraverso le parole di esperti politici di tutto il mondo che spiegano cosa osserveranno nei prossimi 12 mesi.

Il prossimo anno metterà alla prova la volontà globale di risolvere alcune delle sfide più spinose che riguardano le politiche migratorie e verso le/i rifugiate/i, nel momento in cui la percezione imminente della crisi in Europa ha iniziato a diminuire. L'arrivo dei rifugiati in Europa nel 2015 ha creato un momento favorevole all'impegno riformatore e alle sperimentazioni locali e globali, molte delle quali si troveranno a verificare la propria efficacia politica quest'anno. Ciò contribuirà a determinare se migranti e rifugiati riceveranno una protezione migliore e un supporto più intelligente, o dovranno affrontare un numero maggiore di viaggi mortali, confini chiusi e rimpatri forzati.

Abbiamo messo insieme raccolto alcune importanti questioni e pietre miliari da tenere d'occhio nel 2018 e abbiamo chiesto a esperti di politiche migratorie e verso le/i rifugiate/i di spiegarci quali saranno i focus su cui si concentreranno per l'anno a venire.

Riforma del governo delle migrazioni e dell'asilo politico

Le 193 nazioni delle Nazioni Unite stanno lavorando alla conclusione di due accordi globali da sottoscrivere all'Assemblea Generale dell'ONU del prossimo settembre, due anni dopo che sono stati messi in moto dalla Dichiarazione di New York.

Il Global Compact on Refugees mira a stabilire una migliore condivisione delle responsabilità riguardo l'accoglienza dei rifugiati (dato che l'84% di loro vive nei paesi in via di sviluppo) e risposte più efficaci alle crisi dei rifugiati (visto che i budget per gli aiuti fanno fatica a tenere il passo con il numero crescente di sfollati) .

Il patto viene sviluppato dall'Agenzia per i rifugiati dell'Onu (UNHCR) attraverso un processo consultivo e l'elaborazione di un nuovo approccio agli aiuti per i rifugiati - il Comprehensive Refugee Response Framework (CRRF) da presentare all'Assemblea Generale.

L'Accordo globale sulle migrazioni sicure, ordinate e regolari ha come obiettivo il miglioramento della cooperazione globale al riguardo e rendere più sicuro per i migranti ogni spostamento. Sarà negoziato dagli Stati membri dell'ONU dopo che i co-facilitatori Messico e Svizzera presenteranno una prima bozza a gennaio.
Entrambi gli accordi dovranno combattere contro i venti politici contrari. Gli Stati Uniti si sono ritirati dal Migration Compact alla fine del 2017, adducendo motivazioni rispetto la loro sovranità. Fare in modo che i paesi cooperino meglio in materia di migrazioni è sempre stata una questione politica sensibile, e il capro espiatorio politico rappresentato da migranti e rifugiati continuerà probabilmente a plasmare le campagne elettorali negli Stati Uniti e in Europa quest'anno. Nel frattempo, il Refugee Compact si trova di fronte a un compito difficile nel sostenere l'integrazione dei rifugiati, dato che la diminuzione dei budget per gli aiuti e dei luoghi di reinsediamento stanno scaricando sempre più responsabilità nella gestione dei rifugiati sui paesi del sud del mondo.

Il punto di vista degli esperti

Kathleen Newland, - Migration Policy Institute

La domanda principale che mi pongo riguardo il Compact on Safe, Orderly and Regular Migration è se riuscirà a superare le dichiarazioni, fatte solamente di semplice buon senso, della Dichiarazione di New York del 2016. Il patto sulle migrazioni sarà una delusione se non includerà degli impegni concreti per un'azione cooperativa riguardo le migrazioni stesse. Il pericolo è che le persone sfollate in maniera forzata possano trovarsi nella zona morta tra i due Accordi.

Il modo più realistico attraverso cui il patto può superare impegni astratti per assumerne di concreti, potrebbe avvenire attraverso un processo di creazione di coalizioni di parti interessate, che comprenda non solo i governi ma anche organizzazioni internazionali, organizzazioni di migranti, il settore privato e la società civile, per intraprendere azioni comuni su questioni specifiche come la creazione di nuovi percorsi legali per i lavoratori migranti, l'accesso all'istruzione per gli studenti migranti o il raggiungimento dell'obiettivo di lungo termine della riduzione dei costi delle rimesse.

Per quanto riguarda il Global Compact on Refugees, una questione cruciale che si pone è quale dei due patti regolerà le responsabilità di gestione dei migranti costretti a lasciare le loro case per ragioni al di fuori del loro controllo, ma che non si qualificano come rifugiati. Alcuni ritengono che tutti i migranti forzati debbano essere compresi sotto il mandato dell'UNHCR, mentre altri pensano che sia necessario un nuovo ordinamento per le vittime di violenza criminale, povertà estrema, degrado ambientale o disastri naturali. Il pericolo è che questi sfollati forzati rientrino in una zona non chiaramente definita tra i due accordi.

Jeff Crisp, Refugee Studies Centre

Nel 2018 cercherò di capire se la retorica attorno al Global Compact on Refugees possa essere trasformata in azioni che migliorino tangibilmente la protezione, l'assistenza e le soluzioni disponibili per i rifugiati. Sebbene il patto sembri sicuro di presentare una serie di nobili obiettivi e di attirare un valido sostegno dalla comunità internazionale, non vi è alcuna garanzia che gli Stati rispetteranno i principi su cui si basa.

Come abbiamo visto negli ultimi anni, gli Stati sono più che disposti ad impedire alle persone di chiedere asilo, a costringere i rifugiati a tornare nei loro paesi di origine, a ignorare il principio della condivisione delle responsabilità e a privare il sistema di aiuti umanitari dei finanziamenti di cui ha bisogno. Il 2018 dimostrerà se il processo che è stato attuato per la formulazione del patto globale possa iniziare a invertire tali tendenze.

Allo stesso tempo, il prossimo anno metterà alla prova la volontà della comunità internazionale di affrontare la difficile situazione delle persone che non rientrano nella definizione di rifugiato, in particolare gli sfollati interni, quelli sradicati dai cambiamenti climatici e dalle catastrofi naturali e i migranti che si spostano principalmente per motivi economici ma chi si arenano o sono soggetti ad abusi nel corso dei loro viaggi. Anche se si potranno compiere progressi nel raggiungere gli obiettivi del Global Compact on Refugees nei prossimi 12 mesi, tale risultato avrà un valore limitato se le altre persone in movimento non saranno protette.

A che punto sono le politiche di controllo delle migrazioni

Quest'anno metterà alla prova i livelli ai quali i paesi ricchi sono disposti ad arrivare per scoraggiare le migrazioni irregolari – dall'Europa all'Australia, Israele e gli Stati Uniti.

L'Europa sta cercando di sostenere i suoi sforzi per ridurre le traversate dalla Turchia e dalla Libia utilizzando aiuti allo sviluppo, rimpatri dei migranti e pressioni politiche, evitando che emergano nuove rotte. L'Unione Europea rimane profondamente divisa riguardo le politiche verso i rifugiati nonostante la scadenza di giugno per riformare le politiche di asilo dell’UE. Nel frattempo, Israele e Australia stanno cercando di svuotare i loro centri di detenzione per migranti con mezzi controversi, mentre gli Stati Uniti perseguono restrizioni sempre più severe su tutte le forme di immigrazione.

Il punto di vista degli esperti

Giulia Lagana, Open Society European Policy Institute

Dopo le elezioni di marzo, è improbabile che il nuovo governo italiano cambi la sua politica verso la Libia. Tuttavia, fragili accordi con intermediari locali lungo la costa potrebbero non reggere, dal momento che i rimpatri gestiti dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) non corrispondono ai numeri delle persone che si trasferiscono nel paese o sono già intrappolati lì. Una rischiosa nuova missione militare italiana nel territorio infestato da jihadisti in Niger potrebbe semplicemente rendere gli italiani un bersaglio, mentre i contrabbandieri continuano a cambiare rotta. Quelli che prima erano coinvolti nell'economia del contrabbando di persone a Agadez e nel nord del Niger potrebbero anche perdere la pazienza di fronte ad un numero limitato di schemi della UE per sostenere i cosiddetti mezzi di sussistenza alternativi.

In Tunisia, una perdurante mancanza di opportunità per i giovani locali può portare a un'impennata delle partenze per l'Italia, anche se la cooperazione del governo italiano con il governo locale ha prodotto una riduzione dei numeri alla fine del 2017. Anche l'Egitto merita di essere tenuto d’occhio, dato che l’apparato di sicurezza del presidente Abdel Fattah al Sisi non può continuare a garantire limitate migrazioni verso l’Europa, e la rotta Libano-Cipro potrebbe guadagnare terreno, vista la retorica sempre più virulenta contro i rifugiati siriani da parte dei politici libanesi.

Comunque, al di là di arrivi e ritorni in e dall’Europa, la riforma dell’asilo dell’UE con ogni probabilità non avrà luogo a causa di opinioni contrastanti tra blocchi di paesi rispetto ai programmi di distribuzione di richiedenti asilo.

Matt Herbert, Global Initiative Against Transnational Organized Crime

Nel 2018, il Nord Africa sarà una regione da osservare, non solo come rotta di transito per i migranti, ma come punto di partenza. Lo scorso anno, il numero di migranti irregolari marocchini, algerini, tunisini e libici registrati è stato il doppio di quello del 2016. Nell'autunno del 2017, Algeria e Tunisia hanno registrato picchi migratori significativi, emersi senza essere stati preceduti da segnali rilevanti segnali.

Mentre i picchi migratori si sono attenuati, non sono migliorate le condizioni che li hanno generati – e probabilmente quest'anno peggioreranno ancora. I paesi nordafricani stanno affrontando il declino delle prospettive economiche e manifestano una profonda ansia per il futuro. Lo status quo politico nella regione è fragile e tutto questo potrebbe essere ulteriormente esacerbato dalle tendenze economiche, dalle proteste civili in Tunisia – e in misura minore in Marocco e Algeria – e, potenzialmente, dal cambiamento di leadership in Algeria. Tale fragilità politica potrebbe avere un impatto rilevante sul modo in cui i paesi del Maghreb gestiscono le partenze di migranti irregolari dalle loro coste.

La capacità dei governi di affrontare le sfide economiche e politiche future determinerà se il 2017 sarà ricordato come un anno caratterizzato da un picco migratorio particolare o, al contrario, se sarà l'inizio di una tendenza più ampia e più sostenuta di migrazioni irregolari dai paesi del Maghreb verso l'Europa.

Sperimentare approcci alternativi

La crisi siriana e il suo impatto sull'Europa hanno fornito uno slancio politico verso modelli alternativi di risposta alla crisi dei rifugiati, dallo sfruttamento delle nuove tecnologie allo sviluppo del lavoro di economisti riguardo l'integrazione dei nel mercato del lavoro. Vi è inoltre un crescente interesse verso soluzioni alternative agli approcci di governo dall'alto e al reinsediamento dei rifugiati da parte dell'ONU, compresi i "corridoi umanitari" organizzati dalla Chiesa e da sponsor privati. I risultati, l'impatto e l'applicabilità di questi approcci più ampi richiedono un attento esame nel 2018.

Il punto di vista degli esperti

Claire Higgins, Kaldor Center for International Refugee Law

Un'area di interesse nel 2018 sarà rappresentata dalla creazione di percorsi sicuri per richiedenti asilo e rifugiati. Negli ultimi 12 mesi, un rapporto del Rappresentante speciale per le migrazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite ha raccomandato agli Stati di espandere i programmi di concessione di visti umanitari e di istituire programmi interni per l'integrazione, oltre al replicare, su scala ridotta in Francia e Belgio, il programma di corridoi umanitari originariamente istituiti dalla comunità ecclesiastica italiana alla fine del 2015. Recentemente, l'UNHCR ha iniziato a facilitare l'evacuazione dalla Libia verso l'Italia di persone bisognose di protezione.

In Australia, dove restano in vigore severe politiche di detenzione fuori dai confini e di respingimento delle imbarcazioni, queste iniziative internazionali ed europee rafforzano le ricorrenti richieste della società civile affinché il governo australiano espanda percorsi sicuri e crei opportunità di protezione delle migrazioni.

In che modo volontarietà e sostenibilità aumentano il rientro dei migranti?

Il numero di rifugiati e migranti che rientrano nelle loro paesi è in costante aumento, sia attraverso schemi volontari che per deportazioni forzate, o per una serie di situazioni in cui i confini tra volontarietà e coercizione sono confusi, dato che i rifugiati fuggono dai debiti, dalla scarsità di aiuti o dalle molestie della polizia, o si trovano di fronte alla scelta di dover decidere tra detenzione e rimpatrio.

Non è chiaro quanto saranno "durevoli" tali rientri, in quanto i rimpatriati si ritroveranno a vivere l'insicurezza e l'instabilità economica in paesi come l'Afghanistan e la Somalia. Nel frattempo i siriani, la più numerosa popolazione di rifugiati del mondo, nel 2018 rischiano di subire crescenti pressioni per il rimpatrio dall'Europa e dal Medio Oriente, mentre la comunità internazionale rivolge sempre più la propria attenzione alla ricostruzione in Siria e il Libano si prepara in primavera alle elezioni a lungo rinviate.

Il punto di vista degli esperti

Brad Blitz, Middlesex University, Londra

Mentre l'UNHCR ha presentato alcune "soluzioni durature" (inclusi il reinsediamento e l'integrazione), ciò che diventa ogni giorno più chiaro è una preferenza generale verso il rientro dei rifugiati nei propri paesi. Alcuni paesi come la Germania stanno sviluppando piani elaborati per il rimpatrio dei rifugiati – compresi gli afghani – e ci aspettiamo che un numero crescente di governi utilizzerà piani di assistenza allo sviluppo per facilitare i rimpatri.
Mentre la Siria è attualmente inadatta [per i rimpatri], in altri paesi dove gli Stati occidentali e l'UNHCR possono esercitare una maggiore influenza, questa stessa pressione viene applicata per facilitare i ritorni. Questo è più evidente in Africa orientale. Più allarmante è la possibilità che i Rohingya possano essere rimpatriati in Myanmar senza garanzie di sicurezza, incluso il diritto alla cittadinanza, mentre le violenze sono ancora in corso.
Siamo abbastanza sicuri che, non appena il conflitto siriano si sarà raffreddato, ci sarà una grande pressione per il ritorno dei rifugiati in Siria, in particolare da parte degli Stati ospitanti rifugiati siriani nella regione. A tal proposito, i paesi chiave da osservare sono il Libano e la Giordania.

Nassim Majidi, Samuel Hall

Cosa avverrà dopo il rimpatrio dovrà essere seguito da vicino nel 2018 e oltre. Il team dell'Assisted Voluntary Return and Reintegration (AVRR) dell'OIM ha compiuto una mossa audace nel 2017 proponendo una nuova definizione di reinserimento sostenibile e una posizione di principio più incline al reinserimento. Questa mossa richiede supporto; avrà bisogno che i governi accettino di finanziare questo nuovo approccio, che riprende le sperimentazioni sulla gestione di casi portate avanti dall'assistenza sociale e li applica ai contesti umanitari e di sviluppo. Richiederà anche una riflessione approfondita sulle responsabilità delle parti interessate verso ciascun rimpatriato e la sua comunità, per creare quei legami che si erano spezzati un tempo. Infine, richiederà la condivisione di informazioni che possano cambiare l'opinione dei migranti riguardo al ritorno.

Mi piacerebbe vedere il 2018 come l'anno in cui si proceda verso una mappatura delle competenze e un approccio alla migrazione verso l'Europa che superi una visione dicotomica di migrazione "volontaria e involontaria", di "fattori di spinta e di traino" che presuppongono un processo decisionale razionale dietro la migrazione. Non dovremmo chiederci se un/a bambino/a è un/a migrante, un/a rifugiato/a o se ha documenti. Dovremmo invece riconoscere i diritti del bambino e chiederci quale sia il suo livello di scolarizzazione, dove sono i suoi genitori, quali competenze hanno e a cosa stanno cercando di contribuire. Allo stesso modo in cui il nostro pensiero sulla povertà si è evoluto grazie a pensatori come Amartya Sen, la migrazione dovrebbe essere intesa in termini di disuguaglianza e sviluppo umano.

Assicuriamoci che ogni migrante sia in grado di contribuire al meglio delle proprie capacità; pianifichiamo e facciamo in modo che l'integrazione locale funzioni nelle comunità di tutto il mondo, non solo nelle comunità di origine.

N:B: Le opinioni degli esperti sono state modificate per abbreviarle e renderle più chiare.

*Fonte articolo: https://www.newsdeeply.com/refugees/articles/2018/01/12/the-top-refugee-...
Traduzione a cura di Piero Maestri