Svizzera: a Berna le femministe manifestano per il salario, verso lo sciopero delle donne

Wed, 03/10/2018 - 16:39
di
Marianne Ebel

Berna, 22 settembre.

“Assez, assez, assez!”, “Enough is enough!”, “Genug is genug!”, “Basta!”, “Ekoki!”, “Dosta!”,…

Più di 20.000 donne* e famiglie hanno urlato la loro rabbia nelle vie di Berna, sabato 22 settembre. 37 anni dopo il riconoscimento nella Costituzione federale del diritto all’uguaglianza tra uomini e donne in materia di salario, formazione e diritti di famiglia, l’uguaglianza rimane ancora lettera morta in tutti i campi. La Svizzera, un dei paesi più ricchi al mondo, figura al 23° posto nella media europea in materia di uguaglianza salariale. La differenza si attesta intorno alla media del 18% a sfavore delle donne, e più una donna è qualificata, più lo scarto tende ad aumentare. Dopo 37 anni!

Più di 20.000 manifestanti in piazza a Berna, grazie al sostegno dei sindacati e dei collettivi femministi che stanno preparando lo sciopero del 14 giugno 2019 [1], hanno portato un messaggio forte indirizzato al Consiglio nazionale che, lunedì 24 settembre, avrebbe dovuto votare un emendamento alla legge sull’uguaglianza. Secondo la Costituzione (1981) e la legge di applicazione (Leg. 1996), tutti i datori di lavoro dovrebbero applicare il principio del salario uguale per un lavoro di valore uguale. Però in mancanza di un sistema di controllo e di sanzioni, gran parte dei datori di lavoro privati si prende gioco di questa legge e sfrutta impunemente le proprie dipendenti. La revisione proposta prevedeva un controllo, ma solo le imprese con più di 100 avrebbero avuto l'obbligo di sottomettervisi, e solo ogni 4 anni. Inoltre, nessuna sanzione è prevista in base al risultato del controllo. Né alcun obbligo di correggere i salari considerati inferiori rispetto ai criteri descritti nella legge. Una revisione che avrebbe toccato appena l1% delle imprese, e limitata a 12 anni. Una proposta francamente minimalista e totalmente insufficiente, e che non ha nemmeno ottenuto la maggioranza al Consiglio nazionale. L’esito del voto è stato 108 contro, 84 a favore e 2 astensioni. Per cui il progetto di revisione ritorna al Consiglio degli Stati [2]. Dal punto di vista delle donne e dei sindacati, la rabbia cresce.

Verso uno sciopero delle donne* il 14 giugno 2019

Sulla scia delle mobilitazioni femministe dell'8 marzo 2018, che ha portato milioni di donne in piazza in Europa, in America Latina e altrove nel mondo, sono nati in Svizzera dei collettivi per preparare uno sciopero delle donne. Un appello rivolto a tutte le donne, tradotto in quattro lingue, è stato diffuso a Berna durante la manifestazione del 22 settembre:

“(…) Vogliamo una società fondata sull’uguaglianza e sulla solidarietà, senza discriminazioni, senza sessismo e senza violenza sulle donne* di qualsiasi origine o religione, cultura, colore della pelle, passaporto, età, statuto, orientamento sessuale o identità di genere. Per questo il 14 giugno 2019 sciopereremo. Il nostro sciopero sarà globale: nei posti di lavoro e in casa. Sarà adattato alle possibilità di ognuna: incrociare le braccia un momento o tutto il giorno, disturbare invece di rassettare, occupare lo spazio pubblico, di giorno e di notte! Partecipa anche tu!”

Dalle studentesse alle pensionate, tutte le ragazze* e le donne* sono interessate!

Allo scopo di raggiungere il più gran numero di donne* possibile nel processo di preparazione dello sciopero, stiamo discutendo attualmente nei collettivi locali e regionali un Manifesto articolato in 14 punti e stiamo organizzando in varie città e regioni della Svizzera incontri, forum e azioni per diffondere l’idea di questo sciopero e per vedere insieme come concretizzarlo. I nostri collettivi sono aperti a tutte* e funzionano su una base non mista; raggruppano sin dall’inizio organizzazioni e associazioni femministe, sindacati e partiti politici ma anche militanti individuali.

Quando le donne* si muovono, il mondo si muove!

Note:
[1] Il 14 giugno è la data dell’anniversario dell’iscrizione del principio di uguaglianza dei diritti nella Costituzione federale, ottenuta in seguito a una votazione popolare vincente.
[2] Il parlamento svizzero (a maggioranza di destra) è formato da due camere che si rimpallano le proposte fino ad arrivare ad un accordo che soddisfi una maggioranza di parlamentari.