Il movimento LGBT punta a Sochi

Wed, 19/02/2014 - 03:09
di
Dave Zirin

Il capro espiatorio anti-omosessuale del governo russo devia l'attenzione da quella che sembra essere l'Olimpiade più corrotta della storia.

Il fatto che uno smalto per le unghie possa provocare una crisi internazionale ci fa capire qualcosa riguardo i livelli di repressione e di paura in Russia. È ciò che è accaduto dai mondiali di atletica leggera di Mosca lo scorso agosto quando la saltatrice svedese Emma Green Tregaro e la sua compagna di squadra, la velocista Moa Hjelmer, hanno subito pressioni da parte dei funzionari della loro nazione affinché togliessero le decorazioni arcobaleno che adornavano le loro unghie, oppure avrebbero rischiato di dover tornare a casa. Le loro unghie dovevano essere una piccolissima protesta contro la recente legge russa che punta a criminalizzare e a marginalizzare la comunità LGBT. "Non avrei potuto immaginare quanto potesse significare per la gente, per questo sono felice di averlo fatto" ha dichiarato Green Tregaro. "Ovviamente mi sono arrivati anche dei brutti messaggi e ciò ha reso la mia azione ancora più preziosa."

Lo scorso anno la Duma russa ha approvato un'ondata di leggi anti-omosessuali, una delle quali vieta la "propaganda delle relazioni sessuali non tradizionali". Queste leggi sono talmente onnicomprensive e vaghe che potrebbero portare in prigione chiunque riconosca la mera esistenza dei soggetti LGBT in qualsiasi spazio pubblico come internet, le aule scolastiche od anche nella Duma stessa. Queste leggi sono state ovviamente siglate dal presidente Vladimir Putin, che con grande ostentazione ha firmato anche delle ordinanze che vietano l'adozione di bambini russi da parte di coppie LGBT, di persone single e di coppie non sposate residenti in un paese dove sia in vigore il matrimonio tra persone dello stesso sesso. E non è finita: Putin ha approvato una legge che dispensa due settimane di prigione a qualunque visitatore straniero sospettato di essere omosessuale o che ha condiviso questa informazione con altri. Poco tempo fa il quotidiano russo Gazeta ha riportato che quattro turisti olandesi sono stati arrestati perché "sospettati di promuovere la propaganda omosessuale ai bambini". La legge ha anche portato ad un'impennata nelle violenze e nelle molestie contro la comunità LGBT.
Come ha riportato il Guardian: "Gli attivisti dicono che la legislazione ha incoraggiato i gruppi di destra che usano i social media per "tendere delle imboscate" ai gay, adescandoli per poi umiliarli con le telecamere - a volte pisciandogli addosso. Questi gruppi agiscono spesso contro gli adolescenti omosessuali, molti dei quali hanno dichiarato al Guardian che la crescita dell'omofobia e di quest'attivismo da giustizieri della notte li ha costretti a condurre una vita di segretezza."

Gran parte di queste norme è stata approvata nell'ombra, con scarso dibattito o condanne su scala internazionale e con pochissimi riferimenti sui media non russi. Ciò è cambiato sensibilmente quando la gente ha cominciato a discuterne nell'ambito dei prossimi Giochi Olimpici invernali di Sochi. Il dibattito sull'incolumità degli atleti LGBT e dei loro alleati è esploso in tutto il mondo, chiedendosi se gli stati dovessero boicottare per protesta o anche se gli attivisti dovessero puntare a far bandire la Russia dai suoi giochi olimpici. Tra gli atleti e le federazioni olimpiche la domanda è anche più estrema: alle Olimpiadi gli atleti dovrebbero solo "stare zitti e giocare" o dovrebbero utilizzare i propri podi per protestare? Ques'ultima opzione è quella a cui assisteremo con maggiori probabilità. Il Comitato Olimpico Statunitese (USOC) ha già eliminato l'opzione del boicottaggio portando avanti l'idea che "la storia ha provato che le sole persone...danneggiate dai boicottaggi sono gli atleti che hanno lavorato per tutte le loro vite per partecipare a questi Giochi."
Ciò lascia la protesta come unica opzione per gli atleti ed è un'opzione con un fattore di rischio considerevole. Dal principio Putin ha proibito tutte le forme di protesta per i due mesi precedenti ai Giochi. Questo decreto, che è stato leggermente alleviato, ha bandito tutte le "assemblee, i raduni, le manifestazioni, le marce ed i picchetti" che non fanno parte delle cerimonie olimpiche, il che implica l'arresto e la deportazione per chiunque ritenga che solamente essere ciò che si è non dovrebbe essere visto come "un atto di protesta".
Gli atleti che vogliano fare qualche dichiarazione non dovrebbero cercare la solidarietà del Comitato Olimpico Internazionale. Jacques Rogge, l'ex presidente del COI, ha già reso chiaro di stare con la Russia avvisando gli atleti di astenersi da qualsiasi protesta. Il nuovo capo, Thomas Bach, il primo presidente ad essere una ex medaglia d'oro, ha solamente detto che "seguiremo i nostri valori e la Carta Olimpica." Non si stava riferendo a quella parte della carta che vieta le discriminazioni di ogni tipo ma alla Regola 50 che recita: "Non è permessa nessuna manifestazione di propaganda politica, religiosa o razziale." Il funzionario capo del Marketing del COI, Gerhard Heiberg, ha più schiettamente richiesto un piano per schiacciare le manifestazioni affermando "Credo che tutto ciò possa rovinare le cose per tutti noi."
L'ex leader del comitato olimpico canadese Dick Pound ha dato ai funzionari olimpici questo consiglio: "Dire ai vostri ragazzi 'Se avete a che fare con questa roba vi rimanderemo a casa.'"

Malgrado il livello senza precedenti di prevenzione atta a schiacciare qualsiasi parvenza di libertà d'espressione molti partecipanti ai giochi hanno già chiarito che sfideranno qualsiasi divieto posto sulle proprie possibilità di essere ascoltati. La storia di Brian Burke è esemplare. A lungo dirigente di alto livello della National Hockey League, attualmente è direttore del personale di gioco della squadra olimpica di hockey degli Stati Uniti. Divenne sostenitore dei diritti LGBT dopo l'outing di suo figlio Brendan. Dopo che Brendan morì a 21 anni in un incidente d'auto Burke e l'altro suo figlio, Patrick, hanno avviato il progetto "You Can Play", che mira a rendere lo sport uno spazio sicuro per gli atleti LGBT. Nel numero di settembre di Sports Illustrated Burke ha scritto che "la Russia ha criminalizzato la mia capacità di essere padre e la nostra capacità di essere una famiglia."
"Non dovete essere gay per preoccuparvene. Non dovete avere un figlio od una figlia gay per riconoscere un tentativo organizzato da un governo per prendere di mira e distruggere una minoranza. La storia ci ha insegnato che senza controllo questo tipo di bigotteria potrà soltanto aumentare. I resto del mondo non può rimanere un testimone silenzioso. Così, Olimpionici, quando preparate i vostri pattini aggiungeteci una spilla arcobaleno. Quando esercitate il vostro russo imparate a dire "Sono pro-gay". Quando raccogliete i vostri abiti invernali sappiate che You Can Play potrà equipaggiarvi con strumenti di propaganda antiomofoba. La pressione per fare ciò che è giusto non dovrebbe terminare con la cerimonia di chiusura, il COI, l'USOC ed ogni ente governativo dello sport dovrebbero rifiutarsi di far svolgere in futuro altre competizioni internazionali in Russia finché queste leggi oltraggiose non saranno ritirate. Questo è il boicottaggio che invoco."

Burke non è il solo. Blake Skjellerup, il pattinatore olimpico della Nuova Zelanda apertamente omosessuale, si è unito alla campagna Athlete Ally/Ally Out che chiede l'abrogazione della legislazione anti-LGBT russa prima dei Giochi di Sochi. "Voglio esprimere solidarietà all'Athlete Ally e al resto della comunità LGBT per mostrare ovunque che le politiche della Russia sono arcaiche ed una violazione dei diritti umani. È un tema molto più grande dell'atletica, ma se attraverso lo sport ho la possibilità di far cambiare idea e di far aprire delle porte, allora è ciò che farò."
Anche il presidente Obama, alla ricerca di un'opportunità per mettere i bastoni tra le ruote del presidente russo, ha colto l'attimo. Rompendo con la tradizione la delegazione statunitense con includerà membri delle famiglie del presidente o del vicepresidente. Al contrario ci saranno la leggenda del tennis Billie Jean King, la due volte olimpionica di hockey Caitlin Cahow, entrambe apertamente ed orgogliosamente omosessuali, e la medaglia d'oro di pattinaggio artistico Brian Boitano, che ha fatto coming out subito dopo l'inclusione nella delegazione. Considerando che la King ha dichiarato che la comunità LGBT dovrebbe utilizzare un "momento John Carlos" - in riferimento alla medaglia di bronzo che alle olimpiadi di Città del Messico nel '68 alzò un pugno con un guanto nero a sostegno dei diritti umani e contro il razzismo - questa non dovrebbe essere la più tranquilla delle delegazioni.

Questo movimento ha strappato risposte contraddittorie dai circoli dominanti russi. Vitaly Milonov, il politico che era alla testa del divieto di "propaganda omosessuale" a San Pietroburgo che ha fatto da modello per Putin, ha ardentemente difeso la legge. Ha dichiarato: "Non ho sentito alcun commento da parte del governo della Federazione Russa ma so che [il divieto] è conforme al diritto russo. E se una legge è stata approvata dall'assemblea legislativa federale e firmata dal presidente allora il governo non ha il diritto di sospenderla. Non ne ha l'autorità."
Inoltre Vitaly Mutko, ministro dello sport, sta sostenendo che qualsiasi preoccupazione per la sicurezza degli atleti LGBT è un "problema inventato" che i media occidentali hanno messo in evidenza per infangare la reputazione del paese. "Agli atleti russi, a quelli stranieri, agli ospiti, a coloro che vengono a Sochi saranno garantiti tutti i diritti e le libertà" ha dichiarato aggiungendo che "questa legge non priva nessun cittadini dei diritti, se è un atleta o un ospite."
Da parte sua Putin ha liberato i prigionieri politici, tra cui i membri del gruppo punk rock Pussy Riot ed il magnate del petrolio Mikhail Khodorkovsky, per placare le preoccupazioni. Di recente ha anche annunciato la creazione di "aree di protesta" a circa nove miglia dal più vicino sito olimpico. In Russia c'è chiaramente il timore che ad attendere il paese ci sia un disastro nelle pubbliche relazioni internazionali nel caso in cui venga schiacciato il dissenso degli atleti, mentre allo stesso momento i funzionari vogliono utilizzare i soggetti LGBT come capri espiatori per le crisi attuali: i bassi tassi di nascita, le massicce disparità delle ricchezze, la stagnazione economica e l'insicurezza all'interno della struttura di potere globale.

Inoltre utilizzare i soggetti LGBT come capri espiatori distoglie l'attenzione da quelli che sembrano essere le Olimpiadi più corrotte della storia - il che è davvero una prodezza. Stime prudenti pongono il costo dei Giochi di Sochi a 51 miliardi di dollari statunitensi, cioè più del 400% dei costi preventivati all'inizio, e ciò li rende i giochi più costosi della storia - anzi, più costosi di tutte le Olimpiadi Invernali messe insieme. I costi non sono lievitati a causa della sicurezza, anche se saranno schierati 30,000 soldati ed un numero di vigilantes senza precedenti. Invece queste gigantesche somme sono il risultato del più sfacciato clientelismo immaginabile.
Arkady e Boris Rotenberg, due industriali amici d'infanzia di Putin, hanno ricevuto 21 contratti governativi per un valore totale di 7,4 miliardi, cioè più di tutte le olimpiadi del 2010 a Vancouver. Un altro progetto, una linea ferroviaria di 31 miglia per collegare il villaggio olimpico costiero con quello sulle montagne, costerà la sbalorditiva cifra di 8,7 miliardi. L'edizione russa di Esquire ha stimato che con questa cifra i binari "dovrebbero essere interamente rivestiti con uno strato di caviale di beluga alto un centimetro."
Come hanno scritto i capi dell'opposizione Boris Nemtsov e Leonid Martynyuk "Solo gli oligarchi e le imprese vicine a Putin si sono arricchite. L'assenza di una giusta competizione ed il clientelismo hanno portato ad un netto aumento dei costi e alla scarsa qualità delle opere necessarie a preparare i Giochi." Nemtsov ha aggiunto sul suo blog: "Il fatto è che quasi tutto ciò che è relativo ai problemi e agli abusi dei costi è stato attentamente nascosto e continua ad essere insabbiato dalle autorità."
Uno di questi funzionari era Akhmed Bilalov, vice-capo del comitato olimpico russo che gestiva anche un'impresa di costruzione di località sciistiche nel Caucaso. Dopo che l'anno scorso Putin lo aveva incolpato per lo sforamento dei costi Bilalov ha perso il lavoro ed è stato accusato di aver utilizzato male il denaro statale. Dopo di che è scappato all'estero.
Ancor più nauseante, se non sorprendente, è l'alzata di spalle dei funzionari del COI riguardo queste accuse di corruzione. Jean-Claude Killy, la superstar francese dello sci e tripla medaglia d'oro alle Olimpiadi del '68, è attualmente responsabile della commissione di coordinamento del COI per i giochi di Sochi ed ha dichiarato: "Non ricordo un'olimpiade senza corruzione. Ovviamente non è una scusa e ne sono molto dispiaciuto ma ci può essere corruzione in questo paese. C'era corruzione prima. Spero che troveremo un modo per aggirarla."

Se Putin aveva previsto di poter attaccare impunemente i soggetti LGBT mentre i suoi amici d'infanzia saccheggiavano il bottino si è sbagliato. Ciò che non ha considerato è che avrebbe fatto nascere direttamente un livello senza precedenti di fiducia nel mondo dello sport tra i soggetti LGBT e dei loro alleati. Da quando Jason Collins ha fatto coming out la scorsa primavera - il primo giocatore attivo dell'NBA a farlo - sempre più atleti LGBT e gli alleati si sono organizzati per porre fine alla tradizione dello spogliatoio come "l'ultimo armadio" [da cui uscire per fare outing NdT].

Come ha detto Blake Skjellerup "La mia identità sessuale è gay ed essere gay non è propaganda. Non posso cambiare la mia identità sessuale e immagino che non la cambierò durante i Giochi Olimpici. La mia sessualità non è il centro della mia persona, comunque, data la situazione in Russia, ritengo che sia importante sottolinearla ed esserne orgoglioso."
Nel tentativo di trovare saggezza su ciò che gli atleti possano realmente rischiare se faranno sentire le loro voci ho parlato con John Carlos, che nel 1968 insieme a Tommie Smith ha protestato in nome dei diritti umani. Sono co-autore della sua autobiografia, The John Carlos Story, e conosco bene il prezzo che ha pagato per aver sfidato la classe dirigente olimpica.
Ho chiesto a Carlos se gli atleti dovessero boicottare od opporre resistenza a Sochi. Mi ha risposto "La morale della favola è che si stai a casa il tuo messaggio rimarrà a casa insieme a te. Se lotti per la giustizia e l'uguaglianza hai l'obbligo di trovare il più grande megafono possibile per far sapere ciò che pensi. Non lasciar seppellire il tuo messaggio e non seppellirti da solo perché essere ascoltati sarà meglio di un boicottaggio. Se fossimo rimasti a casa non saremmo mai stati ascoltati."
Ho sostenuto con Carlos che potrebbe anche avere ragione ma ciò richiederebbe qualcuno che abbia il coraggio di lottare e di pagarne il prezzo. Si potrebbe perdere la medaglia, essere cacciati fuori dal Villaggio Olimpico - come successe a lui e a Smith a Città del Messico - e dopo un breve attimo di elogio mediatico ritrovarsi ad essere un paria per lunghi anni a venire. Mi ha detto: "Si, ciò richiede coraggio ma se sei convinto che ciò che stai facendo è giusto allora stai facendo la cosa giusta. Qualcuno deve sacrificarsi se vogliamo andare avanti. Durante la tua vita potresti essere perdonato, oppure no ma se sei nel giusto il tuo sacrificio verrà apprezzato."
Gli atleti stanno andando alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014 sapendo che potrebbe essere un sacrificio. E' un commento sbalorditivo sui nostri tempi il fatto che tanti sembrano non solo disposti, ma desiderosi di compiere tale sacrificio.

da «The Nation» del 10 febbraio 2014
pubblicato in ww.europe-solidaire.org/spip.php?article30956