Autogestione ed autorganizzazione al De Lollis occupato

Thu, 13/02/2014 - 12:03
di
Maurizio Franco e Silvio Paone

Dura ormai da più di due settimane l'occupazione dello studentato De Lollis, a Roma. Decine di idonei non vincitori, esclusi dalle graduatorie, pendolari e studenti che non possono permettersi un affitto, hanno deciso di riappropriarsi dei propri diritti. La situazione dello studentato De Lollis, infatti, è l'esempio calzante della negazione del diritto allo studio tra le macerie di un sistema formativo massacrato da anni di tagli e controriforme. 110 posti alloggio pronti per essere assegnati, addirittura già messi a bando, chiusi agli studenti aventi diritto a causa delle lungaggini burocratiche di Laziodisu (ente regionale per il diritto allo studio). Oltre al De Lollis, sono complessivamente 554 i posti alloggio disponibili ma mai assegnati. Numeri indicativi, a nostro parere, della scarsa volontà di quest'ente, commissariato e già colpito da scandali, di garantire realmente il diritto allo studio. A conferma di questa impressione ci sono le dichiarazioni del Commissario di Laziodisu Ursino che, senza troppi problemi, ha affermato di fronte all'assemblea degli occupanti, che il diritto allo studio non è un diritto “assoluto”, ma “relativo”, erogabile solo alla luce dei fondi disponibili.

Ma l'occupazione del De Lollis ha ribaltato la sua tesi. Iniziative culturali, un'aula studio aperta 24 ore al giorno, uno sportello per l'assegnazione dal basso dei posti alloggio, sono alcuni degli strumenti concreti con cui studenti e studentesse ricostruiscono giorno per giorno, pezzo per pezzo, quel diritto allo studio negatogli. Dopo l'occupazione iniziale, a decine sono giunti ogni giorno agli sportelli ed hanno preso posto nello studentato, e molti continuano ad arrivare.

Non c'è da stupirsi di fronte a questo dato. Sono infatti 906 gli studenti idonei non vincitori nella Regione Lazio, ovvero 906 studenti che soddisfano sia i requisiti di reddito che di merito per il posto alloggio ma che, a causa delle scarse risorse, si vedono negare questo diritto. Ed a fronte di 90.000 studenti fuori sede, costretti a pagare affitti insostenibili, Laziodisu garantisce solo 1200 posti alloggio. Il tutto in un contesto in cui la crisi e le politiche di austerity messe in campo dai governi negli ultimi anni non hanno fatto altro che peggiorare la condizione dei giovani. Le priorità dei vari esecutivi sono chiare: i soldi vanno investiti sulla Tav, sugli F35, sul pagamento di un debito pubblico enorme quanto illegittimo. Per i diritti e, nello specifico, per il diritto allo studio e per il welfare giovanile restano solo le briciole. Gli studentati sono insufficienti, gestiti in maniera autoritaria, sempre più lontani dalla sede di studio (lo studentato di Ponte di Nona, ad esempio). Strutture inadeguate costruite nel bel mezzo del nulla dal palazzinaro di turno, che accresce i propri profitti speculando su un bisogno reale di migliaia di studenti. Ancora una volta, in nessun modo le istituzioni mettono in discussione i privilegi di pochi, persino in una città come Roma, con migliaia e migliaia di abitazioni sfitte ed abbandonate alla speculazione, che potrebbero invece essere sottratte ai grandi costruttori e messe a disposizione di studenti, giovani, precari, senza casa.

In questo contesto, per pagarsi i costi degli studi, sempre più studenti sono costretti a lavorare e studiare, sotto la costante minaccia di uscire fuori corso (fatto che, ad esempio, comporta l'immediata espulsione dagli studentati Laziodisu). La precarietà e l'assenza di prospettive diventano quindi una condizione esistenziale (40% dei giovani sono disoccupati). Le immatricolazioni all'Università calano drasticamente davanti all'aumento delle tasse ed in generale, del costo della vita (libri di testo, trasporti, vitto e alloggio ecc). Un quadro drammatico, che delinea chiaramente quale sia il disegno complessivo tracciato, attraverso varie riforme, dall'estabilishment economico e politico italiano ed europeo. L'Università di massa è un' istituzione ormai superata, da modificare profondamente in direzione di una sempre maggiore selettività. Il diritto allo studio diventa sempre meno garantito per tutti, e sempre più elargito in base a criteri di merito, più che di reddito. Il merito è appunto, l'unità di misura con la quale si valutano l'elargizione delle borse di studio, dei posti alloggio, dei finanziamenti alla ricerca, dei fondi per le università. Merito stabilito arbitrariamente su criteri calati dall'alto, discussi al chiuso degli uffici dei vari ministeri ed enti, che per niente tiene in considerazione le condizioni economiche e sociali di partenza. Merito che giustifica ideologicamente il processo ormai sempre più pressante di selezione differenziale, che frammenta la massa dei giovani e degli studenti in un ampio arco di figure, da chi mai avrà accesso agli studi superiori, a chi, invece, potrà godere della migliore formazione, nei centri d'eccellenza che vengono creati investendo decine di milioni su tutto il territorio nazionale. Nel mezzo, quelle migliaia e migliaia di studenti universitari che vivono un percorso di studi fatto di sacrifici, per costruirsi un futuro di precarietà.

L'occupazione del De Lollis, invece, scardina quotidianamente questa retorica meritocratica. L'assegnazione dei posti alloggio è assolutamente autogestita dagli studenti stessi, a chiunque ne abbia necessità viene garantito un diritto fondamentale, ormai non più assicurato dalle istituzioni. A partire da bisogni reali acuiti dalla crisi, decine di giovani si organizzano ed individuano strumenti di lotta e strade da percorrere per ottenere quel che gli viene negato, costruendo nei fatti, un modello di autogestione ed autorganizzazione conflittuale che possa essere un esempio replicabile. Non un modello alternativo, che si chiude in se stesso, quanto un meccanismo di rottura rispetto all'esistente, che ponga le basi per far si che pratiche di autogestione all'interno degli studentati, e più in generale dei luoghi della formazione, diventino la norma, imposta dal basso alle istituzioni, e non l'eccezione.

E' centrale ripartire da esperienze reali come quella del De Lollis, tenendo l'autorganizzazione dei soggetti sociali come condizione prima e necessaria per innescare dinamiche di mobilitazione in grado di fugare i limiti di un dibattito a sinistra spesso autoreferenziale e poco aderente al contesto sociale cui vorrebbe rivolgersi, legato a pratiche e linguaggi che poco si conformano ai processi di soggettivazione in atto negli ultimi anni non solo in Italia. Con lenta impazienza aspettiamo che altre esperienze di rottura nascano e crescano nel solco dell'autorganizzazione, imponendo le proprie istanze e pratiche ad un dibattito politico mainstream ormai desolante ed impermeabile alla dura realtà della crisi.