Puglia e Basilicata: è tempo di mobilitazioni contro lo Sblocca Italia

Thu, 04/12/2014 - 16:28
di
Alessia Manzi e Federico Cuscito

Le popolazioni pugliese e lucana sono fortemente minacciate dal decreto 133/2014, che di fatto autorizza di trivellare, senza alcun criterio, l'intero territorio alla ricerca dell'oro nero.

“Non estraiamo in Basilicata per paura di quattro comitatini.”
Presuntuoso, sicuro di sé, arrogante. E' Matteo Renzi, il premier scelto da nessuno che però crede di poter decidere per l'intera collettività. Ed anche sui nostri territori.
Intere regioni viste come miniere d'oro e destinate, dopo l'approvazione del decreto “Sblocca Italia”, ad essere teatri di devastanti scempi ambientali. Dalla cementificazione selvaggia alla costruzione delle grandi opere e poi, ancora, fino alle bonifiche lasciate in mano ai privati e alle trivellazioni.

Sì, perché il disegno di legge ora convertito in norma è stato chiamato anche “Sblocca Trivelle”. Basilicata, Puglia, Mar Jonio: bacini utili per estrarre qualche barile di petrolio con cui, secondo la corte renziana, si potrà contribuire a colmare il debito pubblico.
Secondo l'art. 71 del decreto "Sblocca Italia" le trivellazioni potranno essere raddoppiate e quindi la Basilicata, territorio con il sottosuolo più ricco di idrocarburi (Val d'Agri) di tutta l'Europa Continentale, diventerà meta ambita dei più ricchi inquinatori: Eni, Shell, Total, Edison Enel; già imputate in diversi processi per gravissimi danni ambientali, saranno i principali colossi industriali dediti all'estrazione del petrolio. Soprattutto, però, saranno beneficiari dei tanti miliardi che lo Stato elargirà per la ricerca dell'oro nero.

Al momento i grandi petrolieri, italiani e stranieri, hanno presentato ben 40 progetti; da approvare senza alcuna VIA. All'art. 71 è infatti riportato che sarà necessario solo un titolo concessorio unico per esplorare ed estrarre, oltre ad una patente per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi per “attività di pubblica utilità, urgenti, indifferibili”, a cui si somma anche l'autorizzazione mineraria, rilasciata direttamente dallo Stato. Quest'ultimo passaggio anticipa la riforma del titolo V della Costituzione Italiana, con cui le competenze su diverse materie saranno nuovamente trasferite allo Stato. Quindi, nessun potere alle Regioni.

Fa particolarmente discutere il progetto “Tempa Rossa” targato Total, che prevede la costruzione di otto pozzi, un centro di trattamento oli, un centro di stoccaggio GPL e tutte le infrastrutture di servizio connesse. La zona interessata si trova nel cuore della Basilicata, tra il parco regionale di Gallipoli Cognato e il Parco Nazionale del Pollino (quindi aree protette) e, come ha evidenziato la stessa Total “si estende su un territorio geologico segnato da una sismicità non trascurabile e una rete idrogeologica complessa. A queste particolarità si aggiunge un patrimonio archeologico di primo piano”. Ciononostante il progetto promette una capacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 230.000 m³ di gas naturale, 240 tonnellate di GPL e 80 tonnellate di zolfo. In pratica si prospetta un incremento del 40% rispetto alla produzione nazionale di barili di Petrolio.

E’ nato il Comitato Stop Tempa Rossa che vede al suo interno non solo cittadini lucani, ma anche pugliesi. Sì, perché il progetto investe anche Taranto. Si prevede che il petrolio grezzo proveniente da Tempa Rossa verrà lavorato nella raffineria Eni del capoluogo jonico. La regione Puglia, congiuntamente al Ministero per lo Sviluppo Economico, ha già dato il via libera al potenziamento della raffineria, evidenziando ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, tutta l’ambiguità e l’incoerenza del presidente Vendola rispetto alle tematiche ambientali e di salvaguardia del territorio. L’Eni comunica che tale potenziamento corrisponderà ad un aumento del 12% delle immissioni industriali nell’aria di Taranto. Un colpo di grazia ad una città già massacrata da Ilva e Cementir (gruppo Caltagirone). Ma non basta. Dal momento che il grezzo dovrebbe essere raffinato a Taranto, l’Eni ha chiesto i permessi anche per ampliare il pontile poco distante dal porto. Infatti non solo vi attraccherebbero le navi petrolifere provenienti dalla Basilicata, ma anche quelle degli acquirenti del prodotto finito pronte a ripartire. Insomma, il mar Ionio diverrebbe un mercato del petrolio a cielo aperto, con tutti i rischi che ciò comporterebbe per l’ecosistema marino.

Sull'impugnazione dell'art. 38 del decreto 133/2014 hanno dunque cominciato ad esprimersi diversi comitati e associazioni in lotta per l'Ambiente.
Cosi, nella seconda settimana di novembre, diverse sono state le mobilitazioni che hanno riempito le vie dei centri cittadini e di Potenza, dove l'8 ed il 23 novembre sono scese in piazza ben 5 mila persone (1). Scuole, famiglie, organizzazioni e movimenti si sono uniti per difendere la propria terra. Per opporsi all'ennesima devastazione ambientale che si vuole consumare sul territorio lucano, spesso lasciato nell'ombra ma capace di farsi sentire ogni qual volta il proprio territorio è minacciato di devastazione e saccheggio a favore del profitto dei pochi.
Lo scenario che si presenta con lo Sblocca Italia, ultimo decreto di scellerate politiche contro la salute degli ecosistemi e delle persone e non si può conciliare con il tetto dei 2°C di temperatura che non bisognerebbe superare per la fine del secolo, come consigliato dal GIEC (gruppo intergovernativo sull’evoluzione del clima). Tra le misure necessarie, gli esperti chiedono che l’80% dei fossili debba restare sottoterra. E allora, perchè l’Italia vuole trivellare inutilmente il proprio territorio? La lotta per la difesa dei territori e dell'ambiente, contro il cambiamento climatico è un segno di responsabilità verso il futuro.

(1) anche nelle settimane successive ci sono state mobilitazioni popolari. Il 6 dicembre il Consiglio regionale della Basilicata ha approvato la risoluzione del PD mentre migliaia di persone manifestavano davanti alla sede regionale. Una cronaca si trova sul sito "Organizzazione lucana ambientalista"