Sabato in piazza per fermare il TTIP

Fri, 06/05/2016 - 13:31

Sabato 7 maggio a Roma ci sarà la manifestazione contro il TTIP sostenuta da molte organizzazioni della società civile e politiche - pochi giorni dopo la pubblicazione da parte di Greenpeace olandese dei documenti sulle trattative tra Unione europea e Usa. L'appello per la manifestazione e materiali sul trattato si possono trovare sul sito Stop Ttip
Di seguito pubblichiamo il comunicato del Comitato Internazionale della IV internazionale dello scorso marzo.
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I nuovi accordi di libero scambio (TPP, TTIP e TISA) sono parte del problema, non la soluzione
Dichiarazione del Comitato Internazionale della Quarta Internazionale
Mercoledì 30 marzo 2016

Surrettiziamente – come banditi che predano la loro vittima – e in forma antidemocratica, l’elité che controlla finanza e multinazionali guida la realizzazione di nuovi "accordi di libero scambio": la Trans-Pacific Partnership (TPP); il Partenariato Transatlantico su Commercio e Investimenti (TTIP); e l'Accordo per lo Scambio di Servizi (TSA).

Come in precedenti occasioni – quando sono stati imposti i trattati che hanno dato vita all'Unione Europea o nel caso dell'accordo di libero scambio nordamericano (NAFTA) – le classi dominanti presentano queste iniziative come formule magiche per "eliminare la povertà e aumentare la ricchezza e la prosperità". Il bilancio degli ultimi accordi internazionali non lascia alcun dubbio su ciò che attende coloro che sono sedotti da questo canto delle sirene: nuove regole che permetteranno alle multinazionali di violare la legalità e la sovranità di ciascuna nazione nella quale sono presenti; tribunali "privati" per risolvere i conflitti tra le imprese e gli stati; la privatizzazione e la mercificazione dei servizi pubblici che sono ancora di proprietà pubblica (istruzione, sanità, trasporti, acqua e così via); regolamentazione delle telecomunicazioni per eliminare la libertà di espressione sui social network; smantellamento dell'agricoltura contadina e familiare, espansione della monocoltura e di cibi e insetticidi geneticamente modificati; priorità del profitto e dello sfruttamento rispetto alle leggi di protezione ambientale; maggior degrado delle condizioni di lavoro e di vita delle persone nella città e nelle campagne; e la spinta a nuove ondate migratorie.

Se l'obiettivo di questi trattati fosse realmente quello dell'espansione del commercio mondiale, allora perché lascerebbero fuori nazioni che, nel loro insieme, rappresentano più di 3 miliardi di persone, vale a dire oltre un terzo della popolazione del pianeta? Il vero scopo di questi nuovi regolamenti è duplice: limitare la presenza di "altre" nazioni all'interno della sfera di influenza dei paesi imperialisti occidentali e garantire massimi profitti per le loro multinazionali.

L’attuale crisi del capitalismo non è dovuta alle presunte limitazioni delle condizioni per l'esercizio del "libero commercio".
L'eccessiva concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi (secondo Oxfam attualmente 62 famiglie possiedono una ricchezza pari a quella del restante 99,99%), la drastica riduzione del potere d'acquisto di lavoratrici e lavoratori, l'enorme peso del debito a livello globale (più di 200 miliardi di dollari nel 2014), e la crescita assurda del capitale fittizio, hanno causato un surplus relativo della capacità produttiva e ridotto la capacità degli stati di evitare una nuova recessione ancora più grave di quella del 2008.

La crescita delle contraddizioni tra gli interessi economici degli Stati Uniti e i suoi alleati (Europa occidentale, Giappone e i suoi satelliti) rispetto alla Cina, che fa parte dei paesi noti come BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), ha favorito il rilancio di questi nuovi trattati per rafforzare il potere delle rispettive società transnazionali, privatizzare il più possibile e annullare le leggi che proteggono il lavoro, l’ambiente e le condizioni umane e sociali e che si contrappongono a tale tendenza.

La classe operaia mondiale non può essere confinata all’interno delle strette politiche nazionali. Dobbiamo prestare attenzione a queste contraddizioni e padroneggiare tutti i segreti della politica estera delle diverse bande di briganti imperialisti; non permettiamo a noi stessi di essere guidati da interessi spuri del tutto estranei agli interessi della classe operaia mondiale e dell’umanità. Le classi dominanti di Cina, Russia, Stati Uniti o dei paesi europei sono i nostri nemici comuni. Questa non è una lotta tra le nazioni, si tratta di una lotta di classe e abbiamo tendere la mano a tutti i popoli del mondo che si oppongono alle multinazionali e alla militarizzazione.

Dichiariamo la nostra totale opposizione alla creazione di questi "accordi commerciali" per promuovere una politica alternativa basata sul miglioramento della condizioni di vita e di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori su scala globale; per riconquistare il libero esercizio dell'attività sindacale e di contrattazione collettiva; per rinazionalizzare i settori strategici dell'economia; per l'applicazione di una forte imposta progressiva sulle grandi rendite e sui capitali speculativi; per l'apertura delle frontiere e la libera circolazione delle persone ("nessun essere umano è illegale"); per ripudiare il debito pubblico odioso, illegittimo, illegale e/o non sostenibile; per rivendicare l'applicazione delle convenzioni internazionali in materia di lavoro e di difesa dei diritti umani; e per promuovere un commercio internazionale che tenga conto dell’esistente asimmetria tra le diverse nazioni.

La Quarta Internazionale – i cui membri, in tutti i continenti, sono parte dei movimenti che si oppongono all'approvazione di questi trattati – sostiene le iniziative, come quella che si è svolta il 21 febbraio 2016 nello stato spagnolo, organizzate da varie forze politiche della sinistra radicale europea con l'obiettivo di sviluppare un programma alternativo per l'integrazione sociale dei popoli e di realizzare le più ampie mobilitazioni (come quella prevista per il 28 maggio 2016).

Iniziative di questo tipo dovrebbero essere estese a livello mondiale e si dovrebbero coordinare mobilitazioni unitarie intercontinentali dovrebbero. L'approvazione di questi trattati non è inevitabile: i popoli del mondo hanno l'ultima parola.