La realtà dell'economia europea

Mon, 19/05/2014 - 10:14
di
Marco Bertorello

Sono settimane che ci viene raccontato che l’Europa è in ripresa. Una ripresa non solo sul lato finanziario, ma finalmente anche su quello dell’economia reale. Un’occasione da rafforzare a livello continentale e da cogliere al volo per l’Italia. Anzi si dava per scontata la fortuna con cui il governo Renzi poteva godere dei favori popolari, proprio grazie a tale ripresa. Si sottolineavano i risultati positivi anche dei paesi periferici come segno di una più generale inversione di tendenza.
Il bagno nella realtà dell’economia reale ci viene con le nuove stime di Eurostat uscite il 15 maggio sul primo trimestre 2014 dei Pil nei paesi europei. Dati tutt’altro che incoraggianti. La media europea dei 28 paesi riduce la crescita rispetto al IV trimestre dello scorso anno da 0.4 a 0.3%, nell’eurozona invece la crescita è stabile con un modesto 0.2%. Solo la Germania cresce con un +0.8% insieme alla Spagna +0.4%, mentre la Francia è a crescita zero, male anche Olanda -1.4%, Portogallo -0.7%, Finlandia -0.4%. L’Italia dopo ben 9 trimestri consecutivi con il segno meno era riemersa l’ultimo trimestre del 2013 con un misero +0.1% per ripiombare ora a -0.1%.
Al di là dei balletti delle cifre, che potrebbero essere nuovamente invertiti alla prossima rilevazione di qualche decimale, quello che non può sfuggire è il dato di fondo, cioè una sostanziale stagnazione. In questi ultimi mesi in tanti si sono aggrappati ai risultati funanbolici della finanza, ripresa dei listini e discesa dello spread. Nelle ultime settimane, addirittura, l’euforia andava dilatandosi dall’economia finanziaria a quella reale. Si sottolineavano le potenzialità dell’export, il recupero dell’industria, persino dei consumi. Un paese, l’Italia, che stava rimettendosi in moto. C’erano indicatori sulla fiducia di imprese e famiglie in crescita, quasi che la nuova narrazione sui destini economici dell’Europa potesse negare i fondamentali, tutt’altro che in controtendenza.
Il potere di attrazione per denari da tutto il mondo per ora si limitano ad essere alla ricerca di investimenti finanziari a tassi elevati. In un periodo di moneta facile d’altronde non è semplice trovare investimenti redditizi, e così persino quelli italiani sono tornati interessanti. Ma da lì a tradursi in investimenti produttivi ce ne passa. Sono denari in cerca di resa finanziaria non di produzione di ricchezza, men che meno sociale. La fuga di ieri ci dimostra, per quanto in maniera non confermata e neppure durevole, che alla prima difficoltà la loro direzione di marcia piò invertirsi, lasciando il paese ai suoi problemi.
Questi sono i primi effetti tangibili dell’invasione monetaria di questi tempi. Come ha scritto il 16 maggio Morya Longo sulle colonne de “Il Sole 24 ore” “il mondo reale, quello fatto di imprese che arrancano e di famiglie che faticano ad arrivare a fine mese, sembra aver riportato l’onirico mondo dei mercati finanziari con i piedi per terra”.
Se lo dicono loro…