Impossibilità da crisi

Mon, 29/09/2014 - 12:32
di
Marco Bertorello (da il manifesto)

Le scelte di politica monetaria sembrano essere l'unica arma agita contro la crisi dalle classi dirigenti europee. Esse sono periodicamente attese e accolte come l'inizio della soluzione dei mali che attanagliano il vecchio continente, ma vedono presto scemare l'entusiasmo a causa dei modestissimi risultati prodotti. Basti pensare a come il costante abbassamento dei tassi d'interesse praticato dalla Bce viene accolto da operatori, Borse, media, politica. L'ultima trovata è il Tltro (Targeted long term refinancing operation), un'operazione finalizzata nei prossimi due anni a mettere 1000 miliardi a disposizione esclusivamente di imprese e cittadini per provare a raddrizzare la stagnante situazione dell'economia reale. Insomma un modo per sottrarsi all'accusa di aver sorretto solo il lato finanziario dell'economia e intervenire dal lato dell'offerta di credito per far ripartire investimenti produttivi e consumi.
Qui, però, si disvela il carattere strutturale e cronico della crisi, depotenziando persino le ipotesi di un intervento pubblico teso a rilanciare la crescita. La teoria secondo cui un maggiore protagonismo della Banca centrale consentirebbe di arginare le attuali contraddizioni manca sempre di un bilancio dei risultati ottenuti. Ciò che è stato fatto finora non conta, sembra di essere sempre al punto di partenza.
La scorsa settimana con il Tltro si è aggiunto un nuovo tassello alle politiche monetarie dalla Bce, dopo che la prima asta di tale progetto è andata ben al di sotto delle previsioni. Si attendevano dalle banche richieste per 100 miliardi e ne sono arrivate solo per 82. Non solo, ma pochi giorni dopo dal sistema bancario sono tornati in anticipo all'ovile della Bce 20 miliardi ricevuti dalle banche con il piano triennale di finanziamento (Ltro) concesso al culmine della crisi dei debiti sovrani alla fine del 2011. Anche in questo caso la cifra è superiore alle attese e si sospetta che questo rientro anticipato di capitali sia il frutto di una sostituzione di liquidità con la più conveniente offerta del nuovo Tltro.
Alcune spiegazioni tecniche darebbero ragione di questo primo passo falso, come quelle che mettono in relazione l'attendismo delle banche agli imminenti controlli che subiranno dalla Banca centrale. È evidente però che i problemi sono anche riconducibili al carattere e alla profondità della crisi stessa. Il rischio deflazione rende i tassi, seppur bassissimi, comunque poco appetibili, è in corso un processo di riduzione dei debiti che frena il sistema creditizio, ma soprattutto c'è una bassa domanda di credito a causa delle modeste attese di crescita e di una condizione di debolezza dei debitori. Se le prossime aste confermeranno la tendenza in corso, aumenteranno nuovamente le pressioni sulla Bce per il programma di acquisto di titoli, tra i quali quelli pubblici, il cosiddetto quantitative easing. L'acquisto di titoli sovrani dalle banche dovrebbe consentire di modificare la composizione del loro portafoglio, dato che verrebbero sostituiti titoli pubblici con nuova liquidità, che si auspica venga impiegata per investimenti più rischiosi verso il mondo dell'impresa. Identico ragionamento vale per l'acquisto di titoli cartolarizzati (Abs).
Una politica monetaria espansiva crescente si è sostituita alla politica economica. Nonostante la Fed annunci una ritirata in futuro è ancora prevista mediamente un'immissione globale di 1200 miliardi annua, come a dire che l'economia reale non è ancora ripartita e quella finanziaria nonostante l'euforia si fonda su equilibri instabili e a rischio bolle. Qualcuno incomincia a evidenziare come la politica monetaria non sia sufficiente, ma allo stesso tempo non sono chiare le strategie per chi resta dentro il recinto dell'attuale economia.