Il ritorno del debito pubblico ovvero del suo incombere

Sun, 09/03/2014 - 11:19
di
Marco Bertorello

La crisi sembra finita, non solo quella finanziaria, ma persino quella dei debiti sovrani di alcuni paesi periferici, quali Italia, Spagna, Portogallo, addirittura Grecia. Montagne di soldi di investitori, soprattutto stranieri, tornano ad acquistare titoli pubblici dei Piigs, ritenendoli non più a rischio. Sono tornati un investimento sicuro. Opportunamente un giornale come Il Sole 24 Ore del 5 marzo, in un editoriale molto significativo dal titolo Non contiamo solo sul “grande fratello” Bce a firma Alessandro Plateroti, mette le cose al loro posto spiegando cosa sta succedendo e soprattutto cosa dovrà succedere. Viene allora confermato il buon momento, attestato una volta di più dal modesto scossone prodotto dalla crisi ucraina, ma viene spiegato in ragione di motivi esogeni al sistema. Si è affermato un retroterra favorevole costituito da abbondanza di liquidità delle banche centrali, dal riposizionamento dei flussi di capitali dai paesi emergenti, e poi dal ruolo svolto dalla Bce. Per Plateroti la Banca centrale europea ha svolto il ruolo di garante per i paesi periferici da un lato e di contenimento delle spinte più intransigenti provenienti dalla Germania dall'altro. In tale recupero sottolinea come fossero vane, in buona parte, le retoriche sul ritorno alla sovranità monetaria e al recupero di una banca centrale nazionale. Effettivamente il ruolo della Bce, fatte le debite differenze, è stato in sintonia con quello delle altre banche centrali. Non solo per la valanga di denaro immesso a tassi risibili nel meccanismi finanziario, ma persino nel suo annunciato ruolo di prestatore di ultima istanza.
Problemi risolti? Neanche a parlarne. Le garanzie di una banca centrale non sono mai effettive al 100%, di fronte a una crisi verticale di liquidità, nessuna banca può garantire cifre imponenti, e neppure può stampar moneta illimitatamente. Persino una potenza economica e militare come gli Usa ha dei vincoli in tal senso. Non tutto è permesso. Ma come si sa nell'economia, specie in quella finanziaria, la componente psicologica di investitori e risparmiatori ha una sua valenza e ad oggi lo scudo delle banche centrali è stato sufficiente ad arginare la crisi su entrambe le sponde dell'Atlantico. Ma ciò non implica la fuoriuscita dalla crisi, soprattutto dalla crisi sociale, vera e propria dimensione della crisi contemporanea. La crisi sociale anzi può essere il fattore che fa tornare la crisi nell'economia reale e in quella finanziaria. Questo è il punto. E qui il Sole mette in guardia da facili trionfalismi e propone le solite ricette. Il problema per il quotidiano di Confindustria resta il debito pubblico. Un debito pubblico che, nonostante il ridursi del costo per interessi di questi ultimi mesi, cresce ininterrottamente in termini assoluti e in proporzione al Pil. Questa tendenza deve essere arginata, pena il rischio di tornare punto e capo. Non a caso il giorno seguente all'editoriale giunge il monito della Commissione europea sul peso del debito italiano. Il protagonismo delle banche centrali, che Plateroti chiama “cordone finanziario”, ha consentito ai mercati di concedere una “finestra temporale” dentro la quale corre l'obbligo di fare le tanto annunciate riforme che invertano la rotta del debito pubblico. Viene svelato il permanere del problema strutturale del debito pubblico. Problema da cui non si scappa. E allora riforma del mercato del lavoro, del welfare, e via cantando. Insomma c'è stato solo un rinvio dell'incombere del debito sovrano sulle nostre teste. Quel che è certo è che il prezzo da pagare per il risanamento dei conti dello Stato devono pagarlo le classi subalterne e popolari. La crisi economica è sospesa, quella sociale è destinata ad acuirsi. Dentro una insopportabile logica dei due tempi (risanamento prima per lo sviluppo dopo) in cui l'arbitro non fischia mai la fine della prima parte dell'incontro. Secondo le classi dominanti ci aspettano interminabili minuti di recupero. Anche se la tematica del debito appare messa in sordina (sembra non essere più sotto i riflettori neppure a sinistra), resta un fattore cruciale per uscire dalla crisi sociale. Per dirla con l'economista Chesnais, il debito rappresenta oggi la principale leva per combattere il capitale e le sue logiche di comando. Molti sono i problemi che abbiamo di fronte, ma non dimentichiamoci di continuare a proporre di non pagare il debito, questo slogan rappresenta un grimaldello dove far convergere e allo stesso tempo rilanciare il conflitto sociale.