Perchè non vado a combattere a Gaza

Tue, 29/07/2014 - 15:27
di
Pierre Puchot

La testimonianza - tratta da Mediapart - di un "refuznik", un cittadino israeliano che è fuggito in Olanda per non ricongiungersi all'esercito e partire per combattere a Gaza

Si chiama Gilad, ha 32 anni, abita a Tel Aviv, è riservista dell'esercito di terra ed è fuggito in Olanda Martedì 22, cinque giorni dopo di aver rifiutato la chiamata dell'esercito israeliano per unirsi alle truppe che proprio adesso stanno combattendo a Gaza. A partire da questa data, fa parte di coloro che sono conosciuti come "refuznik", un movimento che ha continuato a crescere nel corso degli ultimi anni. Gilad rischia vari anni di prigione il giorno che tornerà a Israele. Quando ha accettato di rilasciare l'intervista, gli abbiamo inviato il questionario via mail il mercoledì pomeriggio. Queste sono le sue risposte.

Perchè disertare?
Ho preso la decisione in maniera frettolosa. Ho abbandonato il Paese cinque giorni dopo che mi aveva richiamato l'esercito. Cinque giorni durante i quali ho provato a spiegare ai miei superiori le ragioni del mio rifiuto a farmi coinvolgere in una campagna militare sanguinaria, che si poteva aver evitato facilmente e le cui vittime principali sono i civili. Anche se sorprendente, queste spiegazioni non gli hanno impressionati. Nessun esercito permetterebbe l'insubordinazione. Sono disposto ad andare in prigione ma spero che, alla fine, l'essere assente durante il conflitto, il fatto che venga giudicato una volta che lo spirito militarista attuale si sia calmato un po', giocherà a mio favore. Anche se, di sicuro, non so nulla; potrebbe anche succedere il contrario e mettersi male.

Quando l'esercito è venuto a cercarla a casa, proprio alla vigilia della cancellazione dei voli delle compagnie internazionali sopra Tel Aviv, era già partito per l'Europa. Ci racconti come fu la fuga.
Non c'è molto da dire: mi dettero un ultimatum, un'ora limite per andare in caserma e inserirmi nella mia unità, e io presi il volo prima della scadenza (forse per quello non mi arrestarono alla frontiera). L'esercito venne a cercarmi a casa due ore dopo, ma io ero già in Europa.

Dove e in che tipo di unità svolse il servizio militare (che a Israele dura tre anni)? Durante lo stesso stette in Cisgiordania e a Gaza? Se sì, che sentimenti, che analisi fa di quell'esperienza?
Ho svolto il servizio militare presso una divisione blindata situata in Cisgiordania durante il culmine della seconda Intifada. Ero giovane e, a quel tempo, l'analisi che facevo della situazione non era chiara come quella che faccio ora. Ero cosciente del fatto che Israele trattava in maniera ingiusta ed ingiustificabile i palestinesi, però credevo, ed ho continuato a crederlo anni dopo aver concluso il mio servizio militare, che si trattava di un "lapsus" nel processo di pace. Pensavo che Israele era interessata a porre fine a questo lungo conflitto, e che una volta superati i rischi per la sicurezza israeliana, avrebbe concesso l'indipendenza e i propri diritti al popolo palestinese. Gli anni successivi dopo la fine della seconda Intifada, caratterizzati da una calma quasi senza precedenti dalla parte palestinese in Cisgiordania in cambio di niente, mi convinsero che l'unico interesse di Israele era intensificare la colonizzazione dei territori palestinesi, aumentare l'oppressione del popolo palestinese e reprimere in modo brutale ogni tipo di resistenza.

Cosa pensa del conflitto attuale? Lo considera necessario?
Il conflitto attuale non è affatto necessario. Il governo israeliano aveva molti modi per allentare il conflitto con Hamas, sebbene allo stato attuale non sarebbe possibile un accordo definitivo.Dopo la caduta dei Fratelli Musulmani in Egitto e la situazione precaria di Bachar al Assad in Siria, i principali sostenitori di Hamas, questo movimento si è molto indebolito. Tanto che accettò di collaborare con AlFatah e un governo di unità nazionale facendo importanti concessioni (tra cui il rilascio a Mahmoud Abbas del mandato a continuare i colloqui con Israele). Invece di approfittare di questa opportunità per moderare Hamas e rafforzare i sostenitori della pace verso la Palestina, Israele ha fatto il contrario, ignorando il processo di pace. E non è la prima volta che agisce in questa maniera.

Però, più in generale, Hamas ha dato prova di essere un gruppo affidabile, che aveva rispettato tutti i cessate il fuoco anteriori. Si poteva aver firmato un accordo simile a pochi giorni dall'inizio del conflitto, anche se sarebbe proseguito solo se fosse stato accompagnato da un processo diplomatico con Abbas, da cui Netanyahu fugge come la peste. Anche se il regime palestinese non è totalmente democratico, la continuità della leadership palestinese dipende dall'opinione pubblica: nel momento in cui il popolo si rende conto che un'apertura verso Israele risulta vantaggiosa, girerà le spalle ad Hamas. Al contrario, nella misura in cui non sussistesse questa prospettiva, si allineerà con Hamas. E' così semplice.

Attualmente, qual'è il problema per non servire nel Tsahal (l'esercito israeliano) e, soprattutto, non andare a Gaza?
Principalmente è non appoggiare queste misure brutali che, come ho provato a spiegare, potevano essere facilmente evitate. Ciò che mi infastidisce è che l'unica politica di Israele nei confronti di Gaza è quella di schiacciarli ogni anno senza dar loro nessuna alternativa. La morte di centinaia di innocenti è orribile. Soprattutto quando può essere evitata.

Considera il passo che ha fatto un atto politico?
No, si tratta soprattutto di un atto morale, ma non può essere sganciato dal contesto politico. Non sono pacifista, credo che a volte le guerre siano necessarie. Però le guerre che si fanno per compensare una politica disastrosa a scapito di persone innocenti sono immorali.

Come primo testimone (di rifiuto) dell'offensiva israeliana "Margine Protettivo", si riconosce nel movimento refuznik?
Non faccio parte di nessun movimento refuznik. Si tratta di un atto personale.

Che futuro vede per questo conflitto? Pensa che possa prolungarsi nel tempo?
Non ne ho idea. Penso che tanto Hamas come Israele sono obbligati a farlo cessare, ma questa previsione è stata smentita nel corso degli ultimi 18 anni. Tuttavia, comunque finisca, se non ci sono avanzamenti diplomatici, assisteremo a nuove guerre. Per questo, mi oppongo anche all'inefficacia a lungo termine di questa campagna militare.

Cosa pensa delle più di 600 vittime palestinesi, delle quali l'80% sono civili e, anche, dei 28 soldati e dei 3 civili israeliani?
Evidentemente si tratta di un conflitto asimmetrico. Israele dispone di avanzati mezzi di protezione e di aggressione che i palestinesi non hanno. Hamas è un gruppo cinico ed estremista, che antepone la lotta a la sicurezza del suo popolo; considerano le vittime come un sacrificio e i soldati morti come una vittoria. E' deplorevole che Israele ponga loro su un piatto ciò che vogliono.

Come pensa di tornare? Che rischi corre?
L'esercito è totalmente imprevedibile. Da una parte potrei venir giudicato e condannato ad una reclusione. Però mi è arrivato che, ufficiosamente, l'esercito vuole evitare al massimo la pubblicità ai refuznik, soprattutto per l'espansione che ha acquisito il fenomeno. E' possibile che non vogliano fare niente.

traduzione di Sarah Mancini dalla versione in castillano pubblicata da Viento Sur