Non sarà l’occidente a provocare l’emigrazione degli africani? (II parte)

Tue, 27/10/2015 - 12:33
di
Rosa Moro

Questo articolo è il secondo di tre parti in cui è stato diviso il testo del workshop sulla migrazione che Rosa Moro ha presentato al Forum Sociale Mondiale, tenutosi a Madrid lo scorso giugno.
La prima parte è stata già tradotta da questo sito

Il sistema globale liberale sta causando la mancanza di opportunità per gli africani e, pertanto, sta causando l'emigrazione. Tra le principali cause dell'emigrazione possiamo elencarne due.
1. La debolezza delle economie africane e l'ipocrisia delle nazioni ricche.
La debolezza delle economie africane non fornisce alcuna possibilità di sviluppo. Questa debolezza, unita con l'ipocrisia dei paesi ricchi (ed alla corruzione delle élite africane al potere), sono due facce della stessa medaglia.
L'Organizzazione Internazionale del Lavoro ci dice che la disoccupazione in Africa sub-sahariana è del 62%, e la disoccupazione giovanile (sotto i 25 anni) ha raggiunto il 76,5%. La realtà (ancora una volta si evidenziano i buchi neri della statistica) è che quasi tutti gli africani, soprattutto i giovani, non possono permettersi di non lavorare, soffrono la sottoccupazione, la mancanza di condizioni decenti di lavoro e si muovono nel mondo del lavoro informale; oppure hanno posti di lavoro nelle grandi imprese estrattive di materie prime, di petrolio, nelle monocolture agricole (una famosa forma di appropriazione delle terre), nello sfruttamento della pesca o in aziende agricole che offrono pochi posti di lavoro e bassa retribuzione, alcune che sfiorano condizioni di schiavitù, come quelle minerarie, molte industrie estrattive, tessili, etc.

Più della metà dei giovani africani non ha una formazione qualificata. Quelli che vanno all’università hanno un preparazione che non è considerata accettabile nella maggior parte dei posti di lavoro offerti dalle aziende straniere nei loro paesi (i posti di lavoro qualificati sono occupati da lavoratori stranieri) e il resto impara un mestiere senza aver frequentato un corso di istruzione superiore.
Lo sfruttamento delle risorse africane è nelle mani di aziende straniere che esportano materie prime, non creando alcun tipo di economia all'interno dei paesi. L'unica cosa che rimane è la degradazione ambientale, lo spostamento delle comunità indigene che non hanno più accesso alle loro risorse, e tutta la frustrazione che questo svuotamento porta. Lo fanno attraverso la creazione di società controllate che non danneggiano l'immagine complessiva delle corporation, la Coca-Cola non mette le sue insegne sulle grandi colture di zucchero (accaparrandosi comunque terra e acqua), così la Compac, Ericson, Apple, Samsung, Nestlé e Unilever. I proprietari e gli azionisti delle multinazionali non si preoccupano degli africani, gli basta non far comparire i loro loghi nei luoghi dello sfruttamento della terre e del lavoro che potrebbero risultare disumani per i loro clienti e ottenere così i massimi profitti. Per far questo, è necessario che le risorse utilizzate e la mano d’opera abbiano un costo il più vicino possibile allo zero, questo è il modo per massimizzare i profitti. Sono due facce della stessa medaglia della supposta crescita macroeconomica citata dalle statistiche ufficiali.

Negli ultimi anni infatti si è parlato della rinascita dell'Africa in base ai dati macroeconomici, la crescita media è del 4,4% (in Europa e negli Stati Uniti la crescita è stata negativa), ma è una crescita che non si traduce in un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione ma, al contrario, in un aumento delle disuguaglianze e dello sfruttamento straniero sempre più aggressivo. Nel 2015 la crescita sta ristagnando, quest'anno sarà la più bassa degli ultimi due decenni con una media del 4% secondo i dati della Banca Mondiale; la realtà però è che la popolazione non si preoccupa di questi dati che di fatto si basano sulla flessione del mercato cinese (l’ Africa sta esportando meno materie prime verso l'unica potenza industriale che sta crescendo) e sul calo dei prezzi del petrolio, entrambi elementi che la gente comune non può toccare con mano.

Questa situazione sta creando un arricchimento senza sviluppo. Dopo la decolonizzazione le vecchie potenze coloniali continuano a sfruttare le risorse naturali con la complicità dei dirigenti africani. Così stanno ottenendo tutti i vantaggi della ricchezza del continente senza le spese della vecchia gestione coloniale.
A loro volta i governanti africani corrotti hanno accumulato enormi ricchezze nascoste nelle banche europee: è il caso della famiglia Obiang della Guinea Equatoriale, la famiglia Bongo del Gabon o la famiglia Sassou Nguesso del Congo Brazzaville. Ci sono prove di enormi fortune nascoste nelle banche europee, che sono paragonabili al debito estero dell’intero continente. Ad esempio dei profitti del petrolio della Guinea Equatoriale si stima che solo il 2% rimanga al Paese, la restante parte va alle multinazionali e alla famiglia Obiang.
Questo arricchimento senza sviluppo procede grazie alle politiche bilaterali dei governo africani in collusione con i governo del nord o le grandi corporation, ed alle politiche imposte dalle grandi organizzazioni economiche internazionali, la Banca mondiale, il FMI, ecc, come ad esempio la liberalizzazione dei mercati, la rimozione delle tasse sull’esportazione, le privatizzazioni forzate, il meccanismo dell’indebitamento forzato (i piani di aggiustamento strutturale), gli incentivi per l'ingresso delle grandi imprese mascherato con lo slogan di "attrarre investimenti esteri", la politica degli “aiuti” economici vincolati all’acquisto di armi dai Paesi occidentali, eccetera.

Un esempio di questa situazione è il caso del Senegal e delle sue risorse ittiche. La maggior parte della popolazione senegalese della costa atlantica si dedica tradizionalmente alla pesca su piccola scala, utilizzando piccole imbarcazioni. Dal momento che il governo ha firmato concessioni di pesca alle grandi aziende straniere, tra cui molte spagnole, i pescatori senegalesi non possono più pescare nelle loro acque. A parte lo svuotamento delle fauna marina che hanno causato le grandi navi straniere, il governo li obbliga a pagare diritti di licenza che non possono permettersi. Naturalmente, il denaro che le grandi imprese hanno pagato per la concessione non porta benefici ai pescatori, che sono stati esautorati del loro principale mezzo di sostentamento. A questo bisogna aggiungere che, nel caso in cui le grandi navi europee peschino senza autorizzazione, il Senegal non ha la capacità di monitorare in modo efficiente le sue acque e penalizzare chi commette un illecito. L'Europa dà supporto al governo del Senegal per la sorveglianza marittima, ma può essere utilizzato solo per la lotta contro "l'immigrazione clandestina", non contro la pesca illegale.
Un altro esempio più recente sono le piantagioni di olio di palma industriale. Leggendo la ricerca di Feronia InC, presentata da diverse organizzazioni, tra cui Umoya, si scopre che il re è nudo. Lo sviluppo promesso, e non mantenuto, dalle grandi imprese ai coltivatori di questa cultura, gli inganni ai legittimi proprietari dei terreni che saranno allontanati dalle loro terre e il fallimento di tutte le promesse di costruire scuole, strade e di creare lavoro sono l’esempio della depredazione della terra da parte delle corporation.

2. Il degrado ambientale dovuto allo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali è un'altra causa evidente dell’emigrazione.
Lo sfruttamento incontrollato delle risorse da parte delle imprese straniere non ha prodotto benefici alla popolazione ma ha espropriato i loro mezzi di sussistenza; l'uso abusivo di pesticidi e fertilizzanti chimici avvelenano i flussi d’acqua e le popolazioni che li usano per dissetarsi, in primis i bambini; l'esaurimento delle attività di pesca tradizionale; gli impianti industriali che rovinano il suolo e l'acqua; le miniere e i pozzi di petrolio e i loro rifiuti smaltiti senza alcun tipo di controllo ambientale; lo sfruttamento del gas, della pesca in Senegal, del petrolio in Nigeria... Sono tutte cause dell'emigrazione.
Paradossalmente anche se lo sfruttamento del petrolio in Nigeria, dell'uranio in Niger, del cacao in Costa D’Avorio, o del plancton sul Lago Vittoria degradano l'ambiente in maniera irreversibile, in realtà, lo sfruttamento delle risorse naturali sono una spina dorsale dell’economia africana in quanto forniscono il principale mezzo di sussistenza per i salari dei loro abitanti. Di fatto siamo di fronte a un circolo vizioso, perché in realtà questo tipo di economia aumenta le cause strutturali della povertà, nel presente e soprattutto per le generazioni future.

Inoltre, mentre l'Africa, a causa della sua bassa industrializzazione, è responsabile di una parte trascurabile delle emissioni di gas che provocano il cambiamento ambientale, è il continente che più di tutti ne sta soffrendo le conseguenze devastanti. In Africa infatti non è possibile avere le risorse e la tecnologia per prevenire, controllare o sopravvivere alle siccità e alle inondazioni ricorrenti, aumentate ulteriormente dalla sua posizione geografica.
Questi fattori rendono più vulnerabili gli africani che, impotenti, sono costretti a emigrare.

Traduz. Dario Dinepi