Kobane, la questione curda e la rivoluzione siriana. Un destino in comune.

Thu, 16/10/2014 - 14:44
di
Joseph Daher*

In Siria per diverse settimane la città di Kobane, abitata prevalentemente da curdi, è stata sotto minaccia diretta da parte dello Stato Islamico (IS). Dall'inizio dell'offensiva del 16 settembre 2014 sono morte più di 550 persone, di cui 298 erano militanti dell'IS, 236 combattenti curdi e circa 20 civili. In alcuni quartieri vivono ancora più di 12.000 civili mentre l'attacco contro la città ed i villaggi vicini ha portato all'esodo forzato di circa 200.000 persone.
In realtà la città sarebbe caduta molto tempo fa se non fosse per la resistenza organizzata dal partito “Unione Democratica Curda” (PYD, legata al PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan) e dalle sue forze militari, le unità di protezione del popolo (YPG), e anche dalla partecipazione attiva di almeno tre battaglioni di combattenti arabi: il battaglione rivoluzionario di Raqqa, il battaglione del “Sole del nord” ed il battaglione di “Jirablis”. Inoltre il 4 ottobre l'Esercito Libero Siriano (FSA) ha deciso di inviare un migliaio di combattenti per difendere Kobane.
Kobane è in una posizione strategica per l'IS: in primo luogo è situata tra Jarabulus e Tell Abyad, due città entrambe sotto occupazione da parte dell'IS, e la sua cattura consentirebbe la continuità territoriale, in secondo luogo è anche la via per la Turchia.

Kobane, una città chiave nelle regioni autonome del Rojava

La città di Kobane è la terza città curda della Siria e la prima ad essere liberata dal regime di Assad il 19 luglio 2012.
Kobane è anche il centro di uno dei tre cantoni (con Afrin e a Cizre) che si sono stabiliti in “regioni democratiche ed autonome” da una confederazione di “curdi, arabi, assiri, caldei, turcomanni, armeni e ceceni”, come dichiarato nel Preambolo della Carta del Rojava (il nome del Kurdistan occidentale o Kurdistan siriano). Le esperienze di autoamministrazione di queste regioni sono molto interessanti, in particolare per quanto riguarda i diritti delle donne e delle minoranze etniche e religiose. Ciò nonostante esistono delle contraddizioni che riguardano soprattutto l'autoritarismo delle forze del PYD che non hanno esitato a reprimere gli attivisti o a chiudere istituzioni critiche verso di loro.
Non dobbiamo dimenticare che il PYD, come il PKK da cui deriva, manca delle credenziali democratiche riguardo il suo funzionamento interno e le altre organizzazioni considerate come rivali o che ne hanno solamente criticato l'operato. Per esempio dobbiamo ricordare alla fine di giugno 2013 i movimenti di protesta in alcune città del Rojava, come Amouda e Derabissyat, contro la repressione e l'arresto da parte delle forze del PYD di attivisti rivoluzionari curdi (1).
Comunque il PYD è lungi dall'essere l'unica organizzazione di questo tipo in Siria e all'interno dell'opposizione siriana.
Ciò non ci impedisce di fornire pieno sostegno al movimento curdo di liberazione nazionale nella sua lotta per l'autodeterminazione in Iraq, Siria, Turchia ed Iran contro i regimi autoritari che li opprimono o che gli impediscono di raggiungere questo obiettivo. Chiediamo inoltre la cancellazione del PKK da tutte le liste delle organizzazioni terroristiche in Europa ed ovunque.
Infatti possiamo criticare la dirigenza del PKK o del PYD per alcune delle loro politiche ma, come abbiamo detto prima, un principio fondamentale dei rivoluzionari è che dobbiamo sostenere in maniera incondizionata tutte le forme di lotta per la liberazione e l'emancipazione prima di criticare il modo in cui sono guidate.

La coalizione e la Turchia o la lotta contro i curdi

I bombardamenti iniziati il 23 settembre dalla coalizione internazionale guidata dagli USA insieme alle monarchie reazionarie del Golfo non sono riuscite a fermare l'offensiva dell'IS. All'epoca l'IS era a 60 kilometri da Kobane...oggi è entrata ed ha occupato numerosi quartieri della città, distruggendo inoltre parecchie abitazioni ed edifici amministrativi.
Questo intervento militare ha mostrato ancora una volta di non essere stato progettato per aiutare le popolazioni locali nella loro lotta per la libertà e la dignità ma serve gli interessi degli imperialisti occidentali d’accordo con l'imperialismo russo e con tutti i subimperialismi regionali che vi partecipano direttamente (l'Arabia Saudita ed il Qatar), indirettamente (la Turchia) o che non vi si oppongono (l'Iran). Tutti questi attori vogliono porre fine ai processi rivoluzionari nella regione e restaurarne la stabilità con dei regimi autoritari che servano i loro interessi e non quelli delle masse popolari dell'area.
Da parte sua il governo turco del Partito Giustizia e Sviluppo (conosciuto come AKP) ha nuovamente dimostrato la propria opposizione a qualsiasi progetto di autodeterminazione curda che possa sfidare i suoi interessi politici.
Il governo turco ha inoltre accusato il PKK di essere un'organizzazione terroristica simile all'IS perché vuole danneggiare le organizzazioni curde che operano nel suo territorio e ai suoi confini, o almeno per cooptarne qualcuna.
Ora l'obiettivo principale del governo turco è di impedire la formazione di una zona autonoma curda lungo il suo confine con la Siria. Questo è il motivo per cui una delle principali richieste del governo di Ankara alla comunità internazionale è la creazione di una zona cuscinetto in Siria e non, come dichiarato da Erdogan, per proteggere le zone prese dall'Esercito Libero Siriano, che ora sta combattendo insieme alle forze curde contro l'IS.
Nello stesso contesto il governo turco sta impedendo ai combattenti del PYD di attraversare il confine per raggiungere la città di Kobane ed aiutare i loro compagni nella lotta contro l'IS. Per la prima volta dal 1992 le autorità turche hanno imposto il coprifuoco in sei province del paese abitate prevalentemente da curdi dopo le grandi manifestazioni contro la politica governativa di non aiutare la città di Kobane e di rifiutare il passaggio verso la Siria ai combattenti.
Dopo 4 giorni di rivolte il ministro degli interni Efkan Ala ha presentato un primo rapporto ufficiale molto pesante che parlava di 31 morti e 360 feriti, più di mille arresti e danni impressionanti, principalmente nella parte sudorientale del paese a maggioranza curda. Le vittime, i feriti e gli arrestati erano in larga parte curdi.
Salih Muslim, il capo del PYD, ha sollecitato la Turchia a lasciar passare i combattenti e le armi mentre si è irremovibilmente opposto all'intervento dell'esercito turco in città, visto che secondo lui sarebbe stato simile ad “un'occupazione”.
Dal canto suo il leader del PKK in carcere, Abdullah Öcalan, ha comunicato che la caduta di Kobane significherebbe la fine del processo di pacificazione tra la Turchia ed il PKK iniziato due anni fa.
Si ricorda che ci sono ancora più di 8.000 prigionieri politici curdi nelle carceri turche con l'accusa di terrorismo.

Kobane e la rivoluzione siriana

La caduta della città di Kobane e la sua occupazione da parte dell'IS rappresenterebbe una doppia sconfitta: per l'autodeterminazione del popolo curdo e per la Rivoluzione siriana, sebbene non sia chiara la fine di entrambi i processi.
L'autogestione autonoma del Rojava è un risultato positivo e diretto della rivoluzione siriana e non sarebbe mai stata possibile senza il movimento dal basso, popolare e di massa del popolo siriano (arabi, curdi ed assiri tutti insieme) contro il regime criminale ed autoritario di Assad. Queste stesse forze popolari si sono anche unite contro le forze islamiche reazionarie che in passato hanno attaccato e continuano ad attaccare le regioni del Rojava. Oggi a Kobane l'FSA e le forze curde stanno combattendo fianco a fianco contro l'IS, mentre in altre aree liberate della Siria ci sono state manifestazioni di solidarietà.
La rivoluzione dal basso delle masse popolari di Siria, degli arabi e dei curdi, è l'unica soluzione contro il settarismo, il razzismo e lo sciovinismo nazionalista.
L'autodeterminazione del popolo curdo è stato rafforzata dalla rivoluzione siriana e questo deve continuare. Si tratta di un rapporto dialettico ed entrambe sono collegate.

Una sconfitta del processo rivoluzionario siriano e dei suoi obiettivi molto probabilmente segnerebbe la fine dell'esperienza delle regioni autonome del Rojava e delle speranze del popolo curdo di decidere il proprio futuro di fronte all'opposizione di molteplici attori: l'imperialismo occidentale e quello russo, lo sciovinismo nazionale arabo e turco e le forze reazionarie islamiche. Dall'altra parte il processo rivoluzionario siriano non sarebbe completo senza la possibilità per il popolo curdo di decidere liberamente del proprio futuro: la secessione o la partecipazione alla lotta con i progressisti ed i democratici per una Siria Democratica, Sociale e Laica che riconosca i loro diritti nazionali.
I loro destini sono collegati e questo è il motivo per cui dobbiamo contrastare tutti i tentativi di minare sia l'autodeterminazione curda che il processo rivoluzionario siriano, da parte del regime di Assad, delle forze islamiche reazionarie, dei vari imperialismi (USA e Russia) e dei sub imperialismi (Iran, Turchia, Arabia Saudita e Qatar).

Bisogna opporsi a tutte le forme controrivoluzionarie perché vogliono dividere le classi popolari con il settarismo ed il razzismo.
Viva la Rivoluzione siriana
Viva l'autodeterminazione del Popolo curdo
Viva la fratellanza del popolo in lotta per la Liberazione e l'Emancipazione
Il popolo in lotta è uno solo!

1) Vedi http://syriafreedomforever.wordpress.com/2013/06/23/statement-by-the-kur...).

* Fonte: syriafreedomforever.wordpress.com.