Kerala: l’inondazione ha portato i malayali a dimenticare le differenze e aiutarsi come mai successo prima

Thu, 30/08/2018 - 16:20
di
Vishnu Varma*

Molto prima che le NDRF (ndt. National Disaster Response Force), l’Esercito, la Marina e la Guardia Costiera venissero inviate nei villaggi e nelle città sommerse in Kerala, la popolazione locale, di fronte alla ferocia dell’inondazione, ha unito le forze per salvarsi. Le persone sono andate di casa in casa, fischiando e gridando, bussando alle porte nel cuore della notte per dire ai propri vicini, amici e familiari che non era sicuro rimanere lì.

Gli abitanti delle zone sottostanti, vicine ai flussi d’acqua, sono stati veloci a comprendere la portata del pericolo, afferrare qualche vestito e i documenti importanti e a scappare dalle proprie case. Altri, con il beneficio del lusso di abitare ai piani alti, hanno aspettato nervosamente per ore prima di prendere in considerazione, finalmente, le suppliche degli abitanti dei villaggi. Essi raccontavano inquietanti storie di salvataggi di fortuna, di fughe su traballanti barchette da pesca o persino canoe che ondeggiavano pericolosamente a destra e a sinistra tra le furiose correnti d’acqua. Insieme, quegli abitanti che probabilmente nemmeno si conoscevano reciprocamente, hanno rischiato la pelle gli uni per gli altri, mostrando un rimarchevole coraggio di fronte alle avversità.

In molti dei campi di soccorso installati sul territorio dello stato, si possono udire facilmente questo genere di storie. Il valore che i nuclei di soccorso e che i militari hanno mostrato tirando fuori dall’acqua gonfia migliaia di vite è indiscusso ma, ben prima che essi entrassero in scena, la stessa popolazione locale ha dimostrato la sua inclinazione a proteggersi l’un l’altro.

“È triste che sia servita una tragedia di questa grandezza per riuscire ad avvicinarsi. Non ho mai compreso che c’era tanta unione tra di noi”, racconta Dhanesh, la cui casa a due piani a Varapuzha, in Ernakulam, è stata inghiottita dai flussi. “È vero che non sarei vivo se non fosse stato per i miei compaesani”, aggiunge.

Similmente, a Manjaly, un villaggio adiacente a Varapuzha, Rajeshwari (52 anni) racconta di come la sua famiglia è stata salvata dalla gente del posto e da alcuni ufficiali del panchayat, che li hanno trasportati in automobile verso una zona più alta e sicura. Senza un veicolo, racconta Rajeshwari, con la sua ernia del disco si sarebbe trovato in forte difficoltà nel tentativo di guadare le acque.

Alcuni dei sopravvissuti all’inondazione intervistati da indianexpress.com dichiarano che il villaggio in quanto comunità, in assenza dei telegiornali (l’elettricità era interrotta) o di aggiornamenti da parte del governo, si è affidato semplicemente all’osservazione della velocità di crescita del livello dell’acqua e alla conoscenza della geografia locale per verificare il pericolo a cui era esposta. Le famiglie con anziani, disabili, donne e bambini sono state le prime ad andare via, seguite poco dopo dagli uomini. In molti villaggi i templi, le chiede e le moschee sono diventate i centri di ritrovo per gestire l’evacuazione, poiché l’influenza positiva di questi luoghi veniva ritenuta più forte.

“C’è un ponte qui a Manjali che passa sopra al fiume Periyar. Dall’altro lato vivono principalmente hindu poveri, appartenenti alle caste SC/OBC. Su questo lato, c’è una maggioranza musulmana. Quando è arrivata l’onda, le persone si sono aiutate superando i confini religiosi. Quindi, in un certo senso, il ponte è diventato un ponte di pace e di armonia condivisa”, afferma Dr Mohammad Rafique, un omeopata del campo locale.

La politica non divide

Le scene più commoventi si possono vedere nelle centinaia di scuole, college, sale matrimoniali e auditorium che si sono trasformati in insediamenti di soccorso per coloro che sono scampati all’inondazione. Le famiglie siedono strette tra di loro, a discutere delle condizioni delle proprie case, degli oggetti andati persi e del modo in cui procedere ora. Confrontano le case, guardano le fotografie sui telefonini e discutono su quale fosse la più brutta.

Al campo di Kanjoor, P Ashokan, membro del comitato permanente responsabile della salute al panchayat locale, prende il microfono per dare indicazioni speranzose ai rifugiati. “Dopo la registrazione, non dimenticate di prendere i vostri kit dal tavolo dell’accoglienza. Tutti beni di prima necessità come spazzolino e dentifricio, materassi e coperte verranno distribuiti dopo il pranzo. Le donne possono riposare nell’aula di sopra. Alle 16, non dimenticate di venire in auditorium per il tè”, dice nel microfono.

“Il nostro panchayat è guidato dall’LDF, ma non vedrai alcuna differenza politica qui. In un momento come questo, non possiamo litigare” Ashokan racconta più tardi a indianexpress.com.

Il medico del campo di Manjaly dichiara lo stesso. “L’altro giorno ero felice di aver visto due uomini, che appartengono a due correnti di pensiero ideologicamente opposte, aiutare a bollire il riso con un grosso recipiente”, ride Dr Rafique.

E ancora, un altro liceo trasformato in campo a Elamakkara, vicino Kochi, il presidente del comitato legato a BJP e alcuni membri del reparto del CPM hanno lavorato insieme nel preparare i pasti e nel distribuirli ai rifugiati. In un altro contesto si sarebbero puntati i coltelli alla gola, mentre invece hanno lasciato indietro la politica per assicurarsi che tutti venissero sfamati.

La forza degli enti locali di base

Il sistema dei panchayati raj del Kerala e la straordinaria influenza che i suoi enti locali hanno nella risoluzione dei problemi delle persone, sono noti ai più. Di fatto, quando avvengono disastri come le inondazioni o il virus Nipah, i primi ad agire sono sempre connessi con questi centri di potere locali, tessendo un modello sociale che va dal basso verso l’alto.

Anche nel caso dell’inondazione, i primi report e le interviste con i superstiti nei campi di soccorso hanno indicato il forte legame delle persone con questi enti locali. Ad esempio, il numero personale del presidente del panchayat o quello di un ufficiale del distretto sono salvati nella rubrica di molti residenti. Quando una calamità colpisce, sanno chi chiamare.

Nei primi giorni, gli ufficiali hanno detto ad indianexpress.com che si sono affidati interamente sulle donazioni di individui privati e di organizzazioni per reperire cibo e altri beni necessari. In quei giorni, veniva portato cibo già pronto da servire alle persone.

In ogni caso, con la pioggia che non accennava a diminuire, gli ufficiali del panchayat si sono personalmente impegnati ad andare alla ricerca di negozi aperti per reperire riso, zucchero e altri beni necessari. Anche le verdure venivano cercate nei negozi locali. Presso le cucine delle scuole, dove viene preparato il pranzo, decine di uomini e donne siedono in cerchio mentre tagliano verdure e preparano da mangiare. Lavorano in turni in modo che nessuno sia sempre a lavoro. Gli orari dei pasti sono stati calendarizzati e vengono rigorosamente rispettati. Il tè della mattina (nero e con latte) alle 6, la colazione alle 8, il pranzo alle 13, ancora tè e merenda alle 16 e cena alle 20. Per i bambini e gli anziani c’è anche latte caldo e uova. Intorno alle 22 ci si ritira nelle aule, donne e uomini separatamente.

Gli inviati di indianexpress.com sono stati costretti a trovare qualcuno scontento dello schema di gestione dei campi di soccorso. “Loro (i funzionari del panchayat) stanno cercando di fare del proprio meglio. Dobbiamo capirlo ed adattarci di conseguenza”, ha detto un uomo al campo di Kanjoor.

*Fonte articolo: https://indianexpress.com/article/india/kerala-floods-before-help-came-m...
Traduzione a cura di Federica Maiucci.