Israele e la prossima rivoluzione araba

Fri, 25/07/2014 - 18:21
di
Santiago Alba Rico

Immaginiamo un siriano che sogni un po' di democrazia, un po' di libertà, un po' di giustizia sociale: in definitiva, un po' di dignità umana. Contro quali e quante forze dovrebbe lottare?
In primo luogo, contro una dittatura dinastica che, da più di 40 anni, ha represso, impoverito e assassinato il proprio popolo e che, da 3 anni, non ha dubbi ad utilizzare contro questo la tortura, le esecuzioni estragiudiziali, i bombardamenti aerei e perfino le armi chimiche, senza dimenticare l'avvelenamento settario e la propaganda più abietta.

In secondo luogo questo sognatore siriano dovrebbe lottare contro gruppi jhadisti che in una situazione di caos e con più o meno la tolleranza del proprio regime, cercano di imporre, come alternativa alla dittatura, la propria e non meno atroce dittatura basata su una concezione oligosemica, primitiva e fanatica della religione, concezione ammuffita e ripugnante che non gli impedisce, tuttavia, di usare le armi più moderne né i più sofisticati mezzi di comunicazione e propaganda.
In terzo luogo, questo sognatore siriano dovrebbe lottare contro le sbarre di una prigione geopolitica con innumerevoli catenacci: gli alleati protoimperialisti della dittatura (Iran, Russia o Hizbullah)e gli alleati protoimperialisti dei yihadisti (Arabia Saudita, Qatar, Turchia), i quali, in difesa dei loro interessi religiosi, alimentano il confronto mentre lo deviano dal suo iniziale impulso democratico. Questo sognatore siriano, per così dire, si trova sepolto sotto di una colossale massa di strati geologici multinazionali che schiacciano i suoi sogni e la sua respirazione.

In quarto luogo, e per completare la montagna di detriti (materiali e politici) sotto la quale si muove il nostro sognatore siriano, c'è il tandem dal quale, in definitiva, dipendono tutti gli spostamenti nei rapporti di forza della regione: l'alleanza tra Stati uniti e Israele, che nel caso della Siria – come ben ricorda Yassin Al-Haj Saleh- ha chiaramente optato per appoggiare passivamente la dittatura e/o il prolungamento dell'agonia con la conseguente distruzione del paese.
Se questo sognatore siriano fosse poi anche kurdo, dovrebbe lottare contro un quinto elemento: la diffidenza, se non la ostilità, degli altri sognatori siriani che pensano che la "nazione araba" e la "lingua araba" sono realtà non negoziabili.
Ebbene, questo sognatore siriano non era uno ma migliaia nel 2011, centinaia di migliaia, migliaia di migliaia, e se oggi sono meno o hanno meno peso e visibilità, è perchè alcune di queste forze geologiche li hanno uccisi e altre li hanno abbandonati, compresi i mezzi di comunicazione e la maggior parte dei partiti ed intellettuali di sinistra i quali, per azioni od omissioni, hanno finito per accettare con estrema naturalezza, i barili di dinamite del dittatore, giustificandoli quasi con arrogante pragmatismo davanti alle atrocità dei jihadisti.

Questa è la situazione di un sognatore siriano realmente esistente. Ma con alcune variazione nel grado e nell'intensità della tragedia e nella combinazione degli elementi, si può applicare a qualunque cittadino sognatore del mondo arabo. Lo stesso succede ad un sognatore iracheno, improvvisamente obbligato a scegliere tra lo Stato Islamico, appoggiato e consentito dai resti del partito Baath di Saddam Hussein, e il governo settario e autoritario di el Maliki, appoggiato da Unione Europea e Iran; e lo stesso succede a un sognatore libico intrappolato tra un colpo di stato "saudita"e milizie senza progetto nazionale; o ad un sognatore egiziano, sottomesso dallo stivale di una nuova dittatura militare, pro-saudita e pro-israeliana, che alimenta la violenza yihadista e giustifica la dittatura; o persino a un sognatore tunisino, che vede retrocedere tutte le sue conquiste nelle strettoie dell'opposizione binaria tra un consenso di elite e il terrorismo jihadista (che la scorsa settimana ha incassato 14 vittime).
Chiariamo, ad ogni modo, che questi sognatori siriani, iracheni, libici ecc, non sono solo sognatori ma anche combattenti, e spesso al prezzo della loro vita o della loro libertà, e che per questo meritano tanta solidarietà e appoggio (se non di più visto il numero di nemici e i rischi ai quali sono esposti) di un sognatore dell'Honduras o un sognatore greco.

Ma questa è la situazione nel mondo arabo, con almeno dieci guerre fredde o calde aperte nel territorio. Aveva ragione Bachar Al-Assad quando diceva, nel suo recente discorso di insediamento, che "le rivoluzioni arabe hanno portato solo caos e violenza nella regione." Aveva ragione? Per misurare fino a che punto siano ragionevoli queste parole del dittatore siriano, basta ricordare che in realtà sono un plagio di una dichiarazione di Netanyahu, di poco più di un anno fa, con lo stesso significato. Bachar Al-Assad indica con il dito le rovine del suo paese e dice: "guardate la distruzione che ha portato la vostra rivendicazione di democrazia". Netanyahu indica oggi Gaza e dice ai palestinesi: "guardate la distruzione che ha portato il vostro appoggio a Hamas". No, ciò che ha portato caos e distruzione nel mondo arabo – che, non bisogna dimenticarlo, soni in corso da decenni - è la controrivoluzione, della quale i bombardamenti di Assad sono la fonte più antica ed attiva; e ciò che ha portato caos e distruzione in Palestina è l'occupazione israeliana, della quale I bombardamenti di Netanyahu sono una mera estensione.

Perchè qualcosa ci sarà da dire anche dei sognatori palestinesi, sepolti più o meno sotto lo stesso spessore geologico di pietre e detriti di tutti i loro fratelli ma in un altro ordine e in un'altra combinazione. Perchè nel caso della Palestina, il tandem Israele-Stati Uniti, che incorona la montagna in Siria, o nello Yemen o in Giordania, qui pesa in maniera diretta, senza mediazioni o strati interposti, sul territorio e i suoi abitanti.
Questo senza dubbio giustifica la solidarietà unanime – o l'attenzione privilegiata - che non ricevono i siriani o gli egiziani, o gli iracheni o i tunisini. Israele, protetto dagli Usa, decide della vita e della morte di milioni di esseri umani in territori che non gli appartengono. La sua particolare rilevanza ha a che fare con il fatto che – come ricorda Alain Gresh – è "l'ultimo conflitto coloniale"( o uno degli ultimi).

L'altro giorno ricordavo in questo stesso sito, che il sionismo era un "progetto europeo", colonialista e razzista, che rese reale, paradossalmente e in maniera perversa, l'assimilazionismo che la combinazione di antisemitismo e sionismo abortirono in Europa nel secolo scorso: Israele europeizzò gli ebrei fuori dall'Europa e contro altri popoli. Ma resta il fatto che Israele, come ben spiega l'editorialista del diario Al-Quds, si è trasformato già in un "altro regime arabo". Lo è in primo luogo perchè nasce, come tutti gli altri regimi arabi, in modo diretto o indiretto, dalle fila della spartizione coloniale cristallizzata negli accordi Sykes-Picot (1916) che configurarono politicamente e territorialmente il mondo arabo dopo la fine dell'Impero Ottomano. Ma anche perchè, in termini di comportamento politico e militare, non differiscono in niente dagli altri regimi arabi. Non è un caso che oggi, quando gli aerei israeliani, come i siriani, frantumano case e smembrano bambini, Netanyahu incontri il suo più solido e proficuo appoggio nel "regime arabo" per eccellenza, l'Egitto del dittatore militare Sisi (o negli Emirati, Giordania o Arabia Saudita, o nella stessa passività della Siria e della Lega Araba). Israele è un'altra dittatura araba che, come tutte le altre, potrà essere abbattuta solo da una nuova "primavera araba" che, questa volta, raggiunga I suoi obiettivi.

Non c'è nessuna differenza tra Israele e, per esempio, Siria o Egitto? C'è. La prima: che il numero di “jihadisti” israeliani è molto superiore a quello dei paesi vicini, come dimostra la reazione, compiaciuta e quasi "orgasmica", della maggioranza della società israeliana davanti alle atrocità del proprio esercito su Gaza (il nichilismo di molti israeliani, che celebrano la morte di bambini e reclamano l'uso del napalm o bombe atomiche contro "questi parassiti", è comparabile solamente a quello dei tagliatori di teste dello Stato Islamico).
La seconda: che il numero di sognatori israeliani è molto inferiore a quello dei sognatori siriani, egiziani o tunisini. Sono meno, però non dobbiamo dimenticarli (Amira Hass, Gideon Levy, Uri Avnery, Michel Warschawski, Ilan Pappé e tanti altri) perchè senza di loro – e senza tutti gli ebrei antisionisti che si giocano la pelle in tutto il mondo adottando la posizione più difficile, quella dei giusti tra gli ingiusti - la prossima "rivoluzione araba" non potrà vincere.

da www.cuartopoder.es
Traduzione di Sarah Mancini