Il codice Gallardón trasforma in nemici i gruppi pericolosi per le caste dominanti

Wed, 19/02/2014 - 03:00
di
Enric Lllopis e Carlos A. Montouto (da Rebelion.org)

Il “diritto penale del nemico” rappresenta l'applicazione estensiva del codice penale a chi è considerato nemico potenziale dello Stato. Questa è la dottrina che si nasconde dietro il nuovo Codice Penale del ministro Gallardón, che la maggioranza assoluta del PP approverà prossimamente nel Congresso. L'avvocato e segretario della sezione Immigrazione e Diritti Umani dell'Ordine degli avvocati di Valecia, oltre che membro del Collegio di Difesa dell'Ordine, Carlos A. Montouto rileva chiare somiglianze tra le novità del Codie Gallardón e la filosofia del “diritto penale del nemico”. Evidenzia come si criminalizzi la protesta e determinati gruppi (considerati potenzialmente pericolosi) e contemporaneamente si favorisca alcune “caste”: grandi corporazioni, politici, settori finanziari e alti funzionari. Carlos A. Montouto è inoltre giornalista specializzato di musica e analista politico di Radio Klara.

Alcuni specialisti affermano che il nuovo Codice Penale di Gallardón si basa sulla “dottrina penale del nemico”. Quali sono le origini di questa teoria?
Ci sono due grandi teorie riguardo alla pena. La prima è la teoria “retributiva”, che trae origine da Kant e Hegel. Secondo Kant, si impone una pena per compensare il male commesso, non con un fine riabilitativo. Per Hegel, la forma di garantire la superiorità morale della colletività di fronte all'individuo, è la superiorità della norma che castiga; l'importante non è il perché, bensì il fatto che qualcuno infranga la norma. Ciò porta oggi a conseguenze insidiose: l'unica legittimazione per applicare una norma, è la norma stessa, non perché sia giusta o proporzionata. Scompare la legittimità e possono, di conseguenza, applicarsi norme ingiuste. La seconda grande teoria vede nella pena un effetto “dissuasivo”.

Come influiscono queste idee nel “diritto penale del nemico”?
A partire da queste premesse (la supremazia della norma e l'effetto dissuasivo della pena), Günther Jakobs aggiunge, dopo la seconda guerra mondiale, la diminuzione delle garanzie applicate tanto al crimine organizzato quanto a coloro ritenuti nemici dello stato e l'aumento sproporzionato della pena, non solo con finalità dissuasive, ma soprattutto per rinforzare la stabilità del sistema, quando lo si consideri in pericolo, come metodo di controllo dei suoi nemici potenziali. Egli parla, inoltre, di un'applicazione estensiva del diritto penale nei confronti di coloro ritenuti nemici potenziali dello stato. Jakobs, elabora tale dottrina nel 1985 e nel 1999 a Berlino si celebra un congresso nel quale sorge una polemica tra famosi penalisti internazionali che lo accusano di un grave deficit democratico. Si constata dunque che nelle società democratiche si sta innestando un “diritto penale del nemico” e che lo si estende progressivamente contro sempre più soggetti.

Dove si applica il “diritto penale del nemico”?
Negli Stati Uniti, a partire dagli attentanti dell'11 settembre 2001, comincia a applicarsi apertamente contro immigrati irregolari, contro persone sospettate di terrorismo (con detenzioni e sequestri in tutto il Paese e all'estero). In Spagna, contro la cerchia dei prigionieri abertzale (i prigionieri politici indipendentisti baschi NdT) viene applicato dagli anni 80 (per esempio, con misure come il divieto di comunicazione con l'esterno per 10 giorni e l'impossibilità di parlare con un avvocato e di essere messo a disposizione dell'autorità giudiziaria). E' già qualcosa che il Comitato di Prevenzione contro la Tortura ed i Maltrattamenti del Consiglio d'Europa abbia rimproverato lo stato spagnolo molte volte. Anche la Gran Bretagna ha utilizzato il “diritto penale del nemico” con l'IRA, fino agli accordi di pace e, attualmente, contro il terrorismo “yihadista”. L'immigrazione “irregolare” è il campo dove più si è generalizzata questa dottrina, negli anni 2000, nello spazio Schengen.

Che settori favorisce il Codice Penale che verrà prossimamente approvato nello stato spagnolo?
Ci sono una serie di “caste” privilegiate: politici, finanzieri, alti funzionari e grandi imprenditori. Il nuovo codice penale è una chiara repressione penale di tutte quelle classi disagiate che simbolicamente rappresentano un pericolo per queste caste, che vengono identificate, in modo interessato, con l'interesse generale dello stato. Così, nel nuovo codice penale vengono inserite contravvenzioni che si convertono in reati. Ci sono azioni, soprattutto in relazione con la protesta sociale, alle quali prima non si dava eccessiva importanza penale e che ora ricevono un trattamento più duro. Per esempio, la contravvenzione per una lieve inosservanza entra nel Codice Penale come delitto di attentato (si tratta di un antico auspicio delle forze di sicurezza dello stato; nello sgombero del 15-M nella Piazza Catalunya, l'ex ministro dell'Interno del governo catalano, Felip Puig, affermò che l'occupazione da parte dei manifestanti non si poteva considerare una disobbedienza lieve; doveva considerarsi – secondo lui – una sfida all'autorità e per tanto bisognava inasprire il castigo). Questo è un esempio di diritto penale del nemico.

Altro punto molto criticato riguarda le condotte che vengono sottratte all'ambito del Codice Penale e passano al regime della sanzione amministrativa.
In effetti parliamo di una repressione a bassa intensità, che si esercita attraverso multe. Ciò ha delle conseguenze rilevanti. In primo luogo, il diritto sanzionatorio amministrativo ha meno garanzie e possibilità di difesa; tra le varie ragioni, vale la pena ricordare che i tribunali agiscono in funzione di un procedimento già avviato nel quale l'Amministrazione è giudice e parte. Ciò non si verifica nel procedimento penale. A questo ci sono da aggiungere le tasse (se mi si infligge una multa di 300 euro ed il ricorso mi costa altri 200 euro, non mi conviene ricorrere). Un caso molto noto è quello del top manta (vendita abusiva di CD, DVD, borse NdT), che è scomparso come reato nella modificazione del Codice Penale del 2010 grazie alla pressione degli attivisti sociali e anche dei giudici che dovettero assolvere delle persone per la chiara sproporzione tra infrazione e pena. Il top manta si iniziò a considerare come contravvenzione e con il nuovo codice penale tornerà ad essere un reato.

Chi sono i “nemici” del nuovo Codice Gallardón?
Il codice estende il concetto di nemico a gruppi ed attività che fino ad ora si consideravano innocue o si classificavano come contravvenzioni. Il nuovo Codice Penale converte così in nemico potenziale coloro che possono rappresentare un pericolo per chi difende gli interessi di classe. Perciò si utilizza l'intimidazione contro la protesta. Se un gruppo di yayofalutas (un gruppo nato a seguito del 15-M di persone di una certa età che lottano per difendere i diritti e le libertà per le quali lottarono negli anni passati; sono indipendenti da organizzazioni politiche, sindacali o religiose NdT) entra in una banca e protesta, ciò viene considerato un disturbo dell'ordine pubblico. In realtà è l'invasione di un luogo privato, che però viene considerato un elemento strategico dello stato. Per questo si criminalizza coloro compiono questa azione. Lo stesso succede con le proteste che possano essere organizzate davanti ad un carcere o una centrale nucleare. In definitiva, si tratta di proteggere interessi simbolici e strategici che lo stato definisce come tali, sebbene in realtà, in maggior parte sono interessi privati.

Un'altra faccia della criminalizzazione della protesta è la repressione attraverso i social network.
In effetti c'è l'ossessione di controllare il mondo dei social network. Lo scorso venerdì c'è stata una manifestazione a Valencia di appoggio alle proteste di Gamonal. Ci sono state barricate e anche arresti. Gli avvocati hanno saputo poi, che la polizia aveva informazioni molto dettagliate sui detenuti, cosa resa possibile solo tramite l'esame e il controllo delle informazioni attraverso i social network. Con il nuovo codice penale non si considererebbe tale azione come una lieve contravvenzione per danneggiamento (per i cassonetti bruciati), ma, a prescindere della gravità del fatto concreto, verrebbe valutata l'azione collettiva, convocata e diffusa tramite i social network. Questo rappresenta un altro caso di diritto penale del nemico, di criminalizzazione di gruppi potenzialmente pericolosi, con cui si colpisce soprattutto i soggetti per la loro condizione, più che per il fatto concreto. E' ciò che si chiama “diritto penale dell'autore”.

Ci riporta indietro al diritto penale caratteristico delle dittature?
Ciò che più spaventa è che alcuni commentatori l'abbiano equiparato al codice penale franchista del 1944, perché il nuovo codice di Ruiz Gallardón rompe con la pietra sacra sulla quale poggia tutto il diritto penale nella democrazia post seconda guerra mondiale: il principio di colpevolezza. Attorno a questo principio fa perno il diritto alla presunzione di innocenza. Perché dico ciò? In materia di protesa sociale, il nuovo codice introduce la possibilità di colpire penalmente - relativamente al diritto di riunione, associazione e manifestazione - i gruppi ai quali appartengano individui, che siano attori di gravi disordini.

Puoi fare qualche esempio?
Se un sindacato convoca una manifestazione e tre affiliati compiono atti violenti, si potrà castigare penalmente i responsabili del sindacato, sebbene i fatti siano stati realizzati in concreto da altri individui. In questi giorni sono stati redatti dei rapporti informativi di polizia su gruppi anarchici e sulla peña calcistica Resaca Castellana (un gruppo di tifo organizzato di Burgos chiamato Resaca Castellana NdT), nei quali li si incolpa dei disordini di Gamonal. In queste informative si affermava che i cittadini si opponevano alla pratica della violenza. Questo è un altro caso in cui l'obbiettivo è criminalizzare determinati gruppi. In tal modo si rompe il principio della responsabilità personale del diritto penale, secondo il quale si può perseguire solo la responsabilità personale in relazione alla partecipazione al fatto concreto. Ciò che invece si cerca di far passare è la criminalizzazione di interi gruppi per azioni compiute da determinate persone e sempre in contesti di proteste sociali. Andando avanti con questa logica tutto il Partito Popolare dovrebbe essere in carcere per il caso Gürtel (un'indagine iniziata nel febbraio 2009 relativa ad una presunta rete di corruzione legata al PP NdT).

Un'altra questione che ha sollevato una polemica rilevante tra penalisti concerne le “misure di sicurezza”. Per quale ragione?
C'è un principio che sorregge il nuovo codice penale: la stigmatizzazione a vita di determinati delinquenti, che rompe il tradizionale sistema che invece consente di evitare l'accumulazione di pena e misura di sicurezza. Fino ad oggi, unitamente alla pena, potevano essere comminate varie misure di sicurezza. Per esempio, se una persona (con problemi mentali) commette un omicidio, la si può condannare a 10 anni di carcere e le si possono imporre misure di sicurezza di trattamento psichiatrico. Bene, con il nuovo codice penale, questa misura di sicurezza può essere indefinita, in funzione della pericolosità per il sistema stabilita dal giudice. Anteriormente le misure si sicurezza non potevano eccedere la durata della pena e potevano compiersi simultaneamente. Ma il codice Gallardón, come dicevo, va molto più in là: il tempo nel quale si sta compiendo la misura di sicurezza non viene computato. Cosa vuol dire tutto ciò? Stigmatizzare indefinitamente il delinquente e non adempiere con il principio dell'effetto riabilitativo della pena, previsto dall'art. 25 della Costituzione spagnola.

Che trattamento riserva ai migranti il Codice Penale di Ruiz Gallardón?
Le persone migranti già ricevevano il trattamento di “nemici” dello stato, aspetto che viene rinforzato dal nuovo codice penale. L'articolo 89 del vigente codice stabilisce la possibilità di espulsione in sostituzione di condanne superiori ad un anno, quando lo straniero si trovi in uno stato di irregolarità. Però, nel codice penale di Gallardón (articolo 88), si estende lo possibilità di espulsione agli immigrati regolari, cioè a tutti gli stranieri. Inclusi quelli dell'Unione Europea, sebbene per questi casi vengano richiesti più requisti (certo è che alcuni paesi come Belgio e Gran Bretagna già stanno procedendo all'espulsione di cittadini comunitari). La Francia già lo ha fatto con gli zingari romeni, che avessero o meno compiuto un reato. Inoltre, si dà un secondo giro di vite al cosiddetto “reato di ospitalità” (art. 318 bis). Il nuovo codice penale colpisce chi aiuta o favorisce l'immigrazione “irregolare” o la permanenza di immigrati “irregolari” nello stato spagnolo.

Abitualmente si dice che ci sia impunità per coloro che compiono un reato. Sei d'accordo?
Lo stato spagnolo registra la popolazione carceraria più elevata di tutta Europa, in relazione con la popolazione totale e con il numero di reati commessi. Però i due partiti maggioritari hanno utilizzato sempre il diritto penale e l'inasprimento delle pene con scopi populisti. Si dice che il delinquente “entra da una porta del commissariato ed esce dall'altra”. Questo è assolutamente falso. La media delle pene molto gravi nello stato spagnolo oscilla tra i 20 ed i 30 anni e può arrivare fino ai 40. Per tanto è assolutamente inutile l'ergastolo “rivedibile” (di costituzionalità molto dubbia) che introduce il nuovo codice penale. In tale strategia si inquadra la scandalosa polemica suscitata dalla Dottrina Parot (giurisprudenza definita dalla sentenza del Tribunale Supremo di Spagna nel 2006, su ricorso di un prigioniero dell' ETA, Henri Parot, secondo cui la riduzione di pena – per lavoro, sturdio, … – si applica a ciascuna singola pena e non al massimo della pena consentita dal codice penale spagnolo NdT), annullata dal Tribunale Europeo dei Diritti dell'Uomo. Si dice che bisogna rispettare i diritti delle vittime, però questi diritti non possono essere equiparati alla vendetta. La cosa peggiore è che la riforma, in pratica, la istituzionalizza.

Infine, hai fiducia nell'attività dei giudici?
Nell'ambito istruttorio, credo che ci siano giudici – come Ruz e Castro – che svolgono il loro lavoro con indipendenza e che non gli importa chi sia la persona indagata. Il grosso problema risiede tra chi decide nei casi di maggior rilevanza sociale, cioè la Corte Costituzionale, il Tribunale Supremo, i Tribunali Superiori di Giustizia, l' Udienza Nazionale. In queste istanze, data l'interferenza politica dei partiti maggioritari, tramite il Consiglio Generale del Potere Giuziario (una sorta di Consiglio Superiore della Magistratura NdT), l'orientamento politico e ideologico è molto più forte e l'indipendenza vacilla. In queste alte sfere si trovano – in buona misura – molti di coloro che si sono costruiti la propria carriera giudiziaria durante il franchismo o servendo interessi di parte; a questo va aggiunto, la più che nota presenza dell'Opus Dei nei settori più decisivi della magistratura e l'esistenza di grandi studi legali (a Madrid e Barcellona) che agiscono come veri gruppi di pressione, in connessione con la politica e con il Tribunale Supremo, con funzionari pubblici di alto grado che lasciano l'incarico per passare a questi grandi studi legali.

Traduzione di Marco Pettenella