Il rifiuto della politica di tagli e di attacchi ai lavoratori iniziato il 15 maggio [2001: il cosiddetto movimento degli Indignados] oggi si è espresso anche nelle urne. Un’altra dimostrazione del fatto che molta gente non si rassegna e che c’è un’ampia base sociale per poter continuare a lavorare per un radicale cambiamento politico e sociale, che la faccia finita con gli sfratti, gli abusi delle banche, lo sfruttamento e la precarizzazione del lavoro, le violenze maschiliste, gli ostacoli alla libera autodeterminazione dei popoli, l’ecocidio...
Il Partido Popular resta il primo partito in voti ma con una grande perdita di seggi. È evidente che c’è una maggioranza sociale che lo rigetta, che non vuole che il partito di Bárcenas e Gürtel [due dei principali scandali in cui il PP è stato coinvolto] continui a governare. La corruzione e l’azione governativa a favore dei ricchi e contro la classe lavoratrice si paga. E questa è una buona notizia: dietro il cambiamento politico, dietro la nuova suddivisione del potere parlamentare, c’è una forte contestazione sociale.
Il Partido Socialista Obrero Español non sprofonda, e questa non è una buona notizia. Diminuisce in voti e seggi, ma la sua resistenza segnala anche i limiti del processo di cambiamento: senza mobilitazione è difficile continuare a erodere il PSOE. La sfida che dobbiamo affrontare è che la necessità di battere il PP non si traduca nella legittimazione del PSOE, una “sinistra” che persegue politiche neoliberali, che ha sempre governato a favore delle élites.
Il fenomeno Ciudadanos si è rivelato inferiore al previsto. Il suo quarto posto significa che la gente preferisce l’originale alla copia e che il centro, in un quadro di polarizzazione politica, ha serie difficoltà a espandersi. Il suo programma, un prodotto della FAES [Fundación para el Análisis y los Estudios Sociales, del PP, presieduta da Aznar] e dei laboratori neoliberali, non gli ha permesso di trasformarsi nell’alternativa al bipartitismo.
I nostri riferimenti elettorali, Podemos e le sue confluenze (En Marea, En Comú Podem, Compromis-Podem) si collocano al terzo posto, con un’importante numero di voti, raccogliendo il patrimonio accumulato dal 15 maggio e dal precedente ciclo di lotte, e dall’avversione sociale alla politica di austerità ai partiti della sinistra tradizionale. E va sottolineato che in Catalogna una schiacciante maggioranza dell’elettorato si è detta a favore del “diritto di decidere” [sull’indipendenza o meno].
Abbiamo dunque più di un motivo per festeggiare il risultato, ma è anche importante che a partire da ora guardiamo al domani, al di là del probabile balletto di patti e alleanze. La Troika ha chiesto che ci siano più tagli - chiunque sia al governo -, gli sfratti proseguono e il capitale mantiene intatto il suo potere: questa è la lotta che ci aspetta e per sostenerla dobbiamo rafforzarci alla base (con altri compagni e compagne, come quelli di Izquierda Unida-Unidad Popular). Le urne sono state chiuse, la lotta di classe continua.
L’instabilità istituzionale prodotta dalle elezioni apre nuove possibilità. Anche per tutti quelli di noi che hanno scommesso sul fatto che il cambiamento politico non si limiti a una nuova transizione ma si traduca in una rivoluzione democratica che renda possibile la libera decisione dei popoli e la partecipazione dei cittadini a tutte le decisioni: ciò che richiede di mettersi al lavoro per iniziare nuovi processi costituenti. Una rivoluzione democratica che metta in discussione l’attuale suddivisione della ricchezza, i rapporti economici e di proprietà, che assicuri la titolarità e il controllo pubblico democratico delle fonti di energia e della finanza. Una rivoluzione democratica che aspiri a costruire una società libera dall’oppressione e dallo sfruttamento.
Festeggiamo la vittoria elettorale preparandoci a continuare a lottare per la ruptura.
Continuamos el combate.
*Area politica interna a Podemos. Fonte: http://www.anticapitalistas.org/comunicados/comunicado-de-anticapitalist...
Traduzione di Cristiano Dan per il sito di Antonio Moscato: http://antoniomoscato.altervista.org/index.php?option=com_content&view=a...