Cercando un'altra Siria...

Tue, 23/05/2017 - 12:46
di
Fouad Roueiha

Big G e UNHCR, l'agenzia ONU per i rifugiati, si mettono insieme per "cercare la Siria": per spiegare come un paese “normale” sia finito nella spirale della guerra e delle distruzioni di questi anni.
A quel link trovate tante informazioni, assolutamente vere seppur incomplete, rispetto alla Siria, al fatto che solo pochi anni fa era in pace e le aspirazioni ed abitudini dei suoi abitanti non erano poi diverse da quelle nostre, a quanto le/i siriane/i siano mediamente colti, sulla Siria come meta turistica, sul terribile destino, cinico e baro, che ha costretto tante/i siriane/i alla fuga sopratutto nei paesi vicini, quanti bambinle/i siriane/i non abbiano più la possibilità di andare a scuola, e così via...

Tutto vero, verissimo, o quasi (sarebbe utile per esempio raccontare in che scuole andassero i bambinle/i siriane/i prima o cosa si nascondesse dietro la scintillante patina dei resort sul mare siriano... ma è un altra storia): quel che non emerge è che la guerra non è un evento accidentale indipendente dalla volontà di chi la combatte e la alimenta, non è una catastrofe naturale da accettare con fatalismo e senza ricercare responsabilità.
Le/i siriane/i non sono solo vittime di questa guerra ed oltre alla guerra ci sono rivendicazioni, una volontà politica espressa da una parte importante della popolazione. Le/i siriane/i sono sì coloro che subiscono la guerra, ma anche le/ii prime/i a combatterla, sono portatori di una causa, istanze, rivendicazioni, sogni.
Quasi tutte le informazioni fornite da questo video, cioè che le/i siriane/i sono esseri umani come gli altri e che la Siria era un paese come gli altri, dovrebbero essere scontate ma purtroppo viviamo in una società, quella del benessere (spesso definita come "occidentale"), che guarda al resto del mondo con paternalismo, come avesse a che fare con dei minus habens la cui aspirazione ad una vita migliore è comprensibile e fa quasi tenerezza, corrisponde ad un desiderio di "occidentalizzazione" dove "occidente" è sinonimo di "civiltà", "libertà", "sviluppo" e "progresso".
Non è ipotizzabile né immaginabile che questi popoli cerchino una propria via al progresso, magari trovandone una persino migliore di quella occidentale che ha messo il pianeta in ginocchio. Non è credibile che questi popoli scendano in piazza rivendicando i propri diritti senza la guida di un pastore, una eminenza grigia esterna, un leviatano...

L'eliminazione della dimensione politica nella rappresentazione delle/i siriane/i (o di qualunque altro popolo, sia chiaro) vuol dire deprivarli della loro dignità di popolo e di soggetto e ridurli a poter impersonare solo questi ruoli: la vittima, il carnefice (che sia terrorista o militare), l'eroe, lo "zio Tom", l'incivile ed ingenuo che necessita di un pastore illuminato che gli impedisca di nuocere a sé stesso e che ne curi gli interessi.
Noi siriane/i siamo molto, molto di più, come lo sono tutti i popoli.

Mi rendo conto che le organizzazioni umanitarie, sopratutto quando sono governative come l'UNHCR, debbano mantenere una posizione al di fuori dell'agone politico per poter svolgere il loro ruolo, ciò non toglie che iniziative come questa portino acqua al mulino di una rappresentazione stereotipata del popolo siriano. Una rappresentazione che risulta quasi consolatoria per chi, da questo lato del Mediterraneo, guarda quel che avviene attraverso uno schermo e si sente sì impotente, ma comunque "buono" perché empatizza e magari dona qualche euro per aiutare le vittime, poverine, senza però sentire il dovere della solidarietà o di condannare i responsabili di una tragedia che è un’opera umana e non una catastrofe naturale, un crimine e non un accidente.
Non c'è bisogno di interrogarsi se noi italiani o lo stato di cui siamo (almeno teoricamente) sovrani abbiamo un ruolo ed una responsabilità e siamo rinfrancati sul fatto che non dobbiamo sforzarci di capire qualcosa che è troppo complesso per esser capito dai non addetti ai lavori: in fin dei conti il più pulito ha la rogna, tanto vale mandare due pacchi di latte in polvere e qualche penna per i poveri bambini ed aspettare che i grandi cattivoni se la sbrighino da soli, sperando magari che qualche uomo forte riesca a riprendere il controllo della situazione impedendo così che qui in Europa arrivino rifugiati e/o terroristi.
Ed io mi incazzo, sputo veleno da questo mio piccolo pulpito e mi sento come il signore in figura, quello che lottava contro gli invincibili mulini a vento.