Brasil 2014: il Futbol Bailado gioca su un campo insanguinato

Thu, 29/05/2014 - 12:40
di
Sócrates

“Per quanto i tecnocrati lo programmino perfino nei minimi dettagli, per quanto i potenti lo manipolino, il calcio continua a voler essere l'arte dell'imprevisto. Dove meno te l'aspetti salta fuori l'impossibile, il nano impartisce una lezione al gigante, un nero allampanato e sbilenco fa diventare scemo l'atleta scolpito in Grecia”.

Eduardo Galeano, Splendori e miserie del gioco del calcio

La Coppa del Mondo l’avevamo lasciata quattro anni fa a Johannesburg, quando la nazionale olandese si era dovuta arrendere allo splendido gol dello strepitoso centrocampista del Barcellona Andrès Iniesta, che regalava alla Spagna il suo primo mondiale.

Oltre ad essere stato il primo mondiale vinto dalla Spagna, quell’edizione è stata anche la prima giocata in Africa, in particolare in Sud Africa, uno dei paesi appartenenti ai Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), ovvero ai nuovi stati emergenti che avrebbero dovuto trasportare l’economia mondiale al di fuori della crisi economica. Non è stato così per il Sud Africa, che nonostante i mondiali del 2010 e buoni tassi di crescita del PIL è ancor oggi teatro di una grande disuguaglianza sociale (e razziale) oltre ad essere scosso da ripetuti scioperi dei minatori, per lo più repressi nel sangue dalla polizia. Dopo il Sud Africa un altro paese Brics (non casualmente) si appresta a ricevere il mondiale.

Il Brasile che ospiterà la Coppa del Mondo però non è certamente il Sud Africa né dal punto di vista economico, né da quello del livello di mobilitazione sociale (né tantomeno da quello calcistico oserei dire). Il gigante carioca infatti è effettivamente una delle più grandi economie al mondo, che da 10 anni cresce a ritmi molto elevati ed è ormai diventata una potenza regionale. Un’economia che però negli ultimi due anni sta accusando qualche battuta d’arresto, sia perché c’è un forte attacco speculativo verso le monete dei Brics, sia perché il principale mercato di sbocco delle merci brasiliane, ovvero tutta la regione sud americana, sta subendo la concorrenza cinese che sta aumentando in maniera esponenziale i propri investimenti in America Latina e nello stesso Brasile. Inoltre le famose politiche assistenziali dei due governi Lula (il noto programma fame zero) proseguite da Dilma Russef hanno avuto (pochi) effetti redistributivi limitati ai primi 4 anni (2002 – 2006) e soprattutto sono ormai di fatto saturi, avrebbero cioè bisogno, per essere realmente efficaci e redistributivi, di intaccare quegli interessi fondamentali dell’alta borghesia brasiliana, ovvero la coltivazione di soia transgenica e l’industria immobiliare.

Questo è il contesto economico in cui si inserirà il mondiale 2014, una rassegna che secondo il governo avrebbe dovuto far entrare ufficialmente il Brasile nei “grandi” dell’economia mondiale. Al momento però quello che si sta vedendo è un aumento vertiginoso della speculazione edilizia e della costruzione di grandi opere inutili, con milioni di dollari investiti anche dal Governo Russef. Da oltre un anno inoltre i prezzi dei servizi pubblici, ma anche degli alimenti di base, sono in costante aumento a fronte di salari costanti e mediamente bassi. Un fenomeno che è inevitabilmente legato all’avvicinarsi dei mondiali.

Proprio l’aumento dei biglietti del trasporto pubblico (uno dei servizi tra i peggiori al mondo) è stato il fattore scatenante delle prime proteste contro i campionati del mondo, a cui sono seguite le manifestazioni degli insegnanti, non direttamente legate alla speculazione connessa alla rassegna calcistica, ma che hanno solidarizzato immediatamente con gli altri manifestanti. La protesta inoltre si estendeva ad altre tematiche più generali in cui la rabbia per i mostruosi investimenti pubblici effettuati per costruire infrastrutture inutili, si univa alla richiesta di spostare questi fondi per migliorare i servizi essenziali come l’istruzione od il trasporto pubblico.

Fino agli ultimi mesi però le proteste erano rimaste interne alla classe media, che vedeva depauperare i propri guadagni a causa dell’inflazione, dei salari bloccati e del peggioramento dei servizi. Il conto alla rovescia verso il 12 Giugno ha però fatto irrompere sulla scena altri attori: i favelados (gli abitanti delle favelas). Più di 200.000 persone infatti sono state violentemente sgomberate dalle loro case (o meglio baracche) per far posto a un nuovo stadio o ad un nuovo centro commerciale, senza fornirgli alcuna soluzione alternativa. Le proteste dunque hanno iniziato a coinvolgere il Movimiento Sin Techo (Movimento dei Senza Tetto) rafforzato da migliaia di abitanti delle Favelas disposti a tutto pur di riprendersi le proprie abitazioni.

Quest’ultimo elemento è una novità nel panorama politico brasiliano, i favelados infatti raramente si sono sommati alle proteste della classe media, rimanendo sempre ai margini delle mobilitazioni sociali proprio a causa di questo loro status di ultimi tra gli ultimi, di disoccupati perenni, non inquadrabili in nessuna categoria di lavoratori. Una caratteristica tipica dei settori più emarginati dell’America Latina che però, una volta scesi in strada, hanno una potenzialità conflittuale devastante considerando anche il fatto che nella sola Rio de Janeiro gli abitanti delle favelas sono 2 milioni su 12 milioni di cittadini di Rio.

Proprio in virtù di tutto ciò la repressione è stata tremenda, la polizia militare brasiliana non ha avuto nessun problema ad usare le armi da fuoco per reprimere queste manifestazioni, utilizzando dei metodi repressivi appresi direttamente dalle agenzie statunitensi di contractors (è noto infatti che l’agenzia USA Academi, ex BlackWater, che ha addestrato migliaia di mercenari nord americani mandati in Iraq ed Afghanistan, è stata ingaggiata dal governo brasiliano per “allenare” la polizia in vista dei mondiali di calcio).

Purtroppo non è certamente la prima volta che i mondiali vengono utilizzati per fini economici o politici, tra i casi più eclatanti ricordiamo quelli del 1962 in Cile e del 1978 in Argentina, rassegne ad uso e consumo delle dittature locali dell’epoca, ma anche la stessa Italia ’90 in cui furono evidenti i legami con tutto il sistema di tangentopoli.

Con questo articolo non vogliamo certo mettere in discussione il fascino inequivocabile dei campionati del mondo, spesso però il calcio e lo sport in generale viene alienato dal suo vero significato, del suo valore in quanto gioco tra i più belli del mondo ed anche dal suo potenziale conflittuale in quanto sport realmente popolare e giocato dalle classi sociali subalterne.

Da questo punto di vista preferiamo chiudere l’articolo con le parole di un calciatore brasiliano degli anni 80, forse consapevole più di altri del possibile ruolo detonatore di questo sport:

“Il calcio per me è come camminare: da solo, svincolato da un contesto sociale, non è nulla. Quando vai a piedi, non fai niente di speciale: se però a piedi vai sotto al Parlamento a far valere le tue idee, cambia tutto. Così il calcio: se diventa un veicolo per educare la gente, allora è un mezzo formidabile”

Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, detto Sócrates (Belém, 19 febbraio 1954 – San Paolo, 4 dicembre 2011). Capitano della Nazionale brasiliana ai mondiali del 1982 e del 1986.