Auto-organizzazione nella Siria rivoluzionaria.

Mon, 22/08/2016 - 11:41
di
Mark Boothroyd

Mentre continua l'assedio di Aleppo e la guerra del regime di Assad contro la popolazione siriana (con il contributo determinante dell'aviazione russa e delle forze speciali iraniane) e le altre guerre dei vari signori della guerra appoggiati ora da una potenza regionale ora dall'altra, ci sembra utile questo articolo che riprende le fila della rivoluzione siriana, del suo carattere democratico e non settario. Elementi non ancora scomparsi e che si ripropongono in tante città a villaggi siriani, dove ancora esistono esempi di autorganizzazione e di mobilitazione popolare dal basso. Malgrado il regime e i troppi avvoltoi che aspettano solamente la definitiva sconfitta di ogni speranza democratica per affermare la propria logica di morte (redaz.)

Oltre la viscida brutalità della guerra civile in Siria e dietro ai titoli giornalistici che la descrivono, esistono grandi esempi di auto-organizzazione, una storia che rimane sconosciuta all’Occidente. Sono proprio queste forme di auto-organizzazione, e non gli aiuti turchi o sauditi, che hanno permesso alla rivolta di essere sostenuta per sei lunghi anni, attraverso la guerra e la brutale repressione.
Le prime forme di auto-organizzazione all’interno della rivolta sono state le tanseeqiyat, commissioni di coordinamento con sede in ogni quartiere o cittadina, formate da gruppi di amici e attivisti, aventi lo scopo di condurre le loro comunità a proteste e a manifestazioni.
Con il proseguire della rivoluzione, le tanseeqiyat venivano sostituite dai Comitati di Coordinamento Locale (LCCs), politicamente ancora più aperti. Questi erano commissioni di attivisti, eletti o nominati per ciascuna area, con il compito di coordinarsi su tutto il paese; erano anti-settari, contrari agli interventi esterni, per una rivolta non violenta contro la dittatura, con lo scopo di formare uno stato civile e democratico.

I Comitati di Coordinamento Locale hanno organizzato proteste, pubblicizzato film in cui si facevano resoconti della rivoluzione, coordinato giornate di azione e, quando la repressione si fece più aspra, furono loro a provvedere agli aiuti umanitari destinati ai distretti e ai quartieri in rivolta.
Hanno cercato di dirigere la massicce proteste verso il rovesciamento non violento del regime.
Quando il conflitto divenne esponenzialmente militarizzato, molto del lavoro dei LCCs è cambiato passando dall’organizzazione e dalla pubblicizzazione delle proteste al rifornimento di aiuti per le comunità attaccate dal regime. Gli attivisti organizzarono la distribuzione di cibo e medicine nei sobborghi presi nella stretta repressiva, supportarono i detenuti trattenuti nelle prigioni del regime e cercarono di mostrare gli abusi del regime stesso e del numero crescente di fazioni ribelli che non rispondevano a nessuno.

La mancanza di solidarietà verso questi soggetti democratici di base ha intralciato massicciamente il loro lavoro; avendo a disposizione pochi fondi e poche risorse e di fronte alla crescente militarizzazione della rivoluzione, non solo questi corpi democratici hanno perso supporto ma sono stati anche costretti ad assistere alla frammentazione e alla defezione verso organizzazioni che supportavano la lotta armata come la Commissione Generale della Rivoluzione Siriana, o rifornivamo meglio milizie ribelli che potessero fornire un maggiore aiuto e protezione alle comunità sotto attacco.
Tra i gruppi di opposizione siriana i LCCs hanno ricevuto minori fondi e sostegno per aver scelto una forma di lotta non violenta, per aver rifiutato di partecipare ai gruppi armati, e per la loro mancanza di affiliazione religiosa.

La violenza brutale e settaria del regime ha comunque annientato il loro messaggio di rivolta non violenta.
Non appena il regime ha rinchiuso e torturato a morte decine di migliaia di manifestanti pacifici, non appena l’esercito siriano ha cominciato a condurre stupri di massa nei distretti ribelli – e a imprigionare migliaia di donne e ragazze per poterle abusare di nuovo -, non appena le bombe hanno cominciato a cadere indiscriminatamente sulle città e sui paesi liberati, sempre più persone hanno deciso di imbracciare le armi piuttosto che proseguire sulla via delle manifestazioni pacifiche, viste come solo strumento per rimuovere il regime.
In compenso questo ha legittimato il regime ad aumentare la violenza; e il conflitto è caduto da allora in una spirale, cosa che il regime stesso aveva sempre voluto, sin dal principio. Gli abusi sui manifestanti pacifici erano compiuti solo per provocare, per ottenere una reazione; questa era la logica brutale dietro alle pratiche del regime, queste le intenzioni dietro al rispedire i corpi dei torturati ai loro cari. Molte dittature fanno semplicemente scomparire le vittime, è meglio non traumatizzare troppo la popolazione. Il regime, invece, fece l’opposto consegnando i corpi sfigurati e mutilati alle famiglie così che le atrocità subite fossero chiaramente visibili; tutto fatto per far inferocire la popolazione e condurla alla rivolta armata.

Molti attivisti sono rimasti fedeli al principio della non violenza e della lotta per uno stato democratico e civile. Il Movimento Non Violento Siriano ha continuato a coordinare proteste pacifiche, festival e altre forme non violente di attivismo in tutto il paese, per quanto specialmente nelle aree protette dai gruppi armati. Queste azioni volevano in genere sfidare il regime ma hanno anche organizzato manifestazioni contro il settarismo e contro gli abusi condotti dai gruppi armati.
L'Ong Dawlaty ha prodotto un libretto intitolato “Il Movimento Non Violento Siriano, prospettive dal basso”, documentando le esperienze del MNVS. Il Centro di Documentazione delle Violazioni e la Rete Syriana dei Diritti Umani hanno raccolto informazioni sugli abusi sia da parte del regime siriano sia da parte dei gruppi armati. La responsabile del Centro di Documentazione, Razan Zaitouneh, è stata rapita nei territori liberati dell’est Ghouta, nella regione di Damasco, assieme a tre dei suoi compagni nel dicembre 2013. La fazione ribelle, Jaysh al-Islam, che controlla l’est Ghouta è ritenuta la responsabile della sua sparizione.

Nonostante questi abusi la società civile e le sue organizzazioni hanno resistito e sono cresciute nelle aree liberate. Comitati locali venivano costituiti nelle città e nei paesi liberati in Siria con lo scopo di organizzare l'amministrazione civile, fornire aiuti, cercare di costruire una nuova società democratica. I comitati locali furono una innovazione dell’anarchico siriano Omar Aziz, che ne teorizzò la necessità come risposta alla completa assenza di una società civile nella Siria pre-rivoluzionaria, al continuo dominio del regime nella vita di tutti i giorni, al bisogno di organizzazione che rafforzasse una rivoluzione civile oltre che politica. Nel suo “Documento di dibattito sui Comitati Locali in Siria”, pubblicato nel novembre 2011, Aziz scrive:

“Ad ogni modo, il movimento rivoluzionario rimane estraneo alle attività umane giornaliere ed è incapace di relazionarsi alla vita di tutti i giorni. Nonostante l'attività pubblica sia gestita come lo era in passato, ci sono divisioni “del lavoro giornaliero” tra attività quotidiane e attività rivoluzionarie. Questo significa che le formazioni sociali in Siria vivono in due tempi sovrapposti: il tempo del potere, in cui il regime gestisce le attività di tutti i giorni, e il tempo della rivoluzione, in cui gli attivisti lavorano giornalmente per ribaltare il regime. Il rischio sta non nella sovrapposizione dei due periodi, quella è la natura della rivoluzione, ma, piuttosto, nell’assenza di correlazione tra la sfera della vita quotidiana e della rivoluzione stessa. Quindi, il timore del movimento in questo momento consiste in quanto segue: che le persone comincino ad essere annoiate della continuità della rivoluzione e della sua interruzione della vita quotidiana; oppure, al contrario, che le persone facciano ricorso alle armi pesanti, facendo sì che la rivoluzione diventi ostaggio del fucile.

Perciò, lo sforzo che bisogna fare, per rendere indipendenti le proprie organizzazioni dall'autorità e separare “il periodo di potere e il periodo di rivoluzione”, è il tentativo nel quale la rivoluzione può creare un'atmosfera di vittoria. Dobbiamo ricordarci che i mesi passati sono stati ricchi di iniziative nella gestione delle emergenze mediche e legali e che ora, dobbiamo urgentemente arricchire queste iniziative includendo altri aspetti della nostra vita. La combinazione tra la rivoluzione e la vita è un prerequisito per la loro continuazione e per la vittoria. Questa richiede una struttura socialmente flessibile che sia basata sulla collaborazione tra la rivoluzione e la vita quotidiana. Questa forma di struttura può essere chiamata Comitato Locale.

Scopo di questa struttura – e quanto si può trovare in questo documento - è la ricerca di flessibilità nella formazione dei comitati, la ricerca di membri di diverse culture che appartengano a differenti divisioni sociali, e che lavorino assieme cercando di:
- supportare le persone nel gestire le loro vite indipendentemente dalle istituzioni o dallo agenzie di stato;
- formare uno spazio di espressione collettiva che supporti le collaborazioni tra gli individui, promuovendo attività giornaliere e politiche.
- iniziare attività di rivoluzione sociale a livello distrettuale e unificarle in una cornice comune”.

Aziz ha pagato la sua opposizione al regime con la vita, venendo arrestato dal regime nel novembre 2012 e morendo di infarto nella prigione di Adra nel febbraio 2013. La sua eredità è continuata nelle organizzazioni di base che hanno sostenuto la rivoluzione fino ai giorni nostri.

Esistono oggi oltre 400 comitati locali in tutte le aree della Siria liberata e assieme ad essi c’è una pletora di altre organizzazioni della società civile; centri delle donne, stazioni radio, unioni di giornalisti e molte altre.
E mentre continuano ad esistere conflitti con i gruppi armati, tutti sono spinti a rispettare l'autorità del comitato locale, dal momento che questa è emersa dalla rivoluzione al loro fianco e dal momento che hanno il sostegno delle comunità locali da cui i gruppi armati prendono i loro combattenti.
L’esistenza di questi comitati locali non è un segreto, molti hanno siti internet e pagine Facebook come ad esempio quella del Comitato Locale di Aleppo. Queste vengono utilizzate per postare il loro budget, minute dei loro incontri e report dei loro lavori, dal riparare le linee telefoniche, al pulire le strade, dall’ aggiustare le tubature dell’acqua, ai corsi femminili di empowerment, dall’ aumento dei controlli sui prezzi, alla distribuzione del pane. Il mondo esterno ignora ampiamente la loro esistenza a causa del successo della narrazione controrivoluzionaria del regime e al completo abbandono della rivolta da parte delle forze progressiste di tutto il mondo.

Nonostante questo abbandono, queste repubbliche di villaggio resistono e rimangono una luce nell’oscurità della Siria. La loro persistenza spiega la longevità della rivolta, facilitando le comunità a mantenersi nel caos.
Questo spiega anche la continua violenza del regime. Fino a quando esisteranno questi comitati democratici di base il regime deve cercare di spazzarli via. Gli esempi di un sistema democratico in Siria sono la principale minaccia per il regime perché mostrano un futuro di speranza, non settario, progressista, libero dalla tirannia del regime, un sistema che può rappresentare un appello anche verso quelle comunità che rimangono fedeli al regime.

Rivoluzione Culturale
La rivolta ha fomentato anche una massiccia rivoluzione culturale. Una volta che i siriani hanno rotto il regime di paura che aveva fatto guadagnare alla Siria il nomignolo di “Regno del Silenzio”, si è verificata la diffusione di una cultura ribelle.
Esemplificata nelle canzoni e nei canti di protesta delle manifestazioni, questa rinascita della società civile è stata ben visibile ovunque. Gli attivisti hanno prodotto poster e graffiti per comunicare il loro messaggio nelle zone sotto controllo del regime. Radio di opposizione e stazioni televisive sono state costituite in Turchia, trasmettendo verso la Siria. Mentre la maggior parte del paese veniva liberato, le città costituivano le loro stazioni radio. Gli attivisti della società civile hanno tenuto discussioni sulla rivoluzione francese, sui diritti delle donne, sulla tolleranza religiosa e cercato di rafforzare la cultura del dibattito e della libertà di pensiero necessaria per la costruzione di una società democratica. Sono stati organizzati gruppi teatrali e sono state fatte rappresentazioni sceniche sulla rivoluzione, commedie satiriche organizzate dai rifugiati e nella zona di Aleppo liberata dal regime è stata girata una soap opera con attori bambini. (NdR: il bambino protagonista di questa soap è rimasto ucciso in un bombardamento mentre cercava di uscire dall'assedio della città).

E questi sono solo alcuni esempi del grande risveglio culturale che ha portato con sé la rivoluzione. Molti altri sono reperibili sul sito “Memoria creativa della rivoluzione siriana”. Anche nelle ore più buie i ribelli e i rivoluzionari hanno prodotto film e video per sottolineare la loro lotta.
Quando sono stati assediati i quartieri di Homs a cavallo tra il 2014 e il 2015, i ribelli assediati hanno prodotto un video satirico chiamato “Official Statement” che metteva in luce la loro situazione e criticava aspramente chi li aveva abbandonati.
L’ultima scena di Official Statement mostra solo il leader del battaglione e un altro guerriero, solo, dalla testa avvolta in una benda bianca, troppo debole per sollevare il fucile dal fianco. “Annunciamo che non annunceremo più niente dopo quest’oggi perché non abbiamo più benzina e non possiamo quindi caricare nuovi annunci” dice il leader. “Tutto ciò che ci rimane è la nostra resistenza. Tutto quello che ci avete lasciato sono le vostre promesse e i vostri tradimenti. La storia è nostra testimone”.

Nel distretto di Al-Waer, l’ultima area ribelle controllata ad Homs e dimora di 100.000 sfollati, una assemblea civile organizza aiuti umanitari, pratica la risoluzione dei conflitti e provvede alle attività culturali ed educative cercando di sostenere la vita nel quartiere assediato.
A Daraya, periferia di Damasco, che dal 2012 ospita 8000 persone, gli attivisti hanno costruito una biblioteca clandestina in cui i civili e i combattenti possono ritirarsi a leggere mettendosi al riparo dalla guerra.
Un lottatore di Muay Thai ha aperto un club per sportivi nella città assediata per dare ai residenti un modo di spendere il proprio tempo e di alleviare la pressione e lo stress del blocco.

Tutti questi sforzi sono però a rischio a causa degli attacchi di Russia e Iran. Questa è l’ennesima testimonianza della volontà di combattere dei siriani e della loro tenacia e di quanto la loro lotta sia tra la vita e la morte. Ma, più a lungo continuerà la guerra, più forti cresceranno le fazioni islamiste radicali e più grande sarà la sofferenza della popolazione civile, che dovrà sopportare evacuazioni, fame e morte.
Per assicurarci che le persone in Siria abbiano un qualche futuro, tutti gli attivisti socialisti e progressisti dovrebbero dedicare tempo alla solidarietà verso le organizzazioni democratiche della rivolta siriana. Se queste verranno estinte dalle barbarie di Assad o da quelle compiute dall’ISIS, allora il futuro non solo dei siriani ma delle persone di tutta la regione sarà buio.

da http://www.socialistproject.org/issues/august-2016/self-organisation-syrian-revolution/
Traduzione di Laura Fontanella