Argentina. Le imprese recuperate messe alla corda

Tue, 07/06/2016 - 16:44
di
Javier Lewkowicz

In Argentina dopo poco più di sette mesi dall'elezione del governo neoliberista di Mauricio Macri la situazione economica, sociale e politica sta ormai precipitando. Inflazione alle stelle, licenziamenti cospicui nel settore pubblico, ritorno delle privatizzazioni e inaugurazione di due nuove basi militari USA, una in Patagonia ed una nel nord del Paese, forniscono un quadro sufficientemente allarmante. Anche le imprese recuperate (ERT) sono sotto attacco, per resistere dovranno ritrovare l'unità e la radicalità in parte persa durante gli anni del Kirchnerismo, in questo articolo presentiamo un quadro esaustivo della situazione in cui si trovano le ERT.
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Le imprese recuperate che danno lavoro a più di 15mila persone stanno facendo fronte ad aumenti tariffari che arrivano fino all’800%, tanto da metterne in discussione la sopravvivenza. Pagina/12 ha avuto accesso ad aggiornati dati di settore e presenta alcuni casi concreti di cooperative che soffrono tali aumenti in un contesto di crollo delle vendite, aumento del costo del credito e delle materie prime e crescita delle importazioni. Molte imprese per correre ai ripari hanno richiesto l’accesso alla tariffa sociale, ma il Governo nega tale possibilità. Fino ad oggi il "macrismo", dopo che il movimento delle imprese recuperate aveva praticamente occupato la Segreteria dell’Energia, si è limitato a concedere che le imprese iscritte in uno specifico registro nazionale paghino il 50% della bolletta mentre la segreteria del ministro Aranguren si è presa 90 giorni per valutare la situazione.

Secondo il Centro di Documentazione delle Imprese Recuperate – che funziona all’interno del programma Facoltà Aperta, nella facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università di Buenos Aires – nel Paese ci sono 362 imprese recuperate, le quali danno lavoro a 15.321 lavoratori. L’ultimo dossier è aggiornato al mese scorso e ancora non è stato pubblicato. Il precedente riportava i dati fino a dicembre 2013. Da allora sono state recuperate altre 41 imprese autogestite dai lavoratori. Del totale delle imprese e dei lavoratori, poco più della metà si trova in Gran Buenos Aires (114) e nella Città di Bueno Aires (71).

La maggioranza delle imprese sono metallurgiche (70), quindi ci sono quelle alimentari (49), grafiche (39), tessili (28), di gastronomia (25), di carne (25) e quelle di costruzioni (18), seguite da quelle nel settore della salute, del legno e dei serramenti, educazione, chimica, mezzi di informazione, trasporti, industria del cuoio, del vetro, commercio, combustibili e quelle del settore alberghiero.

“In questi mesi di governo di Mauricio Macri, le ripercussioni più evidenti per le imprese recuperate sono dovute all'aumento del costo delle materie prime, al drastico calo dei consumi, all'apertura alle importazioni, e alla svalutazione, che ha prodotto un aumento dei prezzi delle materie prime d'importazione che ha causato un effetto traino sulle materie prime nazionali, in particolar modo si pensi agli enormi aumenti tariffari di energia elettrica e gas”. Così ha dichiarato a Pagina/12 Andrés Ruggeri, direttore del programma Facoltà Aperta, da cui dipende il Centro di Documentazione, che aggiunge: “ciò che ha veramente prodotto la reazione dei lavoratori è stato l'aumento delle tariffe”.

Diversi esempi contenuti nell'ultima relazione del Centro di Documentazione rafforzano tale argomentazione. A Buenos Aires l'impresa grafica recuperata Chilavert ha subito un aumento dell'energia elettrica da 3mila a 15mila pesos tra una bolletta e l'altra, un aumento del 400%. Mentre il ristorante Alé Alé ha visto un aumento da 7.500 a 22mila pesos (193%). La tariffa per l'Hotel Bauen è aumentata da 24mila a 100mila pesos (317%) e per la pizzeria La Casona l'aumento è stato da 8mila a 42mila pesos (425%).

Nella provincia di Buenos Aires la fabbrica metalmeccanica 19 de Diciembre è passata da 6mila a 24mila pesos (300%), la grafica Madygraf de Pilar da 38mila a 230mila pesos (500%); la fabbrica di congelati Subpga, da 100mila a 850mila pesos (750%), nel Neuquén la fabbrica di ceramiche Fasinpat è passata da 360mila pesos a 1.600.000 pesos per quanto riguarda l'elettricità (344%). A Tandil l'impresa metalmeccanica Ronicevi, che ha 42 soci che hanno recuperato la fabbrica quattro anni fa, ha subito un aumento nella fatturazione della luce da 32.565 pesos nel dicembre 2015 a 62.166 pesos nell'aprile di quest'anno.

Un altro esempio riguarda la grafica Idelgraff, che si trova a Munro, recuperata nel 2008 e trasformatasi in cooperativa nel 2009. I 12 operai grafici hanno mantenuto aperta l'impresa ma l'aumento delle tariffe ha posto sotto scacco il bilancio: la bolletta de Edenor è passata dai 1.998 pesos del 15 gennaio ai 3.061 del 16 febbraio, per arrivare agli 8.794 pesos del 15 aprile (vedi foto), in un contesto di crollo delle vendite.

Gisela Bustos, avvocata che difende le imprese recuperate, ha presentato due ricorsi collettivi per sei imprese di San Martìn e sette fabbriche della Città di Buenos Aires. “Abbiamo avanzato reclami anche al Ministero dell'Energia e stiamo facendo girare una petizione. La situazione è gravissima. In qualche caso si sono verificati aumenti del 900%. Mentre la giustizia tarda, le imprese rischiano di chiudere. La soluzione è che le imprese recuperate abbiano diritto ad una tariffa sociale. È ciò che sarebbe giusto, in quanto sono enti senza fine di lucro, che inoltre svolgono altre funzioni come ad esempio organizzare biblioteche o scuole popolari. La tariffa sociale prevede che la persona non abbia entrate superiori ai 12mila pesos e tale requisito corrisponde perfettamente alla nostra situazione, perché i lavoratori delle imprese recuperate non si avvicinano neanche lontanamente a questa somma. Ciò che spetta è la tariffa sociale, ma il Governo pone mille ostacoli e cavilli”, spiega la Bustos a Pagina/12.

“Per il settore delle imprese recuperate la contrazione del mercato unitamente all'aumento delle tariffe, oltre ad un evidente cambiamento nei rapporti con lo Stato, ha provocato una situazione di forte difficoltà che ne impedisce la crescita e ne complica la posizione all'interno del mercato come alternativa al capitalismo e all'economia dominante”, afferma Santiago Luis Hernández, vicepresidente dell'Istituto di Promozione dell'Economia Solidale (IPES) della provincia di Buenos Aires.

La situazione è fortemente compromessa sia per le imprese recuperate di medie dimensioni che sono già stabilizzate nel mercato, che per le piccole e medie imprese. Una delle aziende più importanti del settore, la fabbrica di trattori Pauny, di Las Varillas, Cordoba, ha visto crescere la fatturazione della luce da 820 mila pesos a 1.800.000 pesos, una ricaduta sul prezzo finale del prodotto pari al 9%.

“Inoltre, a causa della svalutazione, è cresciuto il prezzo del ferro e dei laminati, ma non possiamo far ricadere tale aumento sui prezzi, altrimenti veniamo tagliati fuori dal mercato. Ciò si è tradotto nella perdita dei rendimenti e nell'impossibilità degli investimenti poiché il canale del credito, con i tassi attuali, è diventato proibitivo”, precisa l'impresa, che dà lavoro a 650 persone.

Antonia è socia della Cooperativa 10 Novembre, di Lomas del Mirador, Matanza. È una filanda recuperata dai lavoratori nel 2007, quando l'impresa, nonostante il molto lavoro che aveva, chiuse per un problema tra i soci. “Lavoriamo su commissione, il cliente mette la materia prima e noi la manodopera. Pagavamo 7.500 pesos di luce, ma a marzo è arrivata una bolletta da 15mila, poi da 35mila, 37mila e l'ultima è stata di 45mila pesos, con lo stesso consumo o addirittura qualcosa meno. Andavamo bene, tanto che ultimamente avevamo assunto anche due ragazzi, ma questi aumenti ci hanno ucciso, non possiamo assumere nessuno perché tutti i soldi se ne vanno per le bollette. Siamo 18 famiglie e se continuiamo così finiremo per dover licenziare qualcuno”. Antonia e le altre socie guadagnavano 1.600 pesos alla settimana, a seguito dell'aumento delle tariffe hanno abbassato il loro stipendi a 1.400 pesos settimanali, a prescindere dall'inflazione.

Cueroflex è formata da 80 lavoratori che lavorano il cuoio riciclato. Le vendite ai calzolai ed ai fabbricanti di cinture è scesa tra il 30 e 40%. In tale contesto la bolletta è passata dai 59.452 pesos del 4 febbraio ai 321.757 del 5 maggio, pari al 441% in più. “Se noi potessimo trasferire questi costi sui prezzi, la situazione sarebbe gestibile. Ma non ci sono margini per poterlo fare, visto il precipitare delle vendite. Diminuisce il lavoro e automaticamente diminuisce lo stipendio. Se la situazione va avanti così, finiamo tutti per strada. Paghiamo la luce dividendola tra tutti noi, ma non possiamo caricare le persone più di così”, racconta Jorge a Pagina/12. La fabbrica si trova a San Martin ed è stata recuperata dai suoi operai quattro anni fa.

L'impresa tessile recuperata Acetato Argentino, che dà lavoro a 80 persone a Quilmes, si trova di fronte ad una caduta delle vendite del 60%, dovuta alla diminuzione del mercato interno e all'apertura delle importazioni che hanno portato molte marche a preferire i tessuti importati. Di conseguenza il consumo elettrico è passato dai 117.840 kw di aprile 2015 ai solo 46.560 kw di aprile 2016. Ciononostante, la fattura di Edesur è passata da 33.619 a 110.522 pesos.

“Le tariffe sono parte di un problema più grande. C'è una diminuzione della produzione, un aumento dei tassi di interesse e del prezzo delle materie prime e dei servizi. Il panorama è molto più complesso”, spiega a questo giornale Josè Abelli, referente del movimento di imprese recuperate e attualmente membro di Autogestione, Cooperativismo e Lavoro (Actra).

Un ulteriore esempio lo fornisce la recuperata Cristalería Vitrofin, che dà lavoro a 90 lavoratori e si trova a Cañada de Gómez, provincia di Santa Fe. Il suo principale consumo è il gas che incide per il 38% sui costi, poiché vengono utilizzati forni ad altissima temperatura. La produzione è scesa di oltre il 35% ma la bolletta è salita da 70mila a 280mila pesos. “La prospettiva è la chiusura. Non si può scaricare in nessun modo l'aumento di questi costi sul prezzo finale del prodotto. Inoltre sta entrando in Argentina il cristallo dalla Cecoslovacchia e dalla Russia a prezzi da dumping”, spiega Abelli, che menziona anche il caso della fabbrica di pasta fresca e empanadas Mil Hojas, che dà lavoro a 90 persone. “Un chilo di farina è aumentato da 2,20 a 3,90 pesos, la produzione è scesa del 35% e la fatturazione della luce è aumentata da 50mila a 150mila pesos”. Abelli cita anche la siutazione di Pauny e della recuperata La Cabaña, un'industira di burro e creme con 46 lavoratori, situata a Rosario, a cui l'affitto è aumentato da 90mila a 170mila pesos e la fattura della luce da 40mila a 120mila pesos. “Sono imprese che non ricevono nessun tipo di sussidio statale e che sono totalmente nelle mani dei lavoratori”, precisa Abelli.

C'è anche il caso della Cooperativa Tessile Pigüé, fabbrica recuperata dai lavoratori dell'ex Gatic, che è passata dal pagare 29mila pesos mensili a Camuzzi Gas Pampeana per arrivare a 202mila pesos: un aumento del 600%. Hanno 150 associati direttamente ma anche lavoratori vincolati ed impiegati indirettamente nella fabbrica.

“Non so se questo è l'effettivo valore del gas. Il punto è che da un mese all'altro l'aumento è stato brutale, in un contesto economico negativo, dal momento che stiamo producendo il 25/30% in meno di tela rispetto a dicembre, visto che la domanda si è molto raffreddata”, spiega a Pagina/12 Marcos Santicchia, presidente della cooperativa.

La cooperativa El Palmar, a Laferrere, venne recuperata nel 2001 e fabbrica mattoni vuoti per le costruzioni. “A febbraio iniziammo a notare una caduta delle vendite del 30% unitamente al forte aumento dei costi, poiché usiamo molto gasolio, liquidi idraulici e oli. In questo contesto, l'aumento delle tariffe ci ha condotto ad una situazione quasi insostenibile. Pagavamo 40mila pesos al mese, poi 350mila, poi siamo arrivati a 370mila pesos. La situazione è disperante visto che ciò ha portato ad una immediata diminuzione dei salari dei soci”, spiega uno di loro, Alberto Fernández, a questo giornale.

La Fonderia La Matanza, impresa recuperata nel 2002 con 70 soci, ha aumentato la sua spesa di energia elettrica da circa 25mila a 80mila pesos, mentre la spesa per il gas è salita da 30mila a 130mila pesos. “Come facciamo a resistere? Se ha lavoro ce la puoi fare, ma se ti manca è molto difficile”, dice un membro della cooperativa.

Un altro caso conosciuto è quello dei Congelati Bragato, impresa recuperata nel 2006. “Di elettricità pagavamo tra i 28 e i 30mila pesos al mese e ora siamo arrivati a 70mila. Di acqua pagavamo tra i 18 e i 19mila e ora siamo a 50mila pesos. La situazione sta diventando insostenibile”, spiega Carlos Alietti, presidente della Cooperativa.
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Traduzione di Marco Pettenella dal sito http://www.pagina12.com.ar/diario/economia/2-300542-2016-05-30.html