Argentina: il popolo Mapuche contro Benetton “La resistenza non è terrorismo”

Tue, 17/01/2017 - 10:21

Ancora una volta, gli abitanti dei Lof (comunità) in Resistenza del Dipartimento Cushamen, nella provincia di Chubut (Argentina), sono stati sgomberati dalla Polizia Nazionale che ha militarizzato con circa 200 agenti la comunità Pu Lof del popolo Mapuche nella Patagonia argentina, per tentare di sgomberare le famiglie che abitano lì da quando hanno recuperato le proprie terre nel 2015.
Duecento agenti in tenuta da guerra, hanno incarcerato e colpito gli uomini, trascinato per terra e immobilizzato donne, bambini e bambine della piccola comunità mapuche di Cushamen, che era stata circondata dalle forze dell’ordine per un raggio di svariati kilometri, affinchè nessuno potesse avvicinarsi.
In seguito a questa aggressione avvenuta il 10 gennaio, due abitanti della comunità mapuche Pu Lof in resistenza sono ancora ricoverati in grave stato per via della brutale repressione. Secondo i testimoni dell’azione violenta della polizia provinciale, gli agenti si sono presentati nella comunità di notte, senza alcun ordine giudiziario, e hanno cominciato a sparare a salve. Sette abitanti sono ancora detenuti dal giorno del primo processo, martedì scorso.

Il problema ha origine anni fa. Una abitante della comunità in resistenza riporta: “ci sono documenti storici che provano che qui vivevano i nostri popoli prima della Conquista del Deserto, quanto le terre vennero consegnate agli inglesi. Nel 1994 Carlos Menem la vendette a Benetton per molto poco denaro”, perciò ora dicono che “appartengono” a una delle estancias della Compagnia delle Terre del Sud Argentino, che dagli anni 90 è in mano all’impresario italiano Luciano Benetton, che possiede quasi un milione di ettari nella Patagonia argentina.
Il conflitto di Benetton con il Popolo Mapuche non è cosa nuova. Nel 2007, la comunità Santa Rosa Leleque decise di recuperare il proprio terreno ancestrale e per anni dovette affrontare continui e violenti tentativi di sgombero, finché nel 2014 l’Istituto Nazionale per le Questioni Indigene ha riconosciuto il suo diritto sul territorio in nome della Legge 26.160 di rilevamento territoriale.
Il 13 Marzo 2015, varie famiglie della zona effettuarono un’altra riappropriazione di terre vendute a Benetton da parte del governo di Sául Menem, sostenendo che sono territorio ancestrale del Popolo Mapuche, usurpato dal magnate straniero.
In quell’occasione, attraverso un comunicato pubblico firmato dai Pu Lof in Resistenza del Dipartimento Cushament e dal Movimento Mapuche Autonomo del Puel Mapu (MAP), spiegavano: “Noi, i Mapuche, continuiamo ad essere una immensa maggioranza senza terra, con la unica alternativa di essere braccianti, impiegate domestiche e operai, cioè manodopera a basso costo e sfruttata dall’oligarchia criolla e dalla imprese trasnazionali”. E sostenevano che “l’unica maniera di frenare lo “sterminio pianificato” da parte del potere economico e dello Stato (ecocidio e etnocidio) è mediante il controllo territoriale effettivo da parte delle nostre comunità mobilitate”.
La risposta della Compagnia delle Terre del Sud Argentino è stata una denuncia penale per occupazione. Da allora la violenza, le minacce e i tentativi di sgombero sono stati continui. Nel novembre del 2015, la comunità denunciò che durante l’alba un’auto aveva sostato lungo la strada 40 sparando colpi di arma da fuoco per poi darsi alla fuga. In un comunicato pubblico la Lof denunciò l’azione di gruppi paramilitari al servizio dei possidenti e sostenne che questo tipo di azioni rispondevano al fatto che la riappropriazione delle terre metteva in pericolo “gli interessi dell’oligarchia de del capitale trasnazionale”.

Lontana dall’essere un fatto isolato e senza precedenti, la situazione a Cushamen torna a mettere in luce la violenza che subiscono i Popoli indigeni per mano delle forze dell’ordine, che proteggono gli interessi dei proprietari terrieri e delle imprese nazionali e multinazionali. Allo stesso modo, ancora una volta, la lotta indigena mette in questione la “proprietà privata”, alla base del sistema capitalista, e chiede di rivedere il processo fraudolento di assegnazione delle terre. Questo è ciò che si vuole evitare a tutti i costi e per questo le forze dell’ordine agiscono rapidamente sgomberando e reprimendo.

Come mostra lo storico Ramón Minieri nel suo libro Questo Sud estraneo, la storia della Compagnia delle Terre del Sud Argenitno può risalire al genocidio della “Conquista del Deserto”, quando in Patagonia si da inizio al processo di espropriazione e concentrazione della terra nelle mani di pochi che perdura ancora oggi, al prezzo dei diritti dei popoli originari.
Le terre che oggi sono in mano a stranieri, come Benetton, sono per la maggior parte donazioni concesse a imprese o famiglie che finanziarono il genocidio della “conquista” e successivamente sono state comprate dagli attuali possidenti a prezzi irrisori.
Nello stesso processo storico nel quale i proprietari terrieri nazionali e stranieri si sono tenuti le migliori terre della nostra Patagonia, i mapuche sono stati stigmatizzati come selvaggi e barbari che bisognava sterminare attraverso la “conquista” e successivamente tentare di civilizzare e integrare nello Stato argentino, principalmente come manodopera a basso costo. Oggi sono considerati invasori cileni o terroristi che mettono in pericolo la “pace sociale”.

L’utilizzo del terrorismo come forma per spiegare certe pratiche del popolo Mapuche deve essere intesa nel quadro di un processo storico segnato dalla discriminazione, dall’invisibilizzazione e dalla stigmatizzazione, che attualmente presenta gli abitanti delle comunità di questo popolo come usurpatori e violenti, come coloro che non rispettano la proprietà privata e che violano i diritti dei proprietari legittimi delle terre, come Luciano Benetton.
Se attualmente tutta la violenza contro lo Stato viene letta come terrorismo e se questa accusa cancella qualunque diritto e giustifica qualunque azione repressiva volta a incarcerarli, allora si aprono enormi spazi per l’azione violenta delle forze dell’ordine: l’entrare in azione senza mostrare alcun ordine giudiziario, il minacciare bambini o il trasferire i detenuti in auto senza targa, come denunciano i Lof in resistenza del Dipartimento Cushamen.

“Continueremo a lottare come hanno fatto i nostri avi, ricostruendoci, cercando di essere ciò che siamo sempre stati, esigendo dallo Stato che si facciano valere i diritti e le convenzioni nazionali e internazionali e che ci lascino vivere come Mapuche nel nostro territorio, con autodeterminazione e libertà”.

Un conflitto nel quale il Popolo Mapuche torna a dire chiaramente che la resistenza non è terrorismo.

*Testo originariamente pubblicato su: Notas.org.ar
Traduzione di Marta Autore.