È la stagione finale della serie "That Putin Show"

Tue, 27/03/2018 - 17:53
di
Sean Guillory (da "Jacobin)*

La bellezza della campagna elettorale presidenziale in Russia è che dura solo 12 settimane. Cosa buona, visto che poi la novità svanisce molto in fretta.

La sceneggiata tra i diversi candidati è stata uno spettacolo da copione. L'entusiasmo è stato un miscuglio e, in termini di politica e di visione, la campagna è stata del tutto priva di contenuto. Da quando Vladimir Putin ha preso il potere nel 2000, è stato un crescendo in cui la politica ha assunto sempre meno rilevanza e ancora meno durante le campagne elettorali, durante le quali si entra in uno stato simile all’ibernazione. È nel momento immediatamente prima e dopo della campagna elettorale che l'atmosfera politica tende a crescere di intensità, quando la classe dominante inventa manovre e operazioni per mantenere la propria posizione e la propria influenza. Sin dagli albori del millennio, i candidati che hanno sfidato Putin non hanno mai contato molto. E oggi contano ancora meno.

Per queste ultime elezioni Vladimir Putin era già pronto a vincere la sua quarta candidatura presidenziale. Ma è sbagliato chiamarle elezioni. È stato piuttosto un referendum su un singolo quesito: vuoi Vladimir Vladimirovich Putin riconfermato presidente per i prossimi 6 anni? Un voto per Putin è un “sì” - ma ha avuto lo stesso valore un voto per qualsiasi altro candidato: Ksenia Sobchak (Iniziativa Civica), Pavel Grudinin (Partito Comunista della Federazione Russa), Maxim Suraykin (Comunisti di Russia), Vladimir Zhirinovsky (Partito Liberal Democratico), Sergey Baburin (Unione del Popolo Russo), Boris Titov (Partito della Crescita), e Grigory Yavlinsky (Yabloko).
Ognuno di questi voti è stato un voto per Putin, visto che queste elezioni sono state un referendum a sostegno dell’attuale presidente e non un voto per sceglierne uno nuovo. Data la rigidità del sistema, l'unico voto reale contro Putin è stata l’astensione collettiva dal voto.

Putinismo fossilizzato

Il putinismo sta rapidamente esaurendosi come una contraddizione interna sempre più visibile. È facile dimenticare che una volta aveva un certo slancio. Durante i primi due mandati, Putin si è costruito sul caos lasciato dagli anni Novanta, offrendo stabilità e crescita economica in cambio di acquiescenza politica. I guadagni aumentarono, una nuova classe media post-sovietica è emersa e Putin ha consolidato il potere sul piano personale e istituzionale.

Quando questo contratto sociale è divenuto meno sostenibile dopo il crollo del 2008, Putin ha cambiato argomento. Di fronte alle proteste di massa del biennio 2011-12, si è appellato alla cosiddetta “maggioranza russa silente” con un portato culturale conservatore contro il pericolo dei “valori occidentali”, con o senza la Russia. Questo cambiamento cultural-nazionale ha raggiunto il suo picco con l'annessione della Crimea e il supporto russo ai separatisti del Donbas in Ucraina nel 2014. La Russia è ora tornata ad avere un importante ruolo nella geopolitica mondiale. Ma “l'effetto Crimea” ha portato a una discesa dei profitti. L'impossessamento della penisola ha avuto un consenso popolare, ma l'euforia patriottica ha perso rapidamente il suo fermento. L'intervento militare in Siria ha prodotto una fanfare da sfruttare in questo senso. L’aumento delle tensioni con gli Stati Uniti, nonostante sia sempre stata una mossa vincente, ha portato a risultati effimeri. La Russia ha giocato il ruolo di fortezza assediata in un paese cosmopolita, specialmente quando l’economia ha iniziato a ristagnare, i redditi reali hanno iniziato a restringersi e lo spazio politico per il dissenso è divenuto sempre più limitato.

Ad oggi, tutto ciò che Putin può offrire è se stesso. Lo riflette anche lo slogan della sua campagna: “Un Presidente forte per una Russia forte”. Putin viene raffigurato come la figura indispensabile – non per inaugurare un nuovo futuro della Russia, ma per la sopravvivenza della Russia stessa. O, come disse Vyacheslav Volodin nel 2014, “Non esiste Russia senza Putin”. L’oggetto del referendum che si è appena dato è stato il riaffermare le due identità di Putin: definire la sua essenza corporea e annullare la distanza tra egli stesso e il corpo politico.

Infatti, Putin è attualmente l’unica istituzione politica del paese, però strettamente legata all’inerzia del simulacro di potere che ha pazientemente costruito.
Come ha sottolineato di recente lo stratega politico Gleb Pavlovsky:
Nella mente delle persone che guardano la televisione e persino in quella dei critici del Cremlino, il suo potere formale regna per inerzia. Anche oggi, la campagna elettorale è basata su una totale mancanza di strategia, avendo perso il comando sul copione, [ma] l’opinione degli osservatori, le espressioni e il vocabolario che utilizzano è usato per descrivere la “campagna di Putin”. Nonostante non ci sia alcuna campagna.

La Madre è ora allo scoperto

Che Putin sia ora una forma senza contenuto è un fatto che sta iniziando ad essere riconosciuto. Nel dicembre 2016, gli istituzionali del Cremlino stavano già discutendo le previsioni di voto, sperando in uno scenario al 70-70 (70 per cento di affluenza e 70 per cento di voti per Putin). Come una fonte ha dichiarato al media russo RBC, “le elezioni, in sostanza, devono essere un referendum sulla fiducia”. Un altro intervistato ha aggiunto, sorridendo ironicamente, “nessuna affluenza – nessuna Russia”.

Un target di affluenza così alto è la ricetta che porta alla frode elettorale, visto che i potentati locali sono stati posti sotto pressione per mobilitare voti. Puntando a un risultato del 70-70, inizialmente le fonti del Cremilino parlavano del 65 per cento, considerando che nel 2012 era stata questa la percentuale votante per Putin. Ma una differenza chiave rispetto al 2012 è stata che ci si aspettava dai funzionari regionali di portare ad un’affluenza alta senza ricorrere a falsificazioni di massa. “Ai governatori è stato ripetuto più volte”, ha dichiarato una fonte del Cremlino alla RBC, “che le falsificazioni sarebbero state severamente punite, anche se ovviamente l’uso di “risorse amministrative” sarebbe stato permesso. La maggioranza [degli ufficiali] è semplicemente spaventata dall’idea di falsificare il voto”. Se questa dichiarazione può fungere da prova resta da verificare.

In breve, per “risorse amministrative” si intende l’uso dei media di Stato, delle istituzioni, dei fondi e del personale per influenzare, convincere o mobilitare la popolazione russa. A giudicare dai report sui tentativi di “incentivare” i votanti, le risorse amministrative sono attualmente moltiplicate in velocità. Le città russe sono state plastificate di poster e manifesti incitanti i cittadini ad andare a votare. Lo stesso Putin ha personalmente fatto appello ai cittadini ad esercitare il proprio diritto di “decidere il destino della Russia”.

La pressione per portare i russi al voto ha avuto effetti nel senso più coercitivo possibile. La Commissione Elettorale Centrale russa ha ricevuto più di trecento lamentele di votanti, principalmente impiegati nel pubblico settore e studenti, poiché costretti a votare. Questo si è verificato in particolare sui luoghi di lavoro e nelle università. Uno degli esempi più evidenti è l’Agenzia dei Trasporti di Mosca, dove più di 30mila lavoratori sono stati obbligati ad andare a votare.

Gli operatori dei servizi pubblici si sono lamentati di tattiche simili. Gli impiegati del Rosneft, la più grande compagnia petrolifera russa, hanno ricevuto una lettera in cui veniva chiesto di farsi un selfie durante l’atto di votare, da mostrare poi ai propri superiori. Altri ufficiali dello Stato e del commercio hanno offerto ai votanti biglietti gratuiti per il cinema e sconti per gli acquisti alimentari in cambio di voti. Alcune città hanno aumentato il servizio del trasporto pubblico o l’hanno persino reso gratuito. In altri casi, la polizia locale ha cacciato e perseguitato gli attivisti per il boicottaggio delle elezioni, specialmente i sostenitori di Alexei Navalny  - arrestandoli e incarcerandoli, confiscando volantini e manifesti, accusandoli di aver “violato” il diritto delle persone a votare.

Poi ci sono video virali che sono spuntati su YouTube e altri social media, sempre con l’obiettivo si sollecitare i russi ad andare al voto. Uno di questi raffigura le conseguenze dell’astensione attraverso il sogno di un uomo. In un altro, una giovane donna stende con un pugno un ragazzo che non vuole andare a votare. Un altro mostra una donna incinta che salta in un taxi e urla “tassista, vai più veloce!” per raggiungere il seggio elettorale. E se questi ed altri video non sono sufficienti, ci sono tutti gli sforzi fatti per mettere in mostra la mascolinità e il sex-appeal del presidente. Nel videoclip di una canzone del gruppo pop al femminile Fabrika si vede il trio vestito in modo succinto mostrarsi in pose accattivanti cantando inni di lode a Vova (diminutivo di Vladimir Putin):
Vova (il nostro leader), caro Vova
Vova (rubacuori), il nostro capo preferito
Vova (comandante), caro Vova
Vova (sei l’unico e solo)

I personaggi secondari

Sin dagli anni Novanta, le elezioni presidenziali russe hanno messo in scena ospiti cometa che interpretavano il ruolo di rappresentanza dell’“avversario leale”: Vladimir Zhirinovsky, Grigory Yavlinsky, e Gennady Zyuganov. Nelle elezioni di quest’anno si sono mischiate un po’ le carte per dare al tutto un tocco di stile in più.
Il Partito Comunista ha scambiato Zyuganov con Pavel Grudinin, proprietario della fattoria chiamata ironicamente Lenin Statem, poco fuori da Mosca. Grudinin e i suoi sostenitori si sono fatti vanto dell’impresa, “oasi del socialismo”, poiché i suoi dipendenti ricevono un salario decente e gli stessi benefici dell’era sovietica. Egli rappresenta la cosiddetta “sinistra patriottica”, un miscuglio di neo-stalinisti, nazionalisti di sinistra e vecchi comunisti. Il suo Programma in Venti Punti consiste per lo più in posizioni di sinistra da manuale: restaurare la sovranità economica della Russia, nazionalizzare gli alti centri del potere economico, redistribuzione del welfare, espansione di riforme sociali, salari garantiti, diritti e pensioni, oltre che, tra il resto, la rivitalizzazione della Russia rurale. Grudinin ha giocato bene il suo ruolo e la televisione nazionale lo ha definito uno sfidante legittimo e integro. È stato quotato al secondo posto, attorno al 7 per cento.

Un’altra giravolta della sceneggiata elettorale di quest’anno è stata la candidatura di Ksenia Sobchak, donna mondana, ospite televisiva fissa e figlia di uno dei primi democratici russi (il mentore di Putin, Anatoly Sobchak), per questo presumibilmente la figlioccia stessa del Presidente. Sobchak è stata consacrata per queste elezioni come la candidata dell’“opposizione liberale”, controfigura di Alexey Navalny. Il Cremilino ha rifiutato la candidatura di Navalny utilizzando come scusa la sua condanna penale per appropriazione indebita. Tale mossa atta ad impedire la corsa alle elezioni di Navalny non è stata compiuta per paura che potesse vincere, poiché avrebbe raccolto al massimo una percentuale tra il 7 e il 10 per cento. È atta invece ad impedire che egli possa ottenere un consenso e una visibilità più ampia, poiché candidandosi avrebbe avuto il diritto di accedere in televisione e diffondere in questo modo i suoi messaggi e costruire la propria immagine. Navalny sta giocando a un gioco sul lungo periodo, e non c’era dubbio che il Cremlino avrebbe scelto di giocare da solo per garantirsi una legittimità.

È stata quindi permessa la candidatura di Sobchak, che inizialmente si è accreditata come la candidata “diversa da tutti i precedenti”, ma poi la sua campagna elettorale ha esitato tra toni seri e superficiali. Il momento più incomprensibile è stato il viaggio negli Stati Uniti durante il quale è andata a parlare con vari think tanks del governo di Wagshinton DC e i media ufficiali. Il programma della Sobchak era una lista della spesa di 123 punti di respiro liberale e posizioni tecnocratiche riguardo alla politica russa interna e estera. Niente in questa lista risulta particolarmente degno di rilevanza o in grado di indicare una rottura con il sistema esistente. Ha ottenuto l’1.3 per cento di voti. È ampiamente condiviso il sospetto che la Sobchak sia parte del pacchetto preparato dal Cremlino, nonostante lei insista a difendere la propria sincerità. Recentemente ha annunciato che ha unito le forze con con il deputato di Solo Russia Dmitry Gudkov, ma a quale scopo nessuno lo sa.
Anche se supponessimo che le loro aspirazioni fossero sincere, sia Grudinin che la Sobchak sono stati risucchiati nel vortice della campagna elettorale. Putin ha rifiutato di partecipare ai dibattiti televisivi, e dopo avervi assistito anche solo per pochi minuti è evidente il motivo. Sono stati preparati ad arte in modo tale da affermare, implicitamente, che Putin è l’unico e solo possibile candidato in una lista di persone poco serie, l’unico in grado di gestire le trappole del processo democratico proprio perché sotto il controllo di una persona rispettabile come lui.

Dopo aver preso parte ad un dibattito, Grudinin ha definito gli astanti un circo, è uscito dallo studio e si è rifiutato di rientrarvi. Due settimane dopo era di nuovo sotto i riflettori, ma ha abbandonato nuovamente la scena quando il candidato di Comunisti di Russia Maxim Suraykin ha portato con lui una donna che ha accusato pubblicamente Grudinin di aver sfrattato lei e la sua famiglia. Grudinin ha quindi lasciato il palco, il pubblico ha iniziato a gridare e Suraykin ha iniziato ad accusare l’opinionista Maxim Svechenko (non candidato alle elezioni ma presente ai dibattiti come sostenitore di Grudinin).

Un pandemondio è seguito. Anche Sobchak è stata soggetto di vessazioni e insulti verbali, mossi in particolare da Vladimir Zhirinovsky che l’ha definita “prostituta” e una “troia totale”. Sobchak in risposta gli ha lanciato un bicchiere d’acqua in faccia. Il tutto in diretta televisiva. Durante uno di questi dibattiti, gli abusi e gli insulti subiti hanno portato la Sobchak alle lacrime. Non c’è bisogno di capire il russo per afferrare il senso di insanità di tutto questo.

La sinistra dov’è?

La posizione assunta dalla sinistra russa durante le elezioni presidenziali riflette la frattura apertasi in seguito all’annessione della Crimea. Data la marginalità della sinistra, si è ridotta ad avere un atteggiamento reattivo piuttosto che propositivo. Conseguentemente, il dibattito elettorale si è fossilizzato sul se preferire il sostegno a Grudinin o se supportare la chiamata al boicottaggio delle elezioni promossa da Alexei Navalny. Il Fronte di Sinistra, guidato dall’appena uscito di prigione Sergei Udaltsov, sostiene fermamente Grudinin (arrivato secondo alle primarie del partito). Udaltsov ha fatto campagna per il candidato del Partito Comunista e ha spinto i suoi sostenitori a votare sotto la bandiera della “sinistra unita”. Altre organizzazioni di sinistra, come il Blocco di Sinistra e il Movimento Socialista Russo, si sono appellati ad un “consolidamento totale delle azioni” contro queste “false elezioni” - quindi monitoraggio elettorale, boicottaggio, danneggiamento dei seggi e solidarietà con chi ha scelto di votare per i candidati dell’“opposizione”.

La carenza di contenuto politico nella campagna elettorale russa non si è tradotta in un’assenza di politica generale. Le proteste sono cresciute e hanno preso forza nel corso del 2017, aprendo spazi di partecipazione cruciali per i rappresentanti della sinistra. La maggior parte di queste proteste ha riguardato lotte ambientali, lotte per il lavoro, questioni economiche e sociali, contro la corruzione diffusa nelle classi dominanti russe.
Contemporaneamente, le autorità russe hanno intensificato la loro azione per annientare la sinistra. Lo scorso gennaio il tribunale ha dichiarato il Sindacato Interregionale (MPRA), uno dei pochi sindacati russi indipendenti, un “agente straniero”, rendendolo così di fatto illegale. Si sono verificati inoltre casi di indagini costruite appositamente su false prove, arresti e torture ai danni degli anarchici e degli antifascisti di Penza e Nizhny Novgorod.

In tutto e per tutto, questo referendum presidenziale rappresenta un momento effimero interno ad una lunga lotta politica per la democrazia e la giustizia sociale in Russia. E l’importanza della politica russa è destinata a crescere – sia in senso geopolitico che, soprattutto, internamente – poiché da tutti i punti di vista questo sembra l’ultimo mandato di Putin. Il giorno dell’insediamento di Putin a maggio sarà la salva inaugurale di una nuova fase, poiché diverse forze del Paese hanno iniziato a farsi largo per definire i contorni della politica russa non sono durante il mandato presidenziale, ma anche oltre esso. E per la sinistra russa, il futuro verrà determinato dalla sua partecipazione attiva agli spazi politici, sociali e culturali che si daranno nella frattura emersa.

*Fonte articolo: https://www.jacobinmag.com/2018/03/putin-russian-election-navalny-left
Traduzione a cura di Federica Maiucci