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La prima parte di una lunga analisi sulle dinamiche storiche e politiche che hanno portato alla rivolta siriana - tratta da International Viewpoint e scritta da un membro della sinistra rivoluzionaria siriana. La seconda parte la trovate a questa [3] pagina
Per quasi tre anni la maggior parte degli osservatori hanno analizzato il processo rivoluzionario siriano dall'alto in chiave geopolitica e confessionale senza tener conto delle dinamiche politiche popolari e socioeconomiche che c'erano sul campo. La minaccia dell'intervento occidentale ha solo rafforzato questa idea di un contrasto tra due campi: da una parte gli stati occidentali e le monarchie del Golfo, dall'altra l'Iran, la Russia ed Hezbollah. Negli ultimi mesi l'avanzata dei jihadisti dello Stato Islamico (IS) in Iraq ha rafforzato la dicotomia tra i regimi autoritari da un lato e le forze jihadiste ed islamiche reazionarie dall'altro.
La crescente militarizzazione e l'ascesa degli islamisti reazionari nel processo rivoluzionario hanno inoltre condotto numerosi osservatori ed analisti a mettere da parte i motivi che hanno portato allo scoppio della sollevazione popolare di tre anni fa per la libertà e la dignità contro la dittatura del regime di Assad ed a ignorare il movimento popolare che ancora esiste, sebbene venga continuamente indebolito per due motivi principali: la terribile repressione condotta dalle forze di sicurezza del regime e l'ascesa delle forze armate reazionarie ed islamiste che hanno attaccato gli attivisti ed i membri dell'Esercito Libero Siriano (FSA).
Per comprendere l'evoluzione del processo rivoluzionario degli ultimi tre anni dovremmo prima compiere una breve disamina storica. Analizzeremo prima il regime introdotto nell'era di Hafez Al Assad e le sue conseguenze per la società siriana. Nel 2000 Bashar Al Assad ha accelerato le politiche neoliberiste, malgrado un breve periodo di apertura apparentemente democratica conosciuto come la Primavera di Damasco e che è poi terminato rapidamente.
Successivamente analizzeremo i motivi e le dinamiche della sollevazione, che dovrebbe essere studiata in relazione ai processi rivoluzionari in corso nella regione, ma anche secondo le proprie specifiche caratteristiche (situazione, attori, significato). Infine accenneremo allo sviluppo della rivolta dall'opposizione pacifica all'attuale radicalizzazione armata.
Cercheremo di spiegare le diverse ramificazioni e la complessità del processo rivoluzionario, mettendo in dubbio dei termini oggi ampiamente utilizzati per descrivere la situazione in Siria, come guerra civile e/o confessionale. Queste nozioni non ci permettono di comprendere gli eventi e di proporre un'analisi alternativa incentrata sul concetto della rivoluzione, che dovrebbe essere analizzata sia nei suoi aspetti materiali che nelle sue componenti ideali.
La Siria dopo l'indipendenza
• Sin dall'indipendenza del 1946 la Siria è stata segnata da alcuni retaggi provenienti dal suo lungo periodo all'interno dell'Impero Ottomano, in cui le città hanno goduto di influenza politica ed economica sulle aree rurali. Perciò dal '46 al '63 le città hanno dominato i loro entroterra rurali ed hanno formato i nodi primordiali del sistema di commercio internazionale che legava l'Europa all'Asia [1], in particolare le due città di Damasco ed Aleppo da cui provenivano le élite politiche del paese.
• In questo periodo la vita politica siriana si è stata segnata da una lunga serie di colpi di stato militari. Nel frattempo il paese era diretto da due gruppi politici: il Partito del Popolo ed il Blocco Nazionale, che rappresentavano rispettivamente gli interessi della borghesia di Aleppo e quella di Damasco. Dal '58 al '61 Siria ed Egitto furono unite nella Repubblica Araba Unita sotto la guida di Nasser. L'ascesa al potere del partito Ba'ath a seguito di un nuovo colpo di stato militare nel '63 ha segnato la fine del dominio politico della borghesia urbana, che da decenni – e sotto certi aspetti da secoli, fin dall'Impero Ottomano – proveniva prevalentemente dalla popolazione araba e musulmana sunnita ed ha inaugurato una nuova era in cui il nuovo regime era dominato dalle forze sociali provenienti dalle aree rurali e periferiche e dalle minoranze religiose, specialmente gli alawiti [2]. Pertanto il golpe del '63 potrebbe essere considerato sotto molti aspetti come una risposta alla crisi sociale che aveva colpito le classi popolari rurali a partire dall'indipendenza. Una reazione dei villaggi alla dominazione dei notabili cittadini.
Dalla fine degli anni '60 agli inizi degli anni '70 le politiche dell'ala radicale del Partito Ba'ath hanno avuto delle conseguenze socio-economiche importanti, specialmente in favore delle aree più svantaggiate e a scapito della borghesia mercantile ed industriale e dei grandi proprietari terrieri. Le politiche di riforma agraria, la nazionalizzazione e la creazione di grandi settori pubblici hanno posto fine alle diseguaglianze di classe più rigide radicate nel controllo monopolistico dei mezzi di produzioni ed hanno incoraggiato un maggiore accesso alla proprietà e alle opportunità economiche[3]. Perciò settori del proletariato agricolo e della classe media contadina hanno beneficiato in maniera significativa delle riforme agrarie e dell'espansione del settore pubblico, dell'esercito e della burocrazia in generale.
• Le conseguenze di questo processo sono state il consolidamento economico e sociale della classe rurale media, mentre la redistribuzione delle terre pose fine al regno di grandi proprietari terrieri, non toccando la classe media rurale (a volte anche riccha) che il nuovo regime del Ba'ath non avrebbe potuto indebolire, dato che era in gran parte la sua base sociale. Questa posizione ha permesso a questa classe di trarre beneficio dei sussidi governativi e di sfuggire ampiamente ai controlli della produzione [4].
Il Ba'ath prima della presa del potere da parte di Hafez al Assad nel 1970
• Come analizzare il fenomeno del Ba'ath in Siria? Sin dall'indipendenza ha tratto la propria forza principalmente dalle aree rurali dove, prevalentemente per ragioni storiche, sono concentrate le minoranze religiose. Perciò era logico che i membri di queste comunità fossero predominanti nel partito: la sua ideologia attraeva le minoranze religiose le quali si aspettavano che il “socialismo”, il nazionalismo arabo e la laicità li avrebbero aiutati a rompere lo status di minoranza, e dunque di subordinati, e con un quadro sociale strettamente dipendente dai loro legami tribali e regionali.[5]
• Nel '63 i membri del partito Ba'ath provenivano gran parte dalla classe media rurale ma anche dagli strati più bassi permettendo loro di beneficiare della mobilità sociale consentita dal nuovo stato che emergeva dall'indipendenza del '46, specialmente attraverso l'istituzione dell'esercito. A questo bisogna aggiungere che ricevette il sostegno anche di larga parte dell'intellighenzia urbana – prevalentemente degli insegnanti e degli impiegati statali [6]. In questo modo la nuova dirigenza del Baa'th andò radicalizzandosi rispetto ai fondatori del partito, adottò una retorica simile a quella della sinistra radicale ed intraprese una serie di misure tese ad impedire il ritorno al potere della grande borghesia urbana, mercantile ed industriale così come quello dei latifondisti, tra le quali la nazionalizzazione di gran parte dei capitali privati ('64-'65) insieme alla riforma agraria iniziata al tempo della Repubblica Araba Unita ('58-'61) [7].
La grande borghesia urbana – mercantile ed industriale – così come i grandi latifondisti costituivano la dirigenza del golpe del '61 che aveva messo fine all'esperienza della Repubblica Araba Unita, che aveva minacciato il loro potere economico e politico a causa delle sue politiche di redistribuzione della ricchezza e della terra. La politica del nazionalismo arabo e del Ba'ath dell'epoca era caratterizzata da un capitalismo di stato che da una parte promuoveva una politica ostile ai settori privati nazionali e al capitale estero e dall'altra era tesa a una vasta redistribuzione della ricchezza all'interno. Allo stesso tempo veniva violentemente repressa qualsiasi forma di autonomia del movimento dei lavoratori e qualsiasi forma di opposizione di sinistra e progressista.
Vedremo come l'arrivo di Hafez al Assad ha posto fine alle politiche sociali radicali degli anni '60 per intraprendere il percorso di riconciliazione con le classi borghesi. Vedremo come questo ha coinciso con la perdita di popolarità del nazionalismo arabo dopo la sconfitta del giugno '67 e la morte di Nasser nel '70.
La presa del potere da parte di Hafez al-Assad nel 1970 e la costruzione di un regime dittatoriale e borghese
• L'ascesa al potere di Hafez al-Assad nel '70 ha segnato un nuovo punto di svolta per il paese decisivo per i decenni a seguire. Il nuovo uomo forte siriano proveniva dalla cosiddetta ala “pragmatica” del Partito Ba'ath che era sfavorevole alle politiche sociali radicali e allo scontro con i paesi conservatori della regione, come le monarchie del Golfo. Il nuovo regime fu salutato con gioia dalla grande borghesia di Aleppo e Damasco. Le grandi borghesie urbane, che tra il '63 e ed il '70 erano sempre state molto attive contro l'ala sinistra del Ba'ath, manifestarono per le strade delle maggiori città. Ad esempio uno dei loro striscioni recitava “Abbiamo implorato l'aiuto di Dio – Al Madad. Egli ci ha inviato Hafez al-Assad”[8].
Da questo momento, il governo ha costruito una rete di lealtà attraverso vari legami, compresi quelli economici, con persone di diverse comunità etnico-religiose e tribali. L'avvio del cosiddetto “movimento correttivo” ha inoltre messo fine alle politiche radicali degli anni '60 che avevano contestato il retaggio ed il potere politico della grande borghesia. L'obiettivo di Assad era di assicurarsi la stabilità del regime e dell'accumulazione del capitale cooptando il più potenti settori della comunità imprenditoriale – i grandi commercianti, un piccolo gruppo di grandi industriali concentrati a Damasco e ad Aleppo e i grandi latifondisti – ma anche il coinvolgimento graduale di nuovi attori borghesi a cui era stata promessa una rapida ascesa nell'apparato statale.
Quello di Hafez al-Assad era un regime autoritario che aveva reso illegale qualsiasi organizzazione politica e sociale che non accettava il suo dominio esclusivo o si opponeva alle sue politiche e pratiche clienteliste – la massiccia corruzione della classe dirigente, politica e militare, era lo strumento primario per assicurarsene la lealtà. È in questo periodo che il nuovo regime ha costruito un esercito completamente subordinato al potere personale del dittatore e dei suoi guardaspalle. La guerra del '73, presentata dal regime come una vittoria, ha anche rafforzato il controllo di al-Assad sull'esercito. A partire da questa data non è stato sparato nemmeno un proiettile contro lo stato di Israele sebbene ancora oggi le alture del Golan rimangono sotto occupazione. Dunque la struttura dell'alto comando e dei corpi speciali fu fondata sul clientelismo e sull'appartenenza religiosa: gli alti ufficiali venivano reclutati tra le tribù alawite alleate della famiglia Assad per assicurarsi la loro quasi totale lealtà alla dirigenza dello stato.
Grazie a questo stretto intreccio tra gli interessi pubblici e privati lo stato è diventato una macchina per accumulare risorse considerevoli, una manna dal cielo per la nomenclatura, specialmente per i circoli vicini al leader supremo, alla sua famiglia e ai suoi luogotenenti più fedeli. Le reti informali ed il nepotismo che legano i vari settori dello stato con la comunità imprenditoriale si sono moltiplicati dando vita ad una “nuova classe” di borghesi che vivono di rendita: l'impatto di questi mutamenti ha pesato fortemente sulla regressione della società siriana fino alla vigilia della rivoluzione del 2011. La cattiva allocazione delle risorse e la proliferazione di attività improduttive nel settore commerciale, a basso impiego di lavoratori ma estremamente profittevoli, sono state le principali conseguenze di questa trasformazione politica, sociale ed economica.
• Dal 1986 il regime ha adottato le prime misure di deregolamentazione del proprio “comando” centralizzato dell'economia al prezzo di considerevoli battute d'arresto economiche e di un'estesa carenza di sviluppo compensata solo dagli aiuti – una parte della rendita petrolifera – provenienti dalle monarchie del Golfo. Nello stesso anno, la crisi della valuta nazionale era il segno del consolidamento accelerato delle reti economiche clientelari costruite dal regime, anche se a livello informale. Dal '91 sono arrivate a dominare gran parte delle aree economiche presentate abusivamente come parte del “settore privato”, sviluppato con la scusa di riforme governative chiamate “pluralismo economico” (al -ta’addudiyya al iqtisadiyya) [9].
• Questa “nuova classe” organicamente legata allo stato aveva bisogno di investire la propria ricchezza in altri settori dell'economia. Il Decreto n°10 (del 1991) costituiva quindi il trampolino di lancio per mezzo del quale era in grado di riciclare i propri capitali accumulati [10]. Con questo decreto si intendeva promuovere ed incoraggiare gli investimenti privati nazionali ed esteri in settori di attività che erano monopolio del settore pubblico, come l'industria farmaceutica, l'agricoltura e l'agroalimentare, il settore alberghiero e dei trasporti. Avrebbe facilitato l'investimento nel settore privato ed aprire possibilità di import-export grazie ad esenzioni ed altri incentivi fiscali, ovviamente sempre sotto il controllo dello stato ricompensando i propri membri più altolocati ed intensificando il sistema di corruzione diffusa. La transizione da un'economia diretta dallo stato al capitalismo clientelare è stata quindi accelerata durante gli anni '80 con l'abbandono graduale dell'economia centralizzata.
Gli anni '90 hanno visto l'emergere di una “nuova classe” - nuovi ricchi o borghesia ibrida – risultato di una fusione tra la burocrazia statale ed i sopravvissuti dellla vecchia borghesia “privata”, che non doveva il proprio status al regime Ba'ath in quanto non era stata originata dalla collusione con esso. Analizzeremo come questa nuova classe si sia sviluppata, soprattutto nel primo periodo, giocando con i propri legami con lo stato, utilizzato come una vacca da mungere e promotore di una nuova direzione economica attraverso la graduale introduzione di politiche neoliberiste di deregolamentazione del mercato. In cambio, ha pienamente appoggiato la strategia del regime consolidando il suo potere, in particolare contro le frazioni della vecchia borghesia privata.
La priorità della repressione e la sua funzione
• L'avvento al potere di Hafez al Assad ha segnato anche una nuova era per la Siria in termini di repressione politica, sociale ed economica, dimostrata dalla creazione dello stato d'emergenza nel 1963. Ciò è rispecchiato, tra l'altro, da una sottile politica di rafforzamento delle divisioni all'interno della società tra gruppi etnici, comunità ed anche tribù, che ricordava certe pratiche del mandato francese come la divisione del paese in cinque o sei dipartimenti regionali, soprattutto in funzione di criteri di comunità, con i sottogruppi drusi ed alawiti. Le organizzazioni popolari indipendenti – i sindacati, i gruppi professionali (come quelli dei dottori, degli avvocati, degli ingegneri o dei farmacisti), le associazioni civiche e così via – furono all'inizio monitorate, poi represse ed infine dissolte nel 1980. Fino ad allora erano state in prima linea nella lotta per il ritorno delle libertà democratiche e per la cancellazione dello stato d'emergenza. Nell'80 queste organizzazioni furono rimpiazzate da strutture poste sotto il diretto controllo dello stato [11]. Comunque il simbolo più sanguinoso della repressione del regime resta il massacro nella città di Hama nel 1982 compiuto dalle forze di sicurezza e dall'esercito, che, secondo come riferito, ha portato alla morte di 10,000-40,000 persone. Quelle morti in molti aspetti hanno indicato la fine provvisoria del sanguinoso conflitto tra i sostenitori del regime e dei membri dei Fratelli Musulmani che avevano preso le armi dalla fine degli anni '70.
• La repressione colpì anche tutti quei partiti politici che rifiutarono di sottomettersi ai diktat di Hafez al Assad e di partecipare al Fronte Nazionale Progressista (NPF), una coalizione di forze che dovevano fedeltà al regime. Agli inizi degli anni '70 molti partiti laici, specialmente di sinistra, sono stati bersagli del regime compresi il Movimento 23 Febbraio (una corrente radicale del Ba'ath vicina al precedente presidente Salah Jadid), la Lega d'Azione Comunista (Rabita al amal al shuyu'i), di cui parte dei membri provenivano dalla comunità alawita, e in dimensione minore il Partito Comunista-L'Ufficio Politico (CPPB) di Ryad Turk. Anche l'assemblea nazionale, che comprendeva vari partiti di sinistra, era stata duramente repressa agli inizi degli anni '80 [12]. Durante questo decennio anche la Fratellanza Musulmana era stata duramente colpita dalla repressione.
Così il regime ha imposto il proprio dominio totale sui settori chiave della società, come le università e l'esercito. Proibì tutte le attività politiche indipendenti nei campus e nelle caserme, ad eccezione, ovviamente, di quelle del Partito Ba'ath, che era l'unico a cui era permesso organizzare conferenze e manifestazioni pubbliche, e limitò qualsiasi libertà di stampa. Anche i partiti politici alleati nel Fronte Nazionale Progressista non avevano il diritto di organizzarsi, di fare propaganda o di avere una piccola presenza ufficiale nello spazio pubblico. In seguito analizzeremo il ruolo specifico del Partito Ba'ath, in particolare dopo la venuta al potere di Hafez al-Assad. Qui è sufficiente notare che controllava un ampio ventaglio di organizzazioni corporativiste cosiddette popolari che raggruppavano contadini, giovani, donne e così via, attraverso le quali molti settori della società vennero posti sotto tutela da parte del regime.
• Perciò il ruolo del Ba'ath, così trasformato in uno strumento di controllo della società e privato di qualsiasi dinamismo ideologico, è stato profondamente cambiato con l'arrivo al potere di Hafez al-Assad. Venne mutata l'organizzazione del partito, con la soppressione delle elezioni interne sostituite da un sistema di designazione dall'alto e cooptazione, decisa dal regime e dai servizi di sicurezza mentre gli elementi che si opponevano alle politiche del regime venivano repressi.
Rifaat Al-Assad, fratello di Hafez, aveva sintetizzato così la sua concezione del partito durante il 7° congresso regionale : “Il capo decide, il partito approva ed il popolo applaude. È così che funziona il socialismo in Unione Sovietica. Chi non applaude va in Siberia.”[13]. I dirigenti del partito dopo gli anni '70 divennero così dei docili burocrati mentre i loro compagni degli anni '50 e '60 erano spesso degli attivisti zelanti e/o entusiasti [14].
Vediamo che gli ideali di unità, libertà e socialismo, che erano alle origini del Ba'ath, scompaiono dalle politiche reali del regime di Assad per essere invocati solo come slogan retorici. Analizzeremo anche come il regime abbia fatto ricorso ad altri mezzi oltre alla repressione per stabilire il suo potere, tra cui la corruzione, la strumentalizzazione della religione, la divisione della popolazione siriana in gruppi etnici, comunità e via dicendo. L'arma del confessionalismo si è sviluppata insieme con la repressione dell'opposizione laica e liberale di sinistra, le organizzazioni popolari civile ed i partiti politici, mentre si favorivano le cosiddette identità arcaiche, specialmente quelle tribali.
• La morte del dittatore Hafez al Assad dopo trent'anni di regno ha portato un vento di speranza in Siria presso ampi settori della società che hanno sperato in un'apertura politica e soprattutto tra l'opposizione politica che voleva un processo di transizione democratica attraverso le riforme. Il presidente Bashar al-Assad, figlio di Hafez, divenne così presidente nel 2000 e seguirono alcuni mesi di apparenti promesse grazie ad un suo discorso al parlamento in cui faceva appello al “pensiero creativo” e riconosceva “l'urgente necessità” di critiche costruttive e di riforme che puntassero ad un certo rinnovamento [15]. Venne anche chiuso il noto carcere per prigionieri politici del Mazzeh a Damasco, un simbolo della brutale repressione del regime, mentre un gran numero di prigionieri venne liberato. All'inizio di questo nuovo regno cominciarono a moltiplicarsi le organizzazioni per i diritti umani ed i forum di dibattito.
• Così dall'inizio del 2001 vennero mobilitate le organizzazioni politiche e della società civile che chiedevano le riforme e la democratizzazione dello stato. Questo era il significato della “dichiarazione dei 99” o il “Comitato per far rivivere la società civile” (annunciato con un comunicato stampa sotto il nome di “Dichiarazione dei 1000”) che includeva intellettuali, artisti, scrittori, ricercatori ed anche i rappresentanti di alcuni partiti politici. Nel frattempo il deputato e critico del regime Riyadh Seif aveva annunciato la formazione del Movimento Sociale per la Pace. Il regime rispose brutalmente a queste sfide con la repressione e contrattaccando brutalmente a livello retorico, tramite la stampa, od anche sul piano fisico, con l'arresto degli attivisti. Alla fine dell'estate 2001 otto dei principali leader della società civili erano stati carcerati mentre vennero chiusi tutti i forum di discussione ad eccezione di uno [16].
• Tra il 2004 ed il 2006 ci fu un'ondata di sit-in organizzati da giovani attivisti politici ed organizzazioni della società civile su vari temi che riguardavano i diritti democratici, come la libertà di espressione e/o di assemblea, che portò allo sviluppo di un nuovo fenomeno in Siria. Nel 2004 la sollevazione kurda, che era scoppiata nella città di Kamishlié per poi dilagare nelle regioni prevalentemente kurde per il paese – Jazira e Afrin – ma anche ad Aleppo e a Damasco, venne duramente repressa dalle forze di sicurezza con il regime che aveva chiesto la collaborazione delle tribù arabe del nordest.
Numerosi attivisti vennero arrestati od uccisi, più di 2.000, mentre altri vennero costretti a lasciare il paese [17]. Quindi i diritti democratici di base erano inesistenti alla vigilia della sollevazione del marzo 2011 mentre si stavano ancora aspettando le tanto annunciate riforme.
L'accelerazione delle politiche neoliberiste e la crescita della diseguaglianza sociale
Sin dall'ascesa al potere del presidente Bashar al-Assad il regime siriano ha aumentato ed accelerato le politiche economiche neoliberiste di cui hanno beneficiato in particolare una piccola oligarchia che si era espansa sin dall'era di suo padre, dovuta della sua supremazia sulle reti di clientelismo economico e dei loro leali clienti. Come vedremo dopo, il cugino di Bashar al-Assad, Rami Makhlouf, incarna perfettamente questo processo di privatizzazione simil-mafioso diretto dal regime per il proprio tornaconto.
Nuovi monopoli sono stati creati nelle mani della famiglia di Bashar mentre la qualità dei beni e dei servizi è diminuita, soprattutto nel settore sanitario e dell'educazione dove si sono moltiplicate le istituzioni private. Contemporaneamente dal 2004 si è sviluppato il settore finanziario con la crescita delle prime banche private dominate dal capitale siriano e delle petromonarchie del golfo, delle compagnie di assicurazione, la Borsa Valori di Damasco ed i cambiavalute. Comunque la venuta di Bashar ha ristretto il circolo di coloro che hanno goduto delle “spoglie” del regime, che erano più distribuite sotto suo padre quando numerosi gruppi potevano concludere affari ed ottenere il favore dello stato.
• Alla vigilia della sollevazione del 2011 Makhlouf, figlio di un ex comandante della Guardia Repubblicana Siriana e secondo cugino del nuovo dittatore, controllava così quasi il 60% dell'economia del paese grazie ad una complessa rete di holding [18]. Il suo impero economico include le telecomunicazioni, il petrolio ed il gas, l'edilizia, banche, linee aeree ed il commercio al dettaglio. È anche il proprietario dell'unica ditta duty free, così come anche di numerose scuole private in cui sono mandati i figli dei dignitari del regime e della borghesia siriana. Il capitale personale di Rami Makhlouf è stimato in circa 6 miliardi di dollari [19]. Bisogna notare che agli inizi del 2011 la rivista inglese “World Finance” aveva esaltato la sua leadership visionaria ed il suo eccezionale contributo all'economia siriana, definendolo un simbolo del cambiamento positivo all'opera nel paese. Il caso cileno fa da esempio per il legame tra le politiche neoliberiste e la dittatura politica nei paesi della periferia.
• Le politiche neoliberiste del regime hanno soddisfatto diversi settori sociali: gli strati superiori della nuova borghesia, sviluppatasi nello stato duranti i decenni precedenti; le vecchie élite borghesi del settore privato che hanno iniziato ad investire di nuovo nel paese; gli investitori stranieri, specialmente della regione del Golfo, grazie all'apertura dell'economia siriana alle loro operazioni a spese della maggioranza della popolazione duramente colpita dall'inflazione continua. Le politiche neoliberiste poste in essere durante gli ultimi dieci anni hanno causato il collasso del settore pubblico ed hanno portato alla dominazione del settore privato, che ora rappresenta il 70% circa delle attività economiche [20].
Per riflettere meglio l'impatto di queste politiche economiche e del loro ruolo nell'innescare la rivolta popolare, è necessario guardare anche ai settori che hanno beneficiato di queste politiche: i capi dei servizi di sicurezza e gli apparati militari; le reti della burocrazia; i capitalisti clientelari sponsorizzati da diversi settori dei servizi pubblici, che hanno sviluppato e si sono arricchiti ancora di più nel settore privato, in particolare nel corso degli anni '90 dopo l'attuazione delle leggi di investimento Numero 10 del 1991; e la borghesia di Aleppo e Damasco, che ha beneficiato in particolare dal lancio della cosiddetta "economia sociale di mercato" nel 2005.
• La crescita del PIL reale e del reddito pro-capite reale è diminuito a partire dai primi anni '90. Il processo di liberalizzazione economica ha creato una diseguaglianza sempre maggiore nel paese. I più poveri hanno difficoltà a fare i conti con questa nuova economia a causa di una sempre maggiore carenza di lavoro, soprattutto per i giovani laureati e gli abitanti delle regioni periferiche, mentre la classe media, soprattutto i dipendenti pubblici ed i giovani che hanno terminato i propri studi, si stanno rapidamente avvicinando alla soglia della povertà perché i loro redditi non sono stati al passo con l'inflazione, il cui tasso ufficiale nel 2008 era del 17% [21].
• Alla vigilia della sollevazione del marzo 2011 il tasso di disoccupazione si attestava al 14,9% secondo i dati ufficiali – 20-25% secondo altre fonti. Era del 33,7% e del 39,3% per le fasce d'età 20-24 e 15-19 anni [22]. Nel 2007 il 33% dei siriani vive al di sotto della linea della povertà, circa sette milioni di persone, mentre il 30% è appena sopra questo livello [23]. La percentuale di poveri è più alta nelle aree rurali (62%) che in quelle urbane (38%). La povertà è più diffusa, radicata e marcata (58,1%) nel nordovest e nel nordest (le province di Idleb, Aleppo, Raqqa, Deir Ezzor ed Hassakeh) dove vive il 45% della popolazione24.
• Inoltre, mentre proliferavano le privatizzazioni, il regime siriano ha intrapreso la riforma del suo sistema di sussidi, penalizzando sempre più le classi popolari ed i più poveri. Ciò insieme alla riduzione della qualità e della quantità dei servizi sanitari pubblici che ha costretto la gente a rivolgersi al più costoso settore privato per poter godere dei servizi di base. L'indagine condotta dal FMI nel 2010 ha dato il benvenuto a molte misure prese dal regime siriano: “l'unificazione del tasso di cambio e le restrizioni all'accesso dei cambi per le operazioni in conto corrente sembra essere stato in gran parte eliminato. Ora le banche private guidano la crescita del settore finanziario e di recente la borsa di Damasco è stata riaperta dopo esser stata chiusa per 40 anni. Il sistema fiscale è stato semplificato ed il regime commerciale è stato sensibilmente liberalizzato”[25].
• Il piano di sviluppo del regime siriano dal 2006 al 2010 aveva il compito dichiarato di “continuare la deregolamentazione del mercato oltre che l'intensificazione e la crescita della sua integrazione nel mondo per attirare investimenti privati con ampie riforme strutturali per assicurare una buona governance dell'economia ed una giusta crescita” [26].
• La crescita economica della Siria, che era su una media del 5% negli anni precedenti la sollevazione, non aveva beneficiato le classi lavoratrici. Infatti la diseguaglianza in termini di ricchezza era aumentata. Per esempio tra il '97 ed il 2004 il coefficiente di Gini era salito da 0,33 a 0,3727. Nel 2003-2004 il 20% dei poveri rappresentavano solo i 7% della spesa totale mentre il 20% più ricco della popolazione spendeva il 45% [28]. Una tendenza che ha continuato a crescere fino allo scoppio della rivoluzione.
• In agricoltura la privatizzazione della terra a spese di parecchie centinaia di migliaia di contadini del nordest a partire da 2008, a causa della siccità, non dovrebbe essere percepita come la conseguenza di un semplice disastro naturale. La crescita e l'intensificazione dello sfruttamento della terra da parte di grandi compagnie d'agrobusiness – tra cui le terre precedentemente conservate per il pascolo, la perforazione illegale di pozzi come anche la costruzione di acquedotti speciali che venivano incontro alle richieste dei nuovi grandi proprietari – hanno facilitato la corruzione dell'amministrazione locale che ha aiutato la crisi agricola. Nel 2008 il 28% dei contadini stavano sfruttando il 75% della terra irrigata mentre il 49% di loro deteneva il possesso di solo il 10% di quest'ultima, il che è la prova dell'avanzamento delle diseguaglianze nel settore agricolo [29]. Nello stesso modo il regime ha imposto il suo dominio sulla burocrazia sindacale e ciò ha ostacolato la lotta contro le politiche neoliberiste ed autoritarie, soprattutto a partire dal 2000.
I livelli di vita per la maggior parte della popolazione hanno continuato a peggiorare mentre la repressione politica continuava. Ad esempio nel maggio 2006 centinaia di lavoratori hanno protestato nell'azienda di edilizia pubblica di Damasco e si sono scontrati con le forze di sicurezza. Contemporaneamente i tassisti scioperavano ad Aleppo per protestare contro le loro condizioni di lavoro e di vita.
• Le riforme neoliberiste del regime hanno incoraggiato una politica fondata sugli investimenti diretti esteri, che sono passati dai 120 milioni di dollari nel 2002 ai 3,5 miliardi nel 201030, soprattutto nei settori delle esportazioni, dei servizi e del turismo. Prima di essere distrutto dagli eventi iniziati nel marzo 2011 quest'ultimo era diventato un'industria fiorente: attualmente rappresenta il 12% del PIL, circa 6,5 miliardi di dollari, ed impiega l'11% della forza lavoro [31].
L'assenza di democrazia ed il crescente impoverimento di gran parte della società siriana, in un clima di corruzione e di disuguaglianza sociale sempre maggiore, hanno preparato il terreno per l'insurrezione popolare, che richiedeva pertanto non più di una scintilla. Come l'ha messa Bashar al-Assad alla fine del gennaio 2011 durante un'intervista con il “Wall Street Journal”: “Malgrado le circostanze più difficili rispetto alla maggioranza dei paesi arabi la Siria è stabile. Perchè? Perchè devi essere strettamente in sintonia con quello che crede il popolo”[32]. Il leader siriano aveva preso una cantonata, come avrebbe scoperto di lì a poco.
Traduzione di Emanuele Calitri
Note
[1] C. Issawi, “An Economic History of the Middle East and North Africa”, Columbia Economic History of the Modern World Series, New York, Columbia University Press, 1982, 102-103
[2] B. Haddad, “Business Networks in Syria, the Political Economy of Authoritarian Resilience”, Stanford California, Stanford University Press, 2012, XIV
[3] R. Hinnebusch, “Authoritarian Power and State Formation in Ba’thist Syria”, Boulder, CO, Westview Press, 1990, 144
[4] A. Richards and J. Waterbury, “A Political Economy of the Middle East: State, Class, and Economic Development”, Westview Press, London, 177
[5] N. Van Dam, “The Struggle for Power in Syria”, Croom Helm LTD Publishers, 1996, 33
[6] V. Perthes, “The Political Economy of Syria under Assad”, I.B. Tauris, 1995, 120
[7] B. Haddad, “Enduring Legacies : the Politics of Private Sector Development in Syria”, in “Demystifying Syria”, edited F. H. Lawson, London, London Middle East Institute at SOAS, 2009, 35
[8] H. Batatu, “Syria’s Peasantry, the Descendants of its Lesser Rural Notables and the Politics”, Princeton New Jersey, Princeton University Press, 1998, 175
[9] B. Haddad, “Business Networks in Syria, the Political Economy of Authoritarian Resilience”, Stanford California, Stanford University Press, 2012, 7
[10] B. Haddad, “Business Networks in Syria, the Political Economy of Authoritarian Resilience”, Stanford California, Stanford University Press, 2012, XIV
[11] R. Hinnebush, “Syria, Revolution from Above”, New York, Routledge, 2001, 83
[12] M. Seurat, “Syrie, L’Etat de barbarie”, Paris, Presses Universitaires de France, 2012, 21
[13] M. Seurat, “Syrie, L’Etat de barbarie”, Paris, Presses Universitaires de France, 2012, 59
[14] .H. Batatu, “Syria’s Peasantry, the Descendants of its Lesser Rural Notables and Politics”, Princeton New Jersey, Princeton University Press, 1998, 245
[15] “President Bashar al Assad’s Address to the People’s council”, “Damascus Online”, July 17, 2000
[16] J. Landis and J. Pace, “The Syrian Opposition : the Struggle for Unity and its Relevance, 2003 -2008”, in : ed. F. H. Lawson, “Demystifying Syria”, London, London Middle East Institute at SOAS, 2009, 121
[17] R. Lowe, “The Syrian Kurds: A People Discovered”, http://www.chathamhouse.org/sites/d [4]... , 2006
[18] Barout M. J., “Al – Aqd al Akhir fi tarikh surya: jadaliyyat al jumud wal islah”, Doha, 2012; Al Markaz al Arabi lil Abhath wa Dirasat al Siyasat, 2012
[19] Blog, Un oeil sur la Syrie, Ignace Leverrier : Rami Makhlouf, “de l’affairisme à l’illusionnisme”, June 28, 2011 (http://syrie.blog.lemonde.fr/2011/0 [5]....).
[20] B. Haddad, “Business Networks in Syria, the Political Economy of Authoritarian Resilience”, Stanford California, Stanford University Press, 2012, 20
[21] IRIN, (February 11, 2008), “Syrie : L’inflation creuse l’écart entre les riches et les pauvres”, http://www.irinnews.org/fr/Report/7 [6]...
[22] Central Bureau of Statistics, Damascus (http://www.cbssyr.org/ [7])
[23] “Syrian Arab Republic, Third National MDGs Progress Report 2010”, http://www.undp.org/content/dam/und [8]...
[24] FIDA, “République arabe syrienne, programme d’options stratégiques pour le pays”, December 2009, http://www.ifad.org/gbdocs/eb/98/f/ [9]...
[25] “Syrian Arab Republic: 2009 Article IV Consultation—Staff Report; and Public Information Notice”.http://www.imf.org/external/pubs/ft [10]...
[26] “Statement by A. Shakour Shaalan, Executive Director for Syrian Arab Republic”, January 9, 2009, http://www.imf.org/external/pubs/ft [10]...
[27] “The First Poverty Assessment Report (UNDP 2005)”
[28] “The First Poverty Assessment Report (UNDP 2005)”
[29] FIDA, “République arabe syrienne, programme d’options stratégiques pour le pays”, December 2009, http://www.ifad.org/gbdocs/eb/98/f/ [9]...
[30] Yazigi J., “Syria Report”, June 2010
[31] FIDA, “République arabe syrienne, programme d’options stratégiques pour le pays”, December 2009, http://www.ifad.org/gbdocs/eb/98/f/ [9]...
[32] “Interview with Syrian President Bashar al-Assad”, January 31, 2011, http://online.wsj.com/article/SB100 [11]...