Nell’ultimo articolo [2] abbiamo tracciato una linea di confine e stabilito un criterio di distinzione tra mondo delle autoproduzioni e mondo delle multinazionali della musica, cioè le majors. Fondamentale questo, per chi ha voglia di addentrarsi nel dibattito sulle autoproduzioni stesse (e non solo musicali), cercando anche di individuare le connessioni esistenti tra questo mondo, ed altre realtà più o meno autorganizzate, con le quali contribuisce alla costruzione di una cultura e pratiche alternative. Prima di dedicare ai prossimi appuntamenti un’analisi più approfondita su queste ‘connessioni’ tra mondo delle autoproduzioni musicali e le altre ‘componenti' di quella che potremo definire una contro-cultura-contemporanea, in questo articolo affronteremo più da vicino il tema del diritto d’autore, principale oggetto di un buon 50% della normativa SIAE. Questa, sembrerebbe ad oggi non riuscire più a stare al passo con i tempi, né di fatto e né in linea di principio, poiché propone una tutela sulla paternità delle opere musicali che di fatto con i nuovi modi di comporre musica delle nuove generazioni (pensiamo al template nella musica reggae o al loop nella musica elettronica) ha molto poco da condividere. Basta realizzare che, almeno per quanto riguarda il campo dell’autoproduzione il compositore dell’opera sembra in realtà sempre più confondersi con altre figure che a volte non meno del primo contribuiscono alla realizzazione del prodotto finale. Nella seconda parte si proporrà un’ulteriore ma imprescindibile panoramica sulla totale rivoluzione del mondo dei supporti con i quali la musica viene oggi fruita, che fa da sfondo e rende possibili i processi di stravolgimento anche dei principi di titolarità dei diritti d’autore (così come intesi da chi su di loro specula per mestiere).
Il diritto d’autore, al di là delle complesse formulazioni giuridiche che ne hanno accompagnato la nascita, è qualcosa di intuitivamente semplice: è il diritto alla remunerazione che spetta ad una particolare categoria di lavoratori, ossia i creatori di opere dell’ingegno. Scrivere un libro, una canzone o qualsiasi altra opera dell’ingegno, al di là dell’aspetto creativo, è a tutti gli effetti un lavoro. E in quanto tale deve essere remunerato. Uno dei fondamenti del diritto d’autore è che l’autore è proprietario dell’opera che crea e quindi vanta su essa il diritto esclusivo di poterne disporre in ogni forma e modo. Ma la tutela accordata dal diritto d’autore non si limita al solo aspetto patrimoniale, include anche il diritto morale alla paternità e all’integrità dell’opera. Con questa tutela aggiuntiva (e tutta europea) si legittima una copiosa e discutibile normativa riguardo alle tasse e pagamenti imposti dalla SIAE soprattutto su un campo che evade da quello di remunerazione per l’opera dell’artista-lavoratore. In estrema sintesi occorre che l’organizzatore di qualsiasi tipo di iniziativa musicale e non solo, così come l’esercente che intenda attivare un servizio di musica d’ambiente nel proprio locale, deve rivolgersi preventivamente alla struttura SIAE competente per il territorio per ottenere il Permesso Spettacoli e Intrattenimenti. Le pubbliche esecuzioni includono tutti i casi in cui i brani musicali vengono eseguiti in pubblico, sia dal vivo che mediante supporti registrati o diffusioni radiotelevisive. E’ utile a questo punto ricordare la differenza fra due diverse concezioni del diritto d’autore: il copyright americano, che protegge l’opera soltanto come un bene oggetto di sfruttamento economico, e il diritto d’autore europeo, che privilegia la sfera del diritto morale di paternità dell’opera.
La faccenda tuttavia si complica con l’avvento delle moderne tecnologie. Già con l’invenzione della radiofonia la corrispondenza tra esecuzione dell'opera e pubblico fruente viene meno, o meglio, viene meno il fattore spaziale: c’è un pubblico idealmente riunito attorno all’emittente, ma emittente e pubblico sono lontani. Infine, con la possibilità di trasmettere un’opera registrata, viene meno anche il fattore temporale: è il preludio della “realtà virtuale”. Un balzo di qualche decennio e siamo ai nostri giorni: con i cambiamenti enormi di Internet l’opera dell’ingegno, diffusa attraverso i supporti digitali e le reti, sempre più si smaterializza: si può farne una copia perfetta, si possono “mixare” forme d’arte diverse, si può addirittura intervenire sull’originale dell’opera con elaborazioni che ne modificano l’integrità creativa. In questa prospettiva, le stesse differenze fra i due grandi sistemi del diritto d’autore europeo e del copyright anglosassone sembrano destinate a sfumare, alimentando un dibattito culturale e giuridico. Come ci auspichiamo che sfumino le rigide regole sul diritto d'autore pilotate dal mercato delle majors e non dalla tutela dell'artista. Inoltre ricordiamo le rivoluzioni nel campo della composizione musicale, che soprattutto per alcuni generi musicali come il rap-il reggae e l'elettronca, diventa un procedimento spesso indefinibile di assemblamento di suoni-loop-ecc.
Per questo la musica sta affrontando una delle più grandi sfide della sua storia, che ne sta trasformando profondamente la struttura. Le nuove tecnologie della digitalizzazione del suono e la diffusione delle connessioni veloci a internet nelle abitazioni hanno creato nuove opportunità tecnologiche per distribuire la musica ai consumatori. Il formato di compressione audio MP3 e i suoi successori, insieme all‘ampia rete di distribuzione che è divenuta disponibile attraverso Internet, stanno guidando i cambiamenti nel mercato della musica registrata con un impatto enorme. Contrariamente ai formati tradizionali, i file musicali digitali possono essere separati dal loro supporto fisico, e possono essere compressi e scambiati su Internet in un intervallo di tempo relativamente breve.
E’ interessante per capire questi stravolgimenti del mondo della musica in particolare nella sua fase di diffussione e composizione, ripercorrere brevemente le principali tappe dell’evoluzione tecnologica dei supporti musicali, in quanto processi imprescindibilmente legati. La discografia moderna nasce con la riproducibilità seriale della musica, ottenuta tramite le tecnologie di registrazione di uno studio: una canzone viene incisa per essere stampata in migliaia di copie, virtualmente identiche l‘una all‘altra. In seguito per più di cinquant‘anni, l‘industria musicale ha avuto a che fare con il cambiamento tecnologico che ha periodicamente trasformato il mercato. Gli anni Cinquanta segnarono la fine dei dischi di gommalacca a 78 giri per minuto, che potevano contenere una singola canzone per facciata per un massimo di 4-5 minuti di musica ed erano pesanti e fragili. Nel 1951, la Columbia iniziò a rilasciare dischi nel formato a 7 pollici (18cm) di diametro e 45 giri per minuto. Nel 1958, la RCA introdusse gli LP stereo, ovvero dischi in vinile a 12 pollici (30 cm) di diametro e 33 giri per minuto, che potevano contenere sino a 46 minuti di musica sulle due facciate (per questo vennero chiamati ‘Long Playing’, che significa lunga durata di ascolto) e che presto divennero lo standard. Durante gli anni Sessanta, gli album presero il posto dei singoli quale prodotto musicale di punta. Per i successivi quarant‘anni, l‘album ha regnato come il prodotto musicale chiave. Le classifiche di Billboard, basate sulle vendite degli album, sono diventate la misura del successo. Si sono così andate definendo nel tempo le due forme principali di fruizione della musica: la diffusione, cioè l'ascolto della musica nel suo farsi suono, a una vasta platea di utenti (gli anglosassoni la definiscono broadcasting), e la distribuzione, cioè la registrazione di brani musicali su supporti destinati alla vendita o alla riproduzione in casa in un numero teoricamente infinito di volte. Gli anni Settanta furono testimoni dell‘introduzione dell‘audio-cassetta, della bobina a otto tracce e dei relativi lettori che fecero delle automobili dei sistemi stereo su ruote. Negli anni Ottanta si assiste all‘emergere delle prime tecnologie digitali, il Compact Disc, che si affiancano a quelle analogiche (vinile e cassetta), replicandone forme e modelli. Il CD, inizialmente, non è che un LP migliorato in termini di capienza, longevità e qualità sonora del supporto. Progressivamente il CD sostituisce il vinile, ma non la cassetta magnetica, che grazie alla sua portabilità e a lettori come il walkman e l‘autoradio resiste fino all‘inizio del XXI secolo. Il moltiplicarsi dei formati di distribuzione e consumo della musica negli ultimi anni è dovuto alla smaterializzazione della stessa, riconducibile a una sequenza di numeri, gli 0 e 1 del linguaggio binario degli elaboratori elettronici, e compressa in file trasmissibili lungo le reti telematiche. La smaterializzazione porta con sé la moltiplicazione degli hardware di riproduzione, questi ultimi non sono più ad appannaggio esclusivo dell‘industria discografica, che perde progressivamente il monopolio tecnologico sulla musica. Tutti i principali lettori musicali del XX secolo, dal grammofono al walkman, dal giradischi al lettore CD, sono stati inventati e prodotti da industrie legate o facenti parte di multinazionali attive anche nel campo della discografia. Il tentativo di controllo delle tecnologie di riproduzione da parte dell‘industria della musica si è manifestato, quindi, nel favorire od ostacolare determinati formati (e relativi lettori) piuttosto che altri. Il criterio di selezione è sempre stato la protezione dei prodotti, che è il modello di business su cui si basa l‘industria culturale. La discografia ha favorito formati come il vinile e, almeno inizialmente, il CD, entrambi non duplicabili: il consumatore poteva solo acquistare quelli originali. In questo quadro il mondo della discografia ha dovuto subire, da parte di un comparto industriale estraneo, l‘introduzione di un nuovo hardware di lettura: il personal computer, prodotto dalle industrie informatiche. Tramite strumenti come il masterizzatore o la conversione della musica in file, il PC ha consentito forme d‘uso e di consumo della musica stessa (come la copia dei CD o la distribuzione telematica) che la discografia aveva strategicamente tentato di impedire. Infine il terremoto che ha cambiato irreversibilmente la forma dell‘industria musicale, che si è verificato durante alcuni brevi anni intorno all‘inizio del nuovo millennio quando Internet, la comparsa dei lettori MP3, e lo sviluppo delle reti peer-to-peer delinearono di cambiare radicalmente il panorama del mercato musicale. I soggetti coinvolti hanno abbracciato velocemente le opportunità offerte da queste tecnologie. La portabilità e l‘interoperabilità della musica sono divenute l‘aspettativa generale. Simultaneamente nuove entità, parliamo del mondo delle autoproduzioni musicali, quell’insieme di realtà-progetti musicali di vario tipo in cui gli artisti hanno un grado di libertà artistica imparagonabile ai loro colleghi che si muovono all’interno del circuito major, sono emerse in modo intelligente nel canale distributivo e stanno sfidando i modelli di business delle maggiori etichette musicali esistenti.