Un nuovo partito. Una nuova sinistra extraparlamentare. Un nuovo social forum. Uno strumento di battaglia interna alla Cgil... Se ne sono sentite tante di definizioni sulla Coalizione sociale proposta da Landini nella riunione di sabato, che contribuiscono non poco a creare confusione. La proposta in effetti non ha ancora un profilo compiuto e probabilmente porta con sé moventi all’agire diversi tra loro. Gli stessi invitati alla riunione di sabato avevano idee differenti sull’oggetto stesso della riunione.
Noi eravamo lì, insieme ad un centinaio di persone rappresentative di una quarantina di associazioni, comitati e collettivi. Arci, Forum per l’acqua pubblica, Udu e Link, alcuni Centri sociali, Legambiente, la fabbrica recuperata Rimaflow, Libera, Action, Emergency, il movimento Libertà e giustizia. Insomma un arco di esperienze sociali molto diverse tra loro, da quelle più moderate che diedero vita alla manifestazione “La via maestra”, alle realtà più radicali che come noi hanno costruito in questi mesi lo Strike meeting.
Su una cosa Landini è stato chiaro: “Se siete venuti per fare un nuovo partito, auguri, io però in quel caso me ne vado”. Non è questa l’intenzione del segretario della Fiom, che allude ad altro e non ha mai parlato né di Syriza né di Podemos. Sabato ha proposto ad una serie di soggetti diversi di costruire un programma condiviso e un'azione collettiva contro le politiche di austerità (in Europa e in Italia). La convinzione è che sia la nuova realtà sociale e politica ad imporre a tutti, a partire dallo stesso sindacato, di aprirsi e di tenere insieme vertenze diverse, come quelle sul lavoro e l’ambiente che spesso – come nel caso Ilva – rischiano invece di andare in contraddizione. Così come vanno tenute insieme le lotte del lavoro subordinato classico e quelle dei precari e partite Iva, non a caso presenti anche con l’associazione degli avvocati Mga, con la rete dei ricercatori e con l’associazione dei parafarmacisti. E insieme vanno tenute anche le battaglie su legalità e democrazia con quelle sociali.
La forma che prenderà questa Coalizione al momento non è ancora chiara. Un’Associazione di associazioni? Può essere, ma per ora senza una volontà organizzativa rigida, e aperta sia ad associazioni che a singoli individui, con l’invito ad organizzarsi dal basso senza aspettare necessariamente che la coalizione parta in modo compiuto dall’alto.
Questo, molto sinteticamente, ciò che ha detto Landini. Una proposta quindi tutta da costruire, che per ora vive dell’enorme visibilità mediatica di cui gode il leader della Fiom, ma che contiene anche un’intuizione interessante, di cui anche noi discutiamo da un po’. L’intuizione secondo cui oggi vanno ricostruite le premesse sociali e programmatiche di qualsiasi iniziativa politica. Premesse essenziali dopo la fine del movimento operaio del Novecento e i disastri della sinistra politica italiana, e che vanno necessariamente affrontate. E nell’affrontarle vanno trovati nuovi strumenti per rispondere in forme diverse dal passato alle esigenze sociali della moderna composizione di classe. Ciò che serve è cambiare il campo di gioco della discussione politica, ponendo fine all’eterno dibattito sull’unità delle sinistre e su quanto una sinistra radicale debba o meno aver rapporti con la sinistra moderata, per spostare la discussione e le relazioni sul terreno sociale. Certo, che la Fiom e l’arco di forze che si è visto sabato sia in grado di fare una cosa del genere è tutto da dimostrare e può comprensibilmente esser guardato con scetticismo. Però la reazione veemente contro Landini del Pd e anche di parte della sua cosiddetta sinistra, spalleggiata anche dalla Camusso, denotano la distanza della proposta proprio dal loro campo di gioco. E non a caso per ora appaiono disorientati se non indispettiti anche Sel, Prc ed Altra Europa, esclusi dalla riunione e dal nuovo perimetro in cui pure sperano di poter rientrare, o di trasformarlo magari in base sociale del proprio progetto politico.
Il rapporto con i partiti è stato in effetti un elemento di dibattito sabato, con interventi più inclini ad aperture alle forze esistenti nella sola speranza di “cambiarne i programmi”, altri che esplicitavano la non competizione di questo progetto con quelli di Human factor ed Altra Europa, e chi invece ha spinto per una più netta cesura pensando all’autorappresentanza dei movimenti e ad un nuovo rapporto tra sociale e politico. Cosa a cui sembra alludere anche Landini quando esplicita il ruolo del sindacato come “soggetto politico”, pur non sbilanciandosi sul rapporto con le forze politiche esistenti.
Ciò che rimane tutto da verificare è il programma di questa coalizione, che per essere credibile non potrà non porsi il problema del debito e della necessità di non pagarne la sua parte illegittima, premessa essenziale per cambiare le politiche sociali come stiamo vedendo con il Governo greco.
E ancora di più ne andrà verificata la capacità di iniziativa sociale conflittuale, che dipende dalla qualità dei soggetti che sarà in grado di coinvolgere e dalla capacità di agire pratiche efficaci. Nella riunione di sabato in realtà in pochi potevano vantare tali pratiche e non sono uscite grandi idee, se non quella proposta da Rimaflow – ripresa non a caso dalla maggioranza degli interventi – di costruire in modo conflittuale “case del mutuo soccorso” mettendo in rete esperienze di fabbriche recuperate o di produzioni a sfruttamento zero con i servizi sanitari di Emergency, le mense sociali e popolari organizzate da diversi soggetti e i luoghi sequestrati alle mafie, gli sportelli per i diritti dei precari con le lotte del lavoro subordinato.
Per il momento è stata solo decisa la convocazione di un prossimo incontro in forma pubblica, una vera e propria Convention con momenti tematici, che si svolgerà probabilmente a metà aprile. Li si capirà qualcosa di più. E sono state delineate una serie di mobilitazioni già esistenti e lanciate da soggetti interessati alla Coalizione, che non saranno manifestazioni della Coalizione ma tappe della sua costruzione: il 18 marzo con Blockupy a Francoforte contro la Bce, il 21 marzo a Bologna per la manifestazione di Libera contro la mafia, la manifestazione del 28 marzo della Fiom a Roma, e poi anche il 25 aprile a Milano e la manifestazione del 2 giugno in difesa della Costituzione.
Noi aggiungeremmo almeno la fondamentale may day milanese del primo maggio a Milano, che quest'anno intreccerà i temi della precarietà con quelli del No Expo. Ma è comunque evidente che tutto questo non basta. Il problema sarà andare oltre le discussioni, le manifestazioni di più sigle e la visibilità del leader. Altrimenti sarebbe una cosa etichettabile come un partito pur non definendosi tale, o del tutto simile ad esperienze di “cartello” tra vari movimenti già viste in passato. E a quel punto sarebbe pure un aggregato moderato e non così interessante. Il punto è se invece si porrà in modo più radicale i problemi sociali posti dalla crisi, riuscendo a produrre esperienze utili socialmente, che non per forza mettano insieme tutti i soggetti, declinando così anche al plurale la coalizione, intrecciando più esperienze concrete in grado di allargare i soggetti sociali ed organizzati interessati ad un percorso di opposizione sociale. E se riuscirà ad essere radicalmente autonomo dai soggetti politici esistenti, costruendo davvero un nuovo campo di gioco dove speriemtare pratiche conflittuali.