Violenza - previdenziale - contro le donne

Fri, 25/11/2016 - 17:37
di
Communia Livorno

Per potersi sottrarre dalle grinfie malefiche della controriforma pensionistica della Fornero attualmente vi sono due canali legislativi.
Il primo, precedente all'era del governo Renzi, è la cosiddetta "opzione donna". Consiste nella possibilità di andare in pensione nella fascia di età compresa tra i 57 e i 62 anni ma solo se si hanno ben 36 anni di contributi previdenziali, e con una forte penalizzazione del 25-30% dovuta alla eliminazione del sistema retributivo dal calcolo della pensione anche per gli anni precedenti il 1995 (controriforma Dini, passaggio da retributivo a contributivo), per attestarsi su un calcolo basato tutto sui contributi reali, contributivi, versati in ben 36 anni.

Ecco un esempio concreto: su un lordo certificato Inps di 1.800 euro, che genererebbe una pensione mensile a regime di circa 1.500 euro (a circa 67 anni nel 2019 e poi a salire fino ad oltre 70 anni per le più giovani, per il meccanismo perverso delle cosiddette "aspettative di vita crescenti"), l'accettazione deII'"opzione donna" condurrebbe ad un drastico taglio mensile di ben 370 euro.

Oltretutto con la contraddizione evidente che vengono equiparate, con uno scarto di ben 6 anni di possibile godimento pensionistico, le relative più giovani di 57 anni alle "vecchiette" di 62 anni, producendo una ulteriore discriminazione e divisione tra donne.

Il secondo canale, imposto a tutte le donne e anche agli uomini, è la cosiddetta "ape volontaria", per le nate tra il 1951 e il 1953, che è stata inserita nella Legge di Bilancio per il 2017, ed oggetto di un sostanziale via libera da parte dei sindacati Cgil, Cisl e Uil, desiderosi di essere finalmente riconsiderati dal governo Renzi e dal
suo ideatore, il professore della Bocconi Nannicini, che con una platea potenziale di ben 300.000 lavoratrici e lavoratori offre un succulento bocconcino alle banche a alle assicurazioni presso le quali il pensionando o la pensionanda dovranno obbligarsi, tramite l'Inps, per "soli" 20 anni.

Sottolineando che il governo ha voluto circoscrivere la cosiddetta "ape social" soltanto a undici "lavori gravosi", tra i quali autisti di camion, edili, e per il personale infermieristico solo quello delle sale operatorie (lasciando fuori, in una categoria di 300.000 persone molto femminilizzata tutti gli altri ruoli infermieristici), e solo per il l'importo di 1.350 euro lordi mensili corrispondenti a poco più di 1.000 euro netti.

Consideriamo un esempio concreto: le stesse simulazioni del governo (fonte Sole 24 ore del 5 novembre 2016) ammettono un costo del 5,5% medio annuo per l'anticipo pensionistico volontario calcolato su una richiesta di un'ape al 100% della pensione certificata mensile, con almeno 20 anni di contributi previdenziali, con ciò auspicando, per evitare iI completo fallimento dell'operazione, che ci siano richieste di aple al 50-80% della pensione e di poter utilizzare con la proposta "Rita" (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata) gli importi già maturati con la eventuale pensione integrativa dei fondi pensione volontari (perdendo la propria liquidazione) che ad oggi sono comunque appannaggio di una minoranza di lavoratici/lavoratori.

Prendiamo in considerazione il seguente caso concreto di una lavoratrice con 36 anni di contributi, nata nell'aprile del 1953, con una pensione netta mensile a regime nel 2019 di circa 1.500 euro. Cosa succederebbe richiedendo un anticipo pensionistico di 31 mesi prima della tagliola della Fornero? Il taglio previdenziale mensile ammonterebbe a 217 euro nell'ipotesi governativa di un Tan del 2,5% annuo "concesso dalle banche" per un periodo di 20 anni, più la spesa assicurativa ammontante al 29% del capitale da rimborsare, nel caso concreto a 708 euro annui per venti anni.
Ammessa e non concessa l'ipotesi governativa di detrazione fiscale al 50% della quota interessi e del premio assicurativo, il pesante sacrificio richiesto alla lavoratrice dopo una vita di lavoro ammonterebbe a 217 euro di taglio previdenziale più altri 30 euro per l'assicurazione in caso di impossibilità di pagare il debito (morte del pensionato) prima dei 20 anni stabiliti, arrivando così a ben 247 euro mensili.