Renzi stravince, ma l'Europa dell'austerity è in crisi

Mon, 26/05/2014 - 18:29
di
Thomas Müntzer

1. I risultati elettorali complessivi in tutta Europa danno vita ad un parlamento ben poco gestibile, con un indebolimento dei due principali gruppi (popolare e socialista), e nessuna maggioranza per i vari candidati alla Presidenza della Commissione. L'Europa dell'austerity conferma di vivere una crisi politica senza precedenti. Anche nei paesi dove la crisi non ha ancora morso in modo devastante (Francia, Gran Bretagna, Danimarca, Austria) c'è un grande successo di partiti euroscettici di destra ed estrema destra, forse per la paura di essere tirati giù da altri paesi europei. Solo la Germania appare politicamente più stabile con la tenuta della Merkel. Particolarmente inquietanti i risultati di Le Pen in Francia e di Farage in Gran Bretagna. Solo in Spagna e in Grecia, non a caso teatri dei movimenti europei più significativi degli ultimi anni, la crisi ha rafforzato la sinistra radicale che raccoglie entusiasmanti successi, a partire da quello di Tsipras in Grecia che assume un valore simbolico per la stessa Unione. Di fondo c'è una crisi sociale e politica che si può esprimere in vari modi, opposti fra loro, ma tutti i fenomeni politici danno l'impressione di essere poco solidi, e di poter esplodere e implodere in poco tempo. Tranne la Germania – e l'Italia, dove però il Governo era “nuovissimo” – perdono tutte le forze che provano a governare l’austerity, ed è particolarmente clamoroso il crollo del Partito socialista francese. In un tale quadro di debolezza politica è però probabile come reazione un’ulteriore concentrazione del potere negli esecutivi politici, economici e finanziari.

2. In Italia Renzi stravince e rimane senza avversari credibili, cosa inedita in Europa, e piuttosto sorprendente. Il Pd guadagna circa 3 milioni di voti dalle scorse politiche e 4 milioni dalle ultime europee. Un successo con percentuali che non si vedevano dai tempi della Democrazia Cristiana. Il trionfo di Renzi segna un passaggio di fase, chiude definitivamente l'epoca berlusconiana e apre la nuova fase renziana. Il balzo deve essere in parte relativizzato dall'astensione (circa 6 milioni di votanti in meno rispetto alle politiche), ma segnala comunque che attorno a Renzi si è coagulato l'elettorato tradizionale italiano, moderato, da "ceto medio" (per quanto trasversale) e che identifica finalmente quello che è diventata la socialdemocrazia storica. Renzi sfonda infatti soprattutto a destra, tra gli elettori di Berlusconi e Monti, ma recupera in parte quei voti che dal Pd si spostarono al M5S lo scorso anno, convinti di poter fungere da "pungolo" e che, a giudicare dai dati dell'Istituto Cattaneo, sembrano rientrati in partre a casa. Chiude la campagna elettorale dicendo “chi vota me non vota la Cgil” rottamando definitivamente la tradizione del Pci, e pensionando il vecchio gruppo dirigente che ora difficilmente potrà più ambire ad un qualche ruolo. In un tale momento di crisi economica molto ha contato alla fine la promessa degli 80 euro in busta paga, ingiustamente definita un’elemosina da parte di Grillo e Berlusconi, mentre ne andava piuttosto svelato il meccanismo perverso: se non viene finanziata da tasse sui patrimoni o dalla ristrutturazione del debito, a finanziare gli 80 euro saranno gli stessi a cui vengono distribuiti. E infatti la vera domanda da porsi è: “Quanti margini di manovra ha Renzi?”. Pochissimi. Non c'è molto da redistribuire continuando la politica di austerity. Potrà fare riforme di facciata e annunci ma, dopo gli 80 euro non ha molte cartucce. Il conto prima o poi si ripresenterà.

3. Grillo perde quasi 3 milioni di voti dalle politiche, e non riesce a tener testa a Renzi. Sconta il limite di molte altre forze esplose in giro per l’Europa: la mancanza di un’alternativa complessiva, di società, di un progetto radicalmente diverso dall’attuale sistema. Dopo aver raggiunto l’enorme risultato dello scorso anno, la linea del "mandiamoli tutti a casa" non regge più. L'elettorato vuole capire come intende governare. Con l’assottigliarsi del voto d’appartenenza e identitario, il voto chiede un cambiamento immediato, che ovviamente Renzi – il “nuovo al Governo” – sembra poter garantire più dei “nuovi all'opposizione”. Ma soprattutto non si può pensare di poter fare opposizione senza costruire movimenti e partecipazione. In un passaggio dell'intervista concessa a Vespa, Grillo ha definito il movimento Cinque stelle un esempio anche per gli Indignados spagnoli e per Occupy Wall Street, “perchè loro si sono fermati al movimento, noi siamo diventati forza elettorale e possiamo vincere". In realtà senza movimento e partecipazione non si fa opposizione, e non si vince. E come si vede dall’esperienza di Podemos in Spagna, sono forse i movimenti spagnoli a poter insegnare qualcosa anche a noi.

4. Berlusconi crolla, ma il Centrodestra, seppur in grossa difficoltà, può tirare un sospiro di sollievo per il mancato sfondamento di Grillo che l’avrebbe escluso anche da un futuribile bipolarismo. Pur malconcio, sommando a Forza Italia il risultato di Alfano e Casini, quello in ripresa della Lega e l'avanzata di Fratelli d’Italia, può ancora avere qualche ambizione di rilancio. Dovrà però ricostruirsi, e Berlusconi dovrà gestire la sua difficile successione. Il rischio è che nel ricostruirsi si sposti ancora più a destra, sulla scia dei successi europei di Le Pen e Farage.

5. L’altra Europa per Tsipras raggiunge il quorum per poche migliaia di voti, portando tre europarlamentari a Strasburgo e salvaguardando l’esistenza in Italia di una sinistra radicale. A guardar bene però il progetto sembra non aver funzionato. Sicuramente la figura di Tsipras e il grande successo di Syriza ha permesso alla lista di non apparire semplicemente residuale come erano invece state percepite le ultime esperienze elettorali della sinistra radicale. Ma la lista, con un milione e centomila voti, perde comunque consensi anche rispetto alla somma dei risicati risultati di lista Ingoria e Sel delle ultime elezioni, e perde addirittura il 50% dei voti se consideriamo la somma dei voti di Prc e Sel alle elezioni europee del 2009 . Ma soprattutto la campagna elettorale – tranne rare eccezioni – non ha costruito un quadro unitario e dinamico, non sembra avere idee di movimento e opposizione su cui rilanciare nuovi progetti, e le varie componenti si divideranno da subito se utilizzare o meno questo peso elettorale per futuri accordi con il Pd. Partito democratico che nel frattempo sembra però non avere più bisogno di alleati.

6. La Sinistra europea alla fine sarà il quinto gruppo nell’europarlamento e non il terzo come sperato. Se la Linke in Germania più o meno tiene con il 7,4%, in Francia cala il Front de gauche (6,3%), senza nessuna capacità di saper intercettare il crollo del Partito socialista francese. Non brilla particolarmente nemmeno il risultato del Bloco de esquerda in Portogallo (4,6%). Gli unici due paesi dove c’è una vera e propria esplosione a sinistra sono appunto Grecia e Spagna: in Grecia Syriza – non a caso il partito che ha avuto il profilo più chiaro e radicale tra quelli aderenti alla Sinistra europea – diventa primo partito greco con il 25,6%; in Spagna Izquierda unida arriva al 10% e la nuova lista nata dai movimenti Podemos raggiunge incredibilmente l’8%. I grandi movimenti greci, e gli indignados spagnoli hanno seminato qualcosa.
Proprio l’esperienza di Podemos, nata in modo strettamente intrecciato alle dinamiche dei movimenti degli Indignados, dimostra quanto può essere efficace una proposta che parte dai movimenti più che rappresentarli, e che prova a ricostruire ex novo la cultura politica della sinistra radicale uscita con le ossa rotte dalle sconfitte degli ultimi anni. Un successo elettorale che può subito essere rilanciato con una rinnovata capacità di movimento ed opposizione sociale alle politiche di austerity, che possa ricostruire un futuro per la sinistra radicale europea. Nessun modello è esportabile sic et simpliciter in un altro paese, non lo è Syriza come non lo è Podemos. In particolare dall’esperienza spagnola crediamo però che i movimenti e la sinistra radicale italiana abbiano molto da imparare, anche rispetto a ciò che è stato nel nostro paese il percorso della lista Tsipras. E su questo proveremo ad aprire ed approfondire la riflessione a livello nazionale ed internazionale.