L'opportunità di Syriza e la centralità dei movimenti

Thu, 22/01/2015 - 10:42
di
Thomas Müntzer

Le elezioni parlamentari greche del 25 gennaio rappresentano un appuntamento importante non solo per la popolazione di quel paese ma dell'intera Unione europea.
Le modalità con cui si è giunti a queste elezioni mostrano a che punto sia arrivata la crisi di legittimità della classe politica greca e la sua incapacità a gestire politiche economiche e sociali strette tra l'austerità richiesta dalla troika e la pressione popolare. Per quanto i movimenti sociali abbiano mostrato segni di stanchezza e la mobilitazione non sia stata recentemente ai livelli degli ultimi anni, è evidente che la popolazione greca non vuole più sopportare il peso delle politiche imposte dalla commissione europea, e vuole uscire dall'austerità.
La possibile vittoria elettorale di Syriza rappresenta per questo una speranza che una parte importante delle classi sociali più svantaggiate ripone in questo passaggio politico-elettorale.

Syriza si presenta a queste elezioni con un programma economico di "emergenza" (si legga l'articolo di Salvatore Cannavò su questo sito), con aspetti decisamente interessanti e indirizzati a favorire i settori più svantaggiati (forniture di elettricità gratuita; sovvenzioni alimentari; cure mediche e farmaceutiche accessibili a tutta la popolazione; la casa assicurata a circa 30 mila famiglie; il pagamento della tredicesima alle pensioni inferiori ai 700 euro mensili; la gratuità dei trasporti pubblici; il ribasso dell’Iva sul gasolio da riscaldamento e così via). Altri progetti risultano più sfumati o perlomeno legati ad un processo di rinegoziazione con i vertici dell'UE (come nel caso della proposta da sempre sostenuta di un audit sul debito e sul suo eventuale non pagamento). Altri sembrano ancora troppo timidi (debole pare la scelta di riforma fiscale - tutta incentrata sul recupero dell'evasione - così come necessarie "scorribande" sulla questione della proprietà, in particolare delle banche).
Insomma ci troviamo di fronte ad un programma riformista radicale (non anticapitalista), che nell'attuale situazione dell'UE rappresenta comunque una contraddizione e una possibilità di rottura.

Nell'odierna situazione politica e sociale europea - dove sono in crescita movimenti e partiti populisti, xenofobi e neonazisti - una possibile vittoria elettorale di Syriza rappresenterebbe una forte discontinuità positiva.
La possibilità di formare un governo di sinistra porterebbe aria nuova nelle dinamiche bloccate della politica europea. Anche se è difficile prevedere oggi una dinamica "costituente" della vittoria di Syriza e anche un'evoluzione anticapitalista (tantomeno limitata alla sola Grecia) della sua azione appare poco prevedibile.

Abbiamo ben presente la differenza tra una mobilitazione in gran parte di natura elettorale e il dispiegamento di un conflitto sociale di classe. Ma se un tale governo provasse davvero ad applicare le misure che ha dichiarato, porrebbe di fatto a livello europeo la necessità di un cambiamento delle politiche comunitarie e comunque le renderebbe meno facili da applicare anche ad altri paesi. E potrebbe saldarsi anche sul livello politico con un auspicabile successo elettorale di Podemos nello stato spagnolo. Si aprirebbe, insomma, uno spazio politico che i movimenti sarebbero chiamati a trasferire sul piano del conflitto sociale.

Per questo speriamo che Syriza possa avere un forte successo alle elezioni. E vanno denunciati e respinti i ricatti che diverse istituzioni europee e internazionali stanno cercando di attuare nei confronti della popolazione greca, condizionando "aiuti" ad un voto differente da quello per Syriza e minacciando provvedimenti che mostrano quanta misera considerazione abbiano queste istituzioni per le "libere elezioni".

La vittoria di Syriza è un'opportunità per tuttti e potrebbe trasformarsi in disillusione e demoralizzazione se dovesse fallire. Anche per questo siamo convinti che una vera rottura con le politiche dell'austerità e il ricatto del debito passi attraverso il protagonismo dei movimenti sociali e la costruzione di organismi di partecipazione democratica dal basso. Anche se non è all'ordine del giorno una dinamica di "contropotere" e di "autogestione conflittuale", è comunque necessario che si sviluppino strumenti e forme di partecipazione, di controllo e di decisione rispetto alle politiche di un eventuale governo guidato da Syriza, sia esso di sinistra o di coalizione.
La partita non si riduce, come non pochi pensano, alle relazioni o alle contraddizioni tra un partito, Syriza, e le istituzioni nazionali e internazionali. Perché si aprano davvero nuove possibilità sul piano continentale, è necessaria una ripresa del movimento sociale a livello europeo, e rotture anche sul piano politico. Non si tratta tanto di mobilitarsi per sostenere l'eventuale governo di Syriza - anche se dovremo mantenere ogni attenzione solidale di fronte a eventuali contraccolpi (pensiamo in questo caso più sul piano politico/finanziario che militare) - quanto di puntare su mobilitazioni europee e nuove relazioni dal basso tra esperienze di lotta.

Ci sembrano invece privi di senso i richiami al "fare come in Grecia" (magari fatti dagli stessi che dicono "fare come Podemos", senza rendersi conto che si tratta di due strade diametralmente differenti...).
Syriza è l'ultima esperienza di successo di una fase tramontata, quella della possibile ricomposizione politica di aree diverse legate alle concezioni del vecchio movimento operaio. Non essendosi mai macchiata di governi con i socialisti ha retto, e in questa fase di crisi ha rappresentato l'alternativa credibile.
Pensare che in Italia si possa ricomporre politicamente qualcosa a partire dai Cofferati, Civati e Vendola rappresenta un'ipotesi illusoria e anche se, sul piano elettorale, l'esperiemento dovesse avere qualche risultato (soprattutto in caso di esplosione della "bolla" renziana) questo non risolverà i problemi strutturali di ricostruzione di una soggettività critica che abbia solide gambe sociali legate a una pratica di autorganizzazione. In questo senso l'esempio di Podemos, con tutti i limiti, è più interessante, e parla di una rigenerazione a partire dai movimenti e non dai ceti politici esistenti, e per di più tutti responsabili a vari livelli delle politiche degli ultimi vent'anni. Senza questa rigenerazione nessuna ricostruzione di una sinistra radicale efficace è possibile in Italia.

Il nostro auspicio per un successo elettorale di Syriza in Grecia rimane legato alla volontà e all'impegno per sviluppare esperienze di lotte e vertenze sociali, in Italia e in Europa.
Per questo ci sembra particolarmente importante investire in Italia sul percorso delle Strikemeeting come passaggio di rilancio di una mobilitazione sociale che guardi alla mutata composizione di classe ed esca dalle secche dei percorsi asfittici sindacali (in particolare di una Cgil ferma al 12 dicembre e ad una mobilitazione mai voluta e mai sostenuta) e in Europa nella mobilitazione del 18 marzo di Blockupy Francoforte come possibile connessione europea su cui lavorare, provando a farne un punto di ripartenza più che di arrivo.