L'antisemitismo ancora esistente

Wed, 04/03/2015 - 15:24
di
Socrates

E’ passato ormai più di un mese dagli attentati parigini a Charlie Hebdo e al supermercato Kasher, nel frattempo i fatti di Copenaghen, che ne sono forse una diretta conseguenza o comunque un tentativo di emulazione, ne hanno ravvivato la memoria. In mezzo a questi due episodi c’è stata la profanazione del cimitero ebraico a Sarre- Union, un paesino di tremila persone dell’Alsazia. I primi mesi del 2015 hanno dunque riportato in prima linea la tematica dell’ islamofobia ma anche quella dell’ antisemitismo.

Non a caso dopo l’attacco alla sinagoga nella capitale danese il premier israeliano Netanyahu pronunciava quasi immediatamente le seguenti parole “Ci prepariamo per un’immigrazione di massa dall’Europa. Facciamo appello perché ci sia un’immigrazione di massa dall’Europa. Voglio dire a tutti gli ebrei d’Europa o ovunque essi siano: Israele è la vostra casa, Israele vi aspetta a braccia aperte”.
Le parole di Netanyahu riflettono certamente ciniche esigenze della campagna elettorale in atto in Israele, la criminale aggressione a Gaza avvenuta l’estate scorsa ha paradossalmente eroso i consensi del premier in favore dell’estrema destra di Liebermann e Netanyahu prova a recuperare credito erigendosi a difensore degli ebrei nel mondo, dipingendo la “sua” “Israele” come l’unico luogo sicuro di fronte a un’imminente nuova ondata di antisemitismo. Capire la vera natura delle parole di Netanyahu non era certamente complicato, in questi settimane anche David Grossmann e Gad Lerner (certamente non dei rivoluzionari) avevano attaccato il premier israeliano accusandolo di fare propaganda elettorale.

Se quanto detto possiamo considerarlo assolutamente centrale nell’analisi della strategia del governo israeliano non possiamo però ignorare che, come tutte le azioni di propaganda elettorale, si basano sull’esistenza di un problema reale. L’antisemitismo in Europa ha radici profonde e diversificate a seconda dei Paesi e dei periodi storici ma è certamente un dato di fatto che l’emarginazione o persecuzione degli ebrei in quanto tali è un fenomeno di origine prettamente europea e legato indissolubilmente, almeno in origine, all’atteggiamento sviluppato dalla Chiesa cattolica ed ortodossa per molti secoli. Netanyahu però in questo caso ha espresso preoccupazione per la situazione degli ebrei europei ma il suo riferimento era chiaramente al rapporto tra il “terrorismo islamico” e gli ebrei. La destra israeliana d’altronde da tempo cavalca la narrazione che vedrebbe l’esistenza di un antisemitismo tipicamente arabo o islamico, paragonabile o quasi a quello del nostro continente.

A tal proposito è necessario fare due precisazioni: l’islam politico wahabita, che potremmo considerare la matrice ideologica comune dell’ opzione politica legata al terrorismo islamico (che in questo momento sta facendo una battaglia di egemonia nel mondo arabo e non solo) ha in sé una visione totalitaria della società, di conseguenza ebrei, come cristiani o zoroastriani non sono accettati, anzi sono perseguitati al pari dei laici e degli oppositori politici; questo avviene nei territori governati dall’Isis ma anche in Arabia Saudita. In questo le analogie con il totalitarismo nazista sono molte.
Il nazionalismo arabo di stampo nasseriano, ormai politicamente in declino a causa dell’associazione diretta con i regimi corrotti e criminali di Mubarak, Saddam Hussein, Ben Alì, Assad o Gheddafi non ha mai avuto dei riferimenti politici prettamente totalitari ma, nonostante si basasse su principi laici, ha spesso sovrapposto per fini politici interni l’ebraismo con lo stato di Israele, strizzando quindi un occhio su questo terreno alle correnti più reazionarie dell’islam wahabita (e dando terreno fertile alle argomentazioni della destra israeliana). Da questo punto di vista la cacciata degli ebrei arabi dalla Libia del colonnello Gheddafi nel 1967 fu abbastanza emblematica: Gheddafi in quell’occasione, insieme ai coloni italiani rimasti in Libia nel dopoguerra, espulse anche gli ebrei (che vivevano in territori libico da tempi antichissimi) proprio per porsi come riferimento anti israeliano e sovrapponendo quindi l’ebraismo ad Israele.
Oggi quindi è importante capire che l’attacco alle Sinagoghe o ai negozi ebraici da parte dell’opzione politica terrorista persegue sia l’obbiettivo di porsi come nuovo riferimento per la resistenza palestinese e contro lo stato di Israele sia quello di proporsi come la componente più efficace, arrivando alla sovrapposizione totale tra Ebrei ed Israele. Nel perseguire questo obbiettivo trova purtroppo terreno fertile sia a causa dello sdoganamento che questa sovrapposizione ha avuto nei Paesi arabi, sia a causa della propaganda israeliana.

L’ultimo punto da analizzare è però quello che forse riguarda più direttamente i Paesi coinvolti negli ultimi attentati ed in particolare la Francia. Siamo infatti sicuri che l’antisemitismo, un cancro nato e cresciuto nel continente europeo, sia ormai estinto? Pensare all’antisemitismo come un fenomeno ormai esterno all’Europa o portato dai “barbari” serve forse a lavarsi la coscienza, non a vedere la realtà che ci evidenzia la crescita di formazioni politiche che hanno delle matrici razziste e antisemite (l’Ukip in Gran Bretagna, Pegida in Germania, Jobbik in Ungheria, Alba Dorata in Grecia). Gli episodi di antisemitismo, anche se non paragonabili come “drammaticità” agli attentati parigini e danesi, si sono intensificati in questi anni e sono stati portati avanti anche e soprattutto dall’estrema destra: a Roma alla fine dello scorso anno venivano inviate tre teste di maiale alla Sinagoga, gesto rivendicato da un ex militante di Forza Nuova; in Ungheria il leader del partito Jobbik, che detiene il 19 % dei seggi parlamentari, ha richiesto al governo ed alla stampa una “lista” di tutti gli ebrei che occupano cariche pubbliche o che lavorano nelle istituzioni; proprio all’inizio di quest’ anno in Francia il sito graphic-jobs.com pubblicava un annuncio di lavoro in cui si specificava che si cercavano grafici “possibilmente non ebrei”. La lista di episodi potrebbe continuare ma ciò che ci interessa di più è mettere in evidenza come, nel corso della storia, l’antisemitismo in Europa ha vissuti periodi di grande diffusione e periodi di “contenimento” ma non è mai scomparso del tutto, è forse dormiente ma certamente non è “virus” portato da posti lontani.

D’altronde viviamo un periodo storico in cui lo sdoganamento del razzismo contro i migranti ed i rom, e contro gli “islamici” in generale, è un dato quotidiano e non possiamo pensare che l’antisemitismo non faccia più parte di questo contesto, che è il “nostro” contesto, solo perché ora non viene sventolato ai quattro venti per motivi prettamente tattici. Le accuse verso i rom e gli islamici inoltre riflettono esattamente quelle che venivano lanciate contro gli ebrei negli anni ‘20 e ‘30 ovvero essere un “corpo estraneo” alle società europee o avere legami e contatti internazionali offensivi e pericolosi. In particolare il Front National di Marine Le Pen recupera pienamente la propaganda antisemita usata durante il caso Dreyfus, pensiamo forse che il così detto “terrorismo islamico” non conosca questo passato e non lo utilizzi per fare presa in una società come quella francese dove i conti con l’antisemitismo europeo e laico non sono mai stati fatti veramente?

“Ognuno è l’ebreo di qualcun altro” diceva Primo Levi, mai frase più adatta ai tempi che stiamo vivendo oggi….