La coalizione sociale è partita, ora serve il conflitto

Tue, 09/06/2015 - 16:01
di
Thomas Müntzer

Circa un migliaio di persone sui due giorni, da oltre 80 città, 200 interventi tra i 4 tavoli tematici e la plenaria conclusiva. È stato senza dubbio un successo di partecipazione la due giorni di Roma che ha lanciato la coalizione sociale (usiamo volutamente la minuscola), con dibattiti stimolanti nei tavoli tematici e una plenaria conclusiva incoraggiante.

In particolare il tavolo tematico sulla “rigenerazione urbana” è stato quello con la discussione più proficua, mettendo al centro le pratiche di mutualismo esistenti e possibili, l’idea della riappropriazione di spazi, dell’autogestione produttiva e del diritto all’abitare. È il terreno che sembra più in grado di funzionare in quest’idea di coalizione, a cui non si aderisce in nessun modo ma si dovrebbe partecipare a progetti concreti, mettendo in rete soggetti sociali organizzati e associazioni diverse ma che possono sperimentare pratiche in comune a partire dalla sperimentazione sui territori, senza voler riprodurre intergruppi dall'alto al basso, ma esperienze reali di relazione, conflitto, vertenza.

Forte, per tutti, è stato l’esempio della RiMaflow (qui il video dell’intervento in plenaria) e della sua relazione con Libera, con la riappropriazione di spazi nella capitale lombarda della ‘ndrangheta – Trezzano sul Naviglio – che diventa salvaguardia di posti di lavoro e autogestione produttiva. Il riutilizzo dei beni confiscati alle mafie, l’occupazione di patrimonio pubblico e privato, le pratiche autogestionarie degli spazi sociali, l’idea di rilanciare i Cral operai in fabbrica previsti dallo statuto dei lavoratori e che possono diventare uno dei luoghi da cui costruire Case del mutuo soccorso. Sono questi gli spazi che possono intrecciarsi con i servizi sanitari di Emergency, le mense sociali, gli sportelli e gli esperimenti di autoproduzione, tra cui più volte citato quello di “sfrutta zero”. Progetti che se radicati localmente dentro a vertenze di soggetti reali possono dare un’identità a questa coalizione, ribaltando l’idea per cui l’ipercompetizione e la guerra tra poveri siano il mezzo per uscire dalla crisi. Contribuendo nella pratica a ricostruire un’altra idea di politica e di sistema economico.

Spunti interessanti sono usciti anche dal tavolo su economia, politiche industriali e cambiamenti climatici, così come da quello sul lavoro, “Unions”, che è stato il più partecipato e il più “politico” tra i tavoli, vedendo a confronto anche esigenze in parte diverse tra le organizzazioni presenti. Indubbiamente il tavolo sul lavoro ha fotografato più degli altri la difficoltà data dallo stato di crisi profonda del vecchio movimento operaio, da cui è difficile uscire solo con mosse e contromosse. Serve un ragionamento e sperimentazioni di fondo su un nuovo sindacalismo diffuso, di cui si è parlato ma che ha bisogno di tempo e di coraggio. Il coraggio di mettere in discussione in modo radicale le organizzazioni sindacali esistenti, e quindi anche le proprie rendite di posizione.

Non sono mancati anche i limiti in questa due giorni. Intanto l’età media dei partecipanti era piuttosto alta: solo un quarto dei presenti era under 35, ancor meno under 30. Non si può non vedere il rischio che alcuni conosciuti attivisti politici e di movimento siano in cerca solo di una nuova chance per ripetere cose già viste, e già fallite. E soprattutto erano ancora poche le lotte o esperienze significative presenti in quanto tali. Significativamente, infatti, il tavolo sulla scuola è stato il più deludente, con scarsa presenza delle reti di movimento che nelle scorse settimane sono riuscite a mettere in difficoltà evidente il Governo. Ma erano assenti anche grande parte delle lotte ambientali che attraversano il nostro paese.

Nonostante ciò, la due giorni conferma un dato: mentre il quadro della discussione "politica-partitica" – da Rifondazione ad Altra Europa, da Sel ai “possibile” di Civati – non è in grado al momento di produrre alcunchè di interessante, fuori da quel quadro, partendo da un altro piano – quello sociale – qualcosa può muoversi. Qualche esponente di Sel e Prc si aggirava nella sala, ma dando più che altro l’impressione di non voler accettare la fine di un’epoca. Fine che invece andrebbe affrontata radicalmente.

Certo, il progetto della coalizione si muove ancora a braccio, ma questa è in fondo finora anche la sua ricchezza. Appare infatti abbastanza aperto e non predeterminato, senza date anteposte ai percorsi da costruire, provando a darsi dei tempi sociali – necessariamente lenti – e non quelli forsennati della politica. Al momento, la condivisione di fondo è sulla necessità di tornare ad alcuni strumenti delle origini del movimento operaio, e non a caso le cose più interessanti escono sul piano del mutuo soccorso. Anche se il nodo rimane come fare mutualismo, in modo che sia anche propulsore di conflitto e non diventi una “ritirata sociale” nella difficoltà di ottenere risultati dalle controparti.
Indubbiamente il tutto rimane dentro una prospettiva di affermazione della Costituzione, che è un approccio debole in termini di conflittualità e di rottura di alcuni equilibri, specie se l'orientamento di difesa della Costituzione scade in un generico primato della "legalità". Su questo però, oltre agli interventi condivisibili delle varie aree di Centri sociali presenti, è stato interessante l’intervento di Giuseppe De Marzo di Libera ("oggi ci preoccupano di più i poteri leciti di quelli illeciti…") così come l’esplicita apertura di Landini alla “disubbidienza alle leggi ingiuste”, valorizzando le occupazioni.

Sui contenuti, uno dei punti centrali della discussione è stato quello sul reddito, anche grazie allo stesso Renzi che proprio durante la due giorni è riuscito addirittura a definire “incostituzionale” una misura che esiste – in diverse forme – praticamente in tutta Europa tranne Italia e Grecia. Se ne è discusso al tavolo sul lavoro, e per la campagna di Libera “Miseria Ladra” che ha al centro proprio una proposta di “reddito di esistenza”, e che nell’intervento di De Marzo è stata accostata anche ad esperienze come quella della RiMaflow, in un’ottica quindi tutt’altro che assistenziale. La proposta del reddito, ormai al centro del dibattito politico, è in effetti centrale, ma per rompere il ricatto sulle condizioni di lavoro approfondito dal Jobs Act va affiancata ad altre rivendicazioni, come quella del salario minimo intercategoriale e del permesso di soggiorno per i migranti di almeno 2 anni, che siano in grado di contrapporsi complessivamente alle politiche del Governo.

Tema invece ancora troppo assente è quello del debito, che come vediamo in Grecia è il terreno decisivo su cui si gioca la possibilità di costruire politiche alternative a quelle imposte dalla Troika. Senza la ristrutturazione del debito è difficile pensare di poter cambiare in modo radicale il segno delle politiche subite finora. Servirebbe subito anche in Italia un’esperienza simile a quella del Cadtm, che in Grecia sta dando vita all’audit sul debito, per rafforzare davvero la credibilità dei contenuti proposti dalla coalizione.

L’altro decisivo elemento di discussione è ruotato intorno ad una possibile mobilitazione autunnale. Da più parti è stata avanzata la proposta di costruire uno “sciopero sociale generale”, con le modalità e i contenuti con cui lo Strike meeting ha costruito i suoi percorsi lo scorso autunno, e che in questo contesto potrebbe avere una forza e credibilità più ampia. La Fiom su questo è più cauta, ponendo una questione di tempi di costruzione che la coalizione si deve dare. È vero che la cosa più sbagliata sarebbe stata lanciare già da questa due giorni una data autunnale, ma il rischio di produrre solo una manifestazione autorappresentativa nell’autunno esiste. Ovviamente dipenderà da quanto in questi mesi il processo che si innesca sarà in grado di intercettare e creare lotte ed esperienze significative, costruendo percorsi di partecipazione che vadano oltre gli attivisti politici e di movimento.

Come verrà affrontato l’autunno, quali appuntamenti di mobilitazione la coalizione sarà in grado di lanciare, e su quali contenuti, farà la differenza nella possibilità del suo sviluppo e nella sua possibile crescita. Che se non sarà in un’ottica conflittuale, non sarà.