Come i media italiani hanno contribuito a rendere “figo” il fascismo

Fri, 09/02/2018 - 13:49
di
Claudia Torrisi*

Alcuni giornalisti hanno pericolosamente inquadrato questo movimento violento come attraente per gli elettori e le sue leader come “belle” e “pulite”.

Nel novembre 2017, la rivista italiana Marie Claire ha pubblicato un articolo dal titolo “Cosa sai veramente delle donne di CasaPound?”. L’articolo rappresenta le militanti del gruppo di estrema destra, nato a Roma nel 2003, offrendo a chi legge uno spaccato della loro vita privata, la condivisione di consigli di moda, cosa indossano e come gestiscono la vita privata e la famiglia, contemporaneamente alla militanza in un movimento fascista violento.

Negli ultimi 5 anni, CasaPound Italia (CPI) ha cercato di costruire una nuova credibilità politica e di ripulire la propria immagine al fine di inserirsi nel dibattito politico italiano mainstream. I media hanno fatto il loro gioco, sono stati protagonisti di questo progetto, aiutando a normalizzare e anche a rendere “attraente” il movimento di estrema destra.

Novembre è stato un mese importante per i “fascisti del terzo millennio” - come si sono definiti gli stessi militanti di CPI. Qualche giorno dopo la pubblicazione dell’articolo su Marie Claire, gli abitanti di Ostia, frazione di Roma, hanno votato per la nuova amministrazione locale (già sciolta nel 2015 per infiltrazioni mafiose).

I media nazionali hanno considerato quelle elezioni come un test per l’affermazione di CPI nella scena politica italiana. Il movimento ha schierato diversi candidati per le amministrative di Ostia e adesso punta ad ottenere dei seggi in parlamento – le elezioni sono in programma per Marzo 2018 – sicuri di avere diverse possibilità di successo.

Alle elezioni di Ostia, CPI ha raggiunto il 9% dei voti e ha ottenuto un seggio nella giunta locale. Questi numeri non sono grossi, e solo il 36% dei cittadini ha votato- ma CPI ha ricevuto un’enorme attenzione da parte dei media (anche perché un membro di un clan locale, che aveva apertamente supportato CPI, ha rotto il naso a un giornalista con una violenta testata).

Ciò che ha spiccato nelle elezioni di Ostia, inoltre, è stato il ruolo centrale di Carlotta Chiaraluce, portavoce del gruppo fascista e compagna del candidato locale e ora consigliere di CPI Luca Marsella. I giornali (in particolare le pubblicazioni di destra) hanno battezzato Chiaraluce “Lady CasaPound” e l’hanno chiamata “bella, fascista…acchiappavoti” o anche “la regina del movimento di estrema destra”. Ci sono stati editoriali servili su quanto fosse una madre dedita, una compagna fedele, un’atleta e un combattente. Un articolo l’ha descritta come “Viso pulito, sorriso sincero e piglio deciso”. Intervistata da un giornale di destra, Chiaraluce ha detto che ci sono molte donne nel movimento, tutte felici di ciò che stanno facendo. Aggiunge: “Anche se l’attenzione dei media non si concentra su questo aspetto, noi stiamo decostruendo la teoria della misoginia fascista”.

Secondo Maddalena Gretel Cammelli, ricercatrice e antropologa, “dalla fondazione di CasaPound, la presenza delle donne è stata gonfiata, ma in realtà il numero di donne è esiguo”. Cammelli ha osservato che nel 2010, in CPI “il ruolo delle donne era estremamente marginale, anzi loro erano assenti dai piani alti delle gerarchie”, e che il movimento e il fascismo come filosofia politica fossero molto “macho”.
La ricercatrice ricorda di quando andò, nel 2010, ad un evento di CPI e “il numero di donne era abbastanza imbarazzante: erano circa 20 su 500 persone. Una gran parte di loro era in cucina, a preparare i panini per gli uomini”.

Il profilo mediatico di Chiaraluce, nel frattempo, cresce costantemente: all’inizio di gennaio è stata invitata come opinionista ad un talk show politico su Rai3, un canale del servizio pubblico nazionale (sebbene la sua presenza sia durata solo una settimana). Il presentatore del talk show, conosciuto per essere di sinistra, “ha capito che non poteva ignorarci”, ha detto Chiaraluce.

Chiaraluce è stata anche tra le donne di CPI descritte a novembre da Marie Claire. La sua vita “è fatta di lavoro, figlio, palcoscenico [è una cantante] e politica” afferma.
Un’altra militante di CPI era descritta dalla rivista per il suo “outfit ispirato agli anni Cinquanta”, perché “la moda è sovversiva, può essere davvero espressione rivoluzionaria, messaggio politico, un’espressione di libertà creativa”. La sua vicinanza con i gruppi di sinistra quando era giovane ha “urtato il suo senso estetico”, scrive.

Una terza militante di CPI, di Milano, è descritta come “donna sulla trentina, tatuata, senza fronzoli, senza trucco, contro lo ius soli” (in riferimento all’opposizione di CPI alla legge che getterebbe le basi affinché i bambini nati ed educati in Italia con genitori stranieri possano ottenere la cittadinanza).

L’articolo descrive anche la reazione dei genitori della militante alla sua scelta di unirsi a CPI e che, mentre il padre l’ha rimproverata spesso - dicendo che suo nonno è stato ucciso dai fascisti e che dovrebbe vergognarsi di se stessa -, sua madre è più complice. “Visto che non siamo illegali, non siamo anti-costituzionali, non picchiamo nessuno, quando ho le riunioni la mamma mi tiene volentieri i bambini” dice.

Un’altra donna descritta dall’articolo di Marie Claire è Emmanuela Florino. È descritta come “un’altra trentenne, mamma. Napoletana. Diversa dalle altre. Una con la “cazzimma” - espressione dialettale per indicare furbizia e l’abilità di cavarsela in ogni situazione.
Quello che l’articolo trascura è il coinvolgimento di Florino in un’indagine del 2013 che ha portato all’arresto di estremisti di destra (la maggior parte dei quali di CPI) accusati di associazione sovversiva, attacchi violenti verso attivisti di sinistra e detenzione illegale di armi.

“Questo articolo è pura propaganda” mi ha detto Cammelli. Nota, per esempio, che le foto delle donne sono state scattate da un militante di CPI - Alberto Palladino (conosciuto come “Zippo”), che è stato condannato a più di due anni di prigione dopo l’attacco che nel 2011 ha mandato in ospedale cinque attivisti del Partito Democratico. “In secondo luogo, queste cinque figure femminili sono messe lì solo per dire che puoi essere una donna ed essere militante di CasaPound allo stesso tempo” dice.

Ma perché CPI è così interessata a mostrare l’impegno e la freschezza delle sue donne?
Secondo Caterina Froio, professoressa associate alla European School of Political and Social Sciences a Lille, quello che CPI sta facendo deve essere visto in un più ampio contesto europeo. “In tal modo, CPI non è un’eccezione” mi ha detto.

“Esistono ricerche che mostrano come, storicamente, l’estrema destra ha combattuto contro il cosiddetto ‘gender gap’, per esempio la sovra rappresentazione del maschile, le preferenze politiche degli uomini, tra membri, elettori e personale politico. Tuttavia, sembra che questo, nell Europa di oggi, stia cambiando in diversi modi. Dal punto di vista dell’elettorato, le donne rappresentano un potenziale serbatoio di supporto per l’estrema destra”.

Questo fenomeno è esemplificato dal Fronte Nazionale (FN), partito francese. “Nel 2002, quando il FN era guidato da Jean-Marie Le Pen , il partito ha guadagnato una quota molto più ampia di voti di uomini, rispetto a quella femminile. Nel 2012, da quando Marine Le Pen diventa presidente del partito, il gender gap è praticamente sparito” spiega Froio.
“Sempre più partiti di estrema destra stanno dando visibilità a personalità femminili” la cui immagine “sarebbe meno visibile se contrapposta alla “durezza” e alla violenza associate alla controparte maschile” continua. “In questo contesto, CPI non fa eccezione”.

Allo stesso modo Dutch scholar Cas Mudde ha affermato “per un partito politico di estrema destra può essere molto buono avere una leader donna”.

Nel marzo 2017, Nina Moric, ex modella croata che ha lavorato nello show business italiano, ha dichiarato il suo supporto a CPI. Poco dopo ha cominciato ad apparire in molte iniziative pubbliche di CPI (che hanno attratto molti giornalisti) e ha anche contribuito alla campagna elettorale di Ostia.

Negli ultimi mesi, in Italia, c’è stato un significativo dibattito su come i media dovrebbero trattare il fascismo e i movimenti di estrema destra. Questa è una questione ciclica nel paese almeno dalla seconda guerra mondiale.

La faccenda è tornata in voga da settembre, quando CPI ha organizzato una serie di dibattiti con il vicepresidente di CPI, Simone Di Stefano, e noti giornalisti televisivi, alla sede di CPI a Roma- un edificio occupato che il gruppo chiama “ambasciata italiana”.

Lo slogan usato per promuovere l’evento, “CasaPound, dove il confronto è libero”, riflette l’obiettivo dell’iniziativa: presentare il movimento come aperto a tutte le opinioni, rispettoso della democrazia e delle sue regole - a differenza degli antifascisti che combattono la presenza di CPI e che nascondono discorsi di odio sotto la maschera del diritto alla libertà di espressione.

Questo nuovo abito tenta di rendere secondaria la storia di violenza e xenofobia che hanno caratterizzato il movimento sin dalla sua fondazione - elementi che CPI ha spesso usato per guadagnare visibilità sui media e social media.

A quanto pare la strategia ha funzionato. Due importanti giornalisti hanno accettato l’invito al dibattito (uno dei quali era moderato da Chiaraluce) reclamando che da quando CPI partecipa alle elezioni è “legittimata dalla democrazia” - mentre i leader, membri e sostenitori del movimento hanno iniziato ad apparire sempre più spesso in TV.

Sebbene i media stiano dando uno spazio significativo al movimento, i giornalisti sembrano riluttanti ad usare “la parola con la F”, specialmente quando si tratta di episodi di violenza o aggressioni, anche quando hanno a che fare con gruppi politici che definiscono se stessi come fascist i- come fa la stessa CPI.

“È chiaro che il fascismo sta cercando di dare un’immagine positiva di sé. Essere fascisti oggi è di moda”, afferma Cammelli, antropologa. “C’è certamente una strategia comunicativa [fascista], ma negli ultimi 10 anni i media hanno giocato un loro ruolo in questo processo di normalizzazione. E i risultati li vediamo oggi”.

*Fonte articolo: https://www.opendemocracy.net/5050/claudia-torrisi/how-italian-media-hav...
Traduzione a cura di Giulia Di Bella