Alla destra di Dio padre

Fri, 04/04/2014 - 17:23
di
Lidia Cirillo

Alcuni Collettivi femministi, o che lavorano sui temi di genere, stanno pensando alla possibilità di dar vita a una serie di iniziative che rispondano finalmente all’attivismo cattolico. Non si tratta ovviamente di un fenomeno recente perché sui temi dell’aborto, della sessualità, dell’eutanasia ecc. cioè su tutto ciò a cui la Chiesa affida la sua credibilità, la pressione è stata ininterrotta e senza cedimenti. Con risultati notevoli e che vengono spesso sottovalutati: per esempio, con una dilatazione dell’obiezione di coscienza che in alcune città rende oggi l’aborto impraticabile; per esempio con le incredibili leggi sulla fecondazione assistita e sulle scelte di fine vita o con il vuoto assoluto di diritti per le persone non eterosessuali. C’è tuttavia una novità sulla quale vale la pena di riflettere. Si sono conquistate di recente una visibilità maggiore gruppi legati al cattolicesimo fondamentalista, sostenuti dall’estrema destra in un connubio che riporta alla memoria la vecchia definizione di “clericofascismo”, scomparsa dal vocabolario politico degli ultimi anni.

Il 12 aprile per esempio i sedicenti prolife dell’associazione No-194 attraverseranno in compagnia dei neo-fascisti di Forza Nuova una zona molto frequentata di Milano con una macabra parata di croci insanguinate, feti e lamentazioni funebri. Si tratta della stessa organizzazione che manifesta ogni primo sabato dei mesi dispari davanti a ospedali e consultori pubblici. I No-194 fanno parte dell’ insieme di organizzazioni potenti, gruppuscoli alla ricerca di uno spazio vitale e comitati ad hoc che si agita nel mondo cattolico e la cui maggiore visibilità va ascritta al fenomeno europeo di ascesa delle destre estreme o comunque di umori e stereotipi di destra estrema. Questa variegata realtà spesso critica la presunta carenza di radicalità dell’associazionismo più vicino alla CEI e propone in alternativa una visibilità aggressiva mascherata con discorsi e concetti che non hanno mai fatto parte di quel mondo, come la non-violenza, la libertà di opinione o la difesa dei più deboli. In nome della libertà di opinione e per protesta contro la legge sull’omofobia manifestano le Sentinelle in Piedi che da mesi organizzano flash mob nelle principali piazze italiane (a Milano, a Torino, a Genova, a Venezia ecc.). I manifestanti – questa volta il maschile è d’obbligo – si schierano in ordine geometrico nel luogo designato con un libro che fingono di leggere, restando fermi per un certo tempo e fornendo un colpo d’occhio suggestivo che, se non altro, incuriosisce i passanti. Militia Christi indice fiaccolate per la vita, chiedendo l’immediata abrogazione della 194 con repliche mensili e con lo slogan “il feto è uno di noi” e a Milano protesta contro il Comune per il sostegno concesso a un corso di formazione sul genere.

Le distinzioni nel vasto mondo dell’organizzazione cattolica vanno prese con le pinze non solo perché talvolta dietro le sigle diverse ci sono le stesse persone o al contrario dietro gruppi che appaiono deboli e improvvisati ci sono associazioni potenti che preferiscono restare in una zona umbratile, in cui comunque godono di grosse fette di potere e di danaro pubblico. Ma anche perché i criteri di distinzione tra aree fondamentaliste e moderate appare spesso problematica, almeno sui temi che riguardano la sessualità e l’aborto. Ovvero il territorio in cui la Chiesa radica il suo rapporto con il corpo sociale e le sue pretese egemoniche in senso rigidamente gramsciano. Su questo piano l’identità dei propositi è totale e le aperture solo immaginarie. Questo vale anche per l’ultramitizzato papa Francesco, che incarna solo l’immagine che la Chiesa desidera dare di se stessa e che è in una certa misura l’opposto della realtà. Proprio come le rivendicazioni di libertà di opinione, non-violenza e difesa dei deboli nella miscela clerico-fascista. Così una Chiesa ricchissima, potente, anima e corpo identificata con le formazioni egemoniche sceglie come simbolo un uomo che, a partire dal nome scelto al momento dell’elezione, mima abilmente le aspirazioni di semplicità e povertà. Un contributo decisivo alla costruzione dell’immagine viene dal servilismo dei politici e dei media, che ci informano per esempio con ammirato stupore che papa Francesco ha percorso a piedi i venti minuti circa di cammino che separano la residenza di Santa Marta e il Palazzo Apostolico. Non si può escludere che queste aspirazioni in parte gli appartengano, anzi perché la recita sia efficace dovrebbero in qualche modo appartenergli, ma il particolare è politicamente del tutto inessenziale.

Torniamo ai proposito dell’attuale governo della Chiesa perché la tenacia e la forza delle pressioni nasce proprio da lì. La gamma delle operazioni di accerchiamento della laicità dello Stato italiano è ampia e, come suggeriscono le più sofisticate tecniche di potere, si articolano su un fronte differenziato di iniziative e di alleanze. Per esempio un occhio vigile sull’istruzione pubblica, a cui si cerca di sottrarre lo spazio maggiore possibile, ma che comunque si tiene sotto sorveglianza perché, come il clero cattolico sa benissimo, è nell’infanzia e nell’adolescenza che si impara a pensare o a non pensare. Con questa filosofia il cardinale Bagnasco, presidente della CEI, ha protestato affermando che nella scuola si rischia la dittatura della teoria del gender solo perché sono stati distribuiti alcuni opuscoli che raccomandano attenzione alle diverse identità sessuali.
Anche qui siamo di fronte a un puro e semplice rovesciamento della realtà: una potente lobby transnazionale, che ha avuto il potere di mantenere nel XXI secolo lo Stato italiano in una grave carenza di laicità parla di dittatura per un esperimento cauto e localizzato, che si sarebbe risolto in una discussione tra adulti, dal momento che l’opuscolo era stato distribuito agli insegnanti. Inutile dire che il testo incriminato è stato immediatamente ritirato. Un’amena parentesi. Luisa Muraro, filosofa con fama di femminista radicale e che ha avuto a suo tempo un’influenza notevole su non poche donne di sinistra, interviene sul Manifesto del 1° aprile attaccando a sua volta il progetto educativo già attaccato da Bagnasco, chiedendo che venga ascoltata l’altra campana e affermando che la caccia agli stereotipi sessisti e razziali è sbagliata perché sesso e genere ci costituiscono per quello che siamo, stereotipi compresi. E poi ci si chiede perché la sinistra è finita in rovina!

La lotta per l’egemonia culturale si articola quindi su diversi livelli, dal messaggio incarnato dal papa italo-argentino a discussioni più o meno colte su categorie nate in ambito accademico e non sempre facili da digerire. La guerra contro le teorie del gender continua da decenni con testi anche abili e convegni sul tema. Nel conflitto tra scuole femministe il clero cattolico si è schierato, con il solito vivo senso dei propri interessi, contro il gender e per la differenza sessuale. Le burocrazie che governano la Chiesa sanno tuttavia che, pur essendo indispensabile, la battaglia per l’egemonia culturale non basta. Le pressioni sui politici non fanno distinzioni e vengono sapientemente distribuite da destra a sinistra, anche se con le destre di Forza Nuova e Fratelli d’Italia esiste un’affinità elettiva evidente e che viene maneggiata con prudenza ma non certo nascosta. Ma l’associazionismo cattolico si è specializzato in una pratica politica specifica, quella del boicottaggio, la cui principale vittima è stata la libertà delle donne di decidere se, come e in quali condizioni diventare madri. Gli effetti dell’obiezione di coscienza sono noti, come l’invasione di ospedali e consultori pubblici o la colpevolizzazione delle donne proprio nel momento in cui sono più fragili ed esposte. Meno nota la guerra a tutto campo contro la RU486 e la pillola del giorno dopo. Di recente cinque associazioni cattoliche del Lazio – l’Associazione Giuristi per la Vita, l’Unione Cattolica Farmacisti, il Forum delle Associazioni Familiari, l’Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici, l’Associazione Pro Vita – hanno fatto ricorso al TAR contro l’AIFA, l’Associazione Italiana del Farmaco, che ha accettato la richiesta la richiesta della casa produttrice di modificare il “bugiardino” del Noverlo per evitare che sia catalogato come farmaco abortivo e sia consentita perciò l’obiezione.

Se la distinzione tra CEI e l’arcipelago fondamentalista sui temi dell’aborto e della sessualità è problematica, una differenza esiste e non di poco conto. La differenza riguarda l’immigrazione e il rapporto con le aree del mondo da cui provengono i flussi migratori, in particolare l’Africa, l’Asia e l’America latina. Con una crisi delle vocazioni che permane e un mondo occidentale che vive anche il sacro in un’ottica profana, queste aree rappresentano una straordinaria riserva di discepoli e di fedeli. L’atteggiamento di solidarietà e apertura delle burocrazie ecclesiastiche ha autorizzato alla base pratiche in qualche caso assai vicine alla lotta.
Il fondamentalismo è invece razzista, i No-194 auspicano per esempio la nascita di un maggior numero di bambini italiani. E la sintonia con il Fronte Nazionale in Francia o con la Lega in Italia è in questo caso senza significative contraddizioni, mentre con l’associazionismo più vicino alle correnti che oggi governano la Chiesa possono crearsi momenti di frizione. Il più recente ha avuto luogo in questi giorni in Lombardia, dove i CAV, i Centri di Aiuto alla Vita, hanno protestato contro l’intenzione della maggioranza di destra alla Regione di escludere di fatto le immigrate dalle misure antiaborto. Sarebbero infatti necessari cinque anni di residenza legale nel territorio lombardo per maturare il diritto al contributo di cento euro al mese per un anno e mezzo alle donne che rinunciano all’aborto.
Nel fondamentalismo cattolico sessismo e omofobia convivono non solo con il razzismo ma, più nascosto e tuttavia non meno profondo, con un antigiudaismo che si sovrappone e si identifica con l’antisemitismo dell’estrema destra politica. Forse pochi ricordano che, quando Irene Pivetti ( allevata alla scuola dell’integralismo) fu eletta alla presidenza della Camera nell’aprile del 1994, il giornale israeliano Haartz riportò una delle frasi pronunciate dalla signora prima della sua ascesa alla poltrona di terza carica dello Stato: gli ebrei sono responsabili del loro destino perché chiesero ad alta voce la crocifissione di Gesù di Nazareth. Un’ultima osservazione. La contraddizione tra correnti al governo della Chiese e destra religiosa e politica non vanno sopravvalutate, almeno per quel che riguarda i loro effetti a breve termine. Alla fine, quando si tratta di scegliere, la presenza di forze politiche razziste non ha mai impedito il sostegno a schieramenti di destra per la loro disponibilità a porre limiti alla laicità di uno Stato. Ripeto, a breve termine perché le tensioni che da decenni attraversano la Chiesa sul più lungo periodo difficilmente resteranno senza conseguenze.

La spiegazione delle ragioni per cui tutta questa schifezza torni a galla nelle acque agitate dalla crisi richiederebbe un discorso a parte, ma sul tema hanno già cominciato a riflettere i collettivi femministi e di genere che preparano la risposta alla manifestazione dei No-194 del 12 aprile a Milano.