Riders, tra subordinazione e autonomia lavorativa: alcune considerazioni a caldo

Fri, 22/06/2018 - 10:56
di
Big Bill Haywood

Nell’ultimo anno, i c.d. Riders ma più in generale i lavoratori delle piattaforme digitali, sono diventati il simbolo del “lavoro precario 2.0”, dove il lavoro viene svolto con tutti i limiti e le caratteristiche negative che contraddistinguono da più di venti anni il lavoro precario, ma con l’aggiunta che ora il c.d. committente e/o datore di lavoro risulta essere totalmente “smaterializzato” all’interno di una applicazione digitale, in grado di organizzare i tempi e i luoghi della prestazione di lavoro dei lavoratori.

Ma è nelle ultime settimane che la vicenda dei Riders e delle drammatiche condizioni di lavoro a cui sono costretti a sottostare, è giunta alla ribalta nazionale. Infatti, subito dopo la formazione dell’esecutivo del nuovo Governo “giallo-verde”, il neoministro del lavoro Luigi Di Maio ha aperto un tavolo di confronto con i rappresentanti delle piattaforme digitali al fine di regolamentare le prestazioni lavorative dei fattorini. In un primo momento al tavolo di confronto sono stati coinvolti anche i portavoce dei vari nodi locali dei collettivi Union Riders (in particolare di Bologna e Roma), successivamente esclusi dal confronto durante il tavolo che si è svolto lunedì 18 giugno, dove erano presenti esclusivamente il ministro e i rappresentanti delle aziende.

Nelle ore antecedenti all’incontro e durante lo stesso, vari quotidiani (tra cui il Sole 24 Ore) hanno pubblicato una bozza di decreto legge che avrebbe dovuto disciplinare le prestazioni lavorative dei c.d. lavoratori delle piattaforme. Un decreto asciutto, composto da solo 7 articoli che introduce una serie di tutele basiche di cui i lavoratori della gig economy ad oggi non usufruiscono, ad esempio l’introduzione di una indennità mensile di disponibilità, il divieto di cottimo, un trattamento economico minimo orario, il riconoscimento di malattie ferie e maternità e il diritto alla disconnessione per almeno 12 ore.

Tuttavia, l’elemento più interessante contenuto all’interno della bozza di decreto è la qualificazione della prestazione del lavoratore delle piattaforme di natura subordinata, di fatto recependo un moderno quanto consolidato indirizzo della Corte Costituzionale – ripreso anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza 820/2007 – che nel '96, con la sentenza n. 30, è giunta a valorizzare in sede di qualificazione del rapporto di lavoro la dipendenza socio-economica del lavoratore, ossia quella “doppia alienità” dell’organizzazione del lavoro e del risultato utile della prestazione, entrambi appartenenti al datore di lavoro. Tali elementi qualificano il rapporto di lavoro come subordinato. Ed infatti risulta pacifico che il rider sia inserito all’interno della struttura organizzativa dell’azienda ed effettui la prestazione all’interno dell’organizzazione di quest’ultima (si pensi all’assegnazione dei turni da parte dell’applicazione e al meccanismo dell’affidabilità), ed infine la prestazione di lavoro assicura un risultato economico che rientra immediatamente nella sfera patrimoniale e nella disponibilità del datore di lavoro.

Insomma, grazie a quanto previsto da questa bozza di decreto legge, i rider sarebbero considerati come lavorati subordinati e non autonomi (o meglio precari), di fatto ribaltando la sentenza emessa dal Tribunale di Torino che, qualificando i lavoratori di Foodora come lavoratori autonomi, ne ha impedito la reintegra sul posto di lavoro dopo essere stati illegittimamente licenziati (tramite il logout dall’applicazione) solo per aver scioperato contro le condizioni servili e la precaria condizione psicofisica in cui sono costretti a lavorare tutti i lavoratori della delivery. Quanto previsto dalla bozza di decreto legge, sarebbe stato indubbiamente un positivo precedente che avrebbe segnato un piccolo ma importante segnale di controtendenza rispetto al processo di precarizzazione selvaggia del mercato del lavoro, ormai in atto da più di venti anni a questa parte.

Tuttavia, a conclusione del tavolo tra le aziende e il ministro del lavoro, è stato proprio quest’ultimo ad affermare che per il momento non si proseguirà con la strada dell’approvazione del decreto legge (che si ricorda ha valenza erga omnes) al fine di perseguire la strada alternativa del tavolo di concertazione per definire un accordo, avente natura pattizia, tra le aziende delle piattaforme e lavoratori. Di fatto, rispetto all’ipotesi del decreto legge, la strada alternativa proposta dal ministro Di Maio ha il sapore di una parziale vittoria dei rappresentanti delle aziende e non dei riders in lotta per due semplici motivi:

a) gli effetti di un accordo pattizio vale solo tra le parti che lo sottoscrivono, pertanto quanto stabilito nell’accordo non ha effetti per chi non lo sottoscrive, quindi se le aziende non sottoscrivono l’accordo non sono tenute a rispettarlo e di riflesso i lavoratori non beneficerebbero dei contenuti di quest’ultimo;

b) al momento, non è chiaro quali contenuti della bozza di decreto saranno trasferiti all’interno dell’accordo.

Ovviamente il dubbio rimane rispetto alla natura della qualificazione del rapporto. Proprio su questo punto sono state sollevate le critiche più aspre da parte dei dirigenti delle aziende, addirittura minacciando di lasciare il territorio italiano qualora fosse stata imposta la subordinazione alla prestazione di lavoro del rider, così come affermato dal rappresentante italiano di Foodora, Gianluca Cocco.

Chiaramente, l’apertura del tavolo di contrattazione col ministero del lavoro e il recepimento di rivendicazioni fondamentali come l’abolizione del cottimo e l’introduzione di misure che tutelano l’integrità psicofisica dei lavoratori, rappresentano una grande vittoria della lotta dei riders. Tuttavia, qualora si stabilisse che la prestazione lavorativa dei riders rientri nell’alveo della prestazione autonoma, rimarrebbe il problema inaggirabile della libera rescindibilità di tali rapporti di lavoro, come sancito dall’art.2227 c.c. Inoltre, l’ipotesi di una introduzione di una norma che qualifichi la prestazione di lavoro come subordinata rimane ad oggi poco probabile, anche alla luce delle dichiarazioni rilasciate dal Presidente della Regione Lazio Zingaretti, in sede di conferenza stampa per la presentazione della proposta di legge sui riders elaborata in sede regionale.

Questo aspetto pone un problema rispetto all’effettiva esigibilità dei diritti, qualora negati dal datore di lavoro, nonché rispetto all’effettiva capacità di organizzazione e di lotta dei lavoratori, in tal senso l’esempio del licenziamento dei lavoratori di Torino a seguito dello sciopero e la successiva sentenza di rigetto da parte del Tribunale rimane emblematica.

Onde evitare di incorrere in un rischio del genere (qualora non venga recepita la qualificazione della prestazione di lavoro come subordinata) forse sarebbe il caso di aprire una riflessione che ponga come problema centrale il limite alla possibilità di rescindere liberamente alcuni rapporti di natura autonoma (pensiamo al lavoro autonomo monocommittente e in cui la paga è determinata esclusivamente dal datore di lavoro), inserendo per queste tipologie di prestazioni il presupposto della giusta causa, ed in questo modo bilanciando i rapporti di forza tra committente e il prestatore d’opera.

Ovviamente, ciò che conta non è tanto la forma contrattuale applicata, quanto piuttosto riuscire a garantire una stabilità nel rapporto, in grado di rendere meno ricattabile e sfruttato chi lavora e cerca di garantirsi una vita dignitosa.

L’evoluzione e i prossimi passaggi di questa importante lotta sono tutti da definire e spetterà al protagonismo e al conflitto che i riders metteranno in campo. Da parte nostra sarà necessario supportare una lotta che ha una importanza fondamentale rispetto a tutti coloro che vivono di lavori precari e che ogni giorno si confrontano con forme di lavoro paraservile e senza diritti. Questa è la battaglia di tutti e tutte, come recitava uno striscione durante i tanti momenti di lotta animati in questo anno dai riders: “Non per noi, ma per tutt@!