Ri-appropriarsi della fabbrica per riprendersi il futuro!

Thu, 06/02/2014 - 23:37
di
Rivoltiamo la precarietà - Bari

E' con questo spirito e convinzione che i lavoratori dell'Om sono scesi il 31 ottobre per le strade di Bari in concomitanza con il movimento per il diritto alla casa a Roma e i bancari in tutta Italia. E' stato il giorno in cui i fautori della crisi, ormai poco ascoltati dalle persone in carne ed ossa, hanno avuto il coraggio di dichiarare che la crescita è solo agli inizi, ma per tramutarsi in effetti positivi sull'economia reale e sull'occupazione c'è ancora da aspettare, senza pronunciarsi sui tempi. Seguendo i soliti dettami fallimentari di una delle tante e ripetitive lezioni di economia neoliberista, lor signori hanno dovuto parlare di ripresa per compensare i dati, sempre più al rialzo, sulla disoccupazione in Italia e in tutta Europa. E si tratta di statistiche parziali: il tasso di disoccupazione esclude qualche milione di precari sfruttati a qualche centinaio di euro mensile, "figli e figlie" del pacchetto Treu, delle leggi Maroni e Fornero e via scorrendo delle riforme di tutti i governi degli ultimi decenni.

Mentre i dati si diffondevano sui media, i lavoratori dell'Om, dopo sei mesi di presidio davanti ai cancelli della fabbrica alla zona industriale di Bari-Modugno, hanno voluto ancora una volta dimostrare di non essere spacciati, di credere in un futuro dove il lavoro e un reddito siano capisaldi della società. Lo hanno dimostrato con l'autorganizzazione, diffondendo le proprie rivendicazioni, il racconto di più di due anni di lotta e trattative, utilizzando il web, i volantini e i manifesti totalmente autofinanziati con la Cassa di mutuo soccorso e resistenza. Insieme, gli uni accanto agli altri, in piazza c'erano i migranti del Socrate Occupato, quelli del Centro di "accoglienza" di Palese, precari del commercio e della distribuzione costretti all'invisibilità e al ricatto quotidiano sul proprio posto di lavoro, e poi i lavoratori di altre grandi fabbriche del barese: dalla Bridgestone alla Natuzzi, costretti a subire accordi al ribasso con esuberi annessi a causa del ricatto della chiusura degli stabilimenti. Il tutto mentre la politica istituzionale della Regione Puglia è risucchiata dagli ennessimi scandali e commistioni tra i Riva dell'Ilva a Taranto e i palazzi del potere a Bari. Poteri che, col beneplacito dei sindacati confederali, continuano ad erogare finanziamenti pubblici per decine di milioni di euro alle multinazionali, pronte a delocalizzare non appena i profitti non corrispondono alle aspettative.

Dopo mesi di incontri e tavoli concertativi inutili, lungo il corteo e durante l'assemblea conclusiva si è rimarcato senza mezzi termini un'idea che inizia sempre più a maturare come una pratica necessaria: "Riappropriarci della fabbrica, farci forza per valutare noi come iniziare a fare 'impresa sociale'. E perchè no? Provando anche ad autogestirci senza padroni! E quello che stanno già praticando in Argentina, in Grecia, ma anche in Italia: dalla Ri-Maflow alle Officine Zero"

Di fronte a molte incertezze iniziano a formarsi delle convizioni, quelle di riscrivere il proprio destino. Davanti ai cancelli di una fabbrica lo si pratica con un Presidio permanente autorganizzato, che oltre ad impedire l'uscita dei carrelli prodotti con l'inganno, sta diventando una scuola di vita collettiva. Fare i turni, curare la logistica, confrontarsi e discutere quotidianamente, gestire direttamente la vertenza di fronte all'arroganza del padrone e all'inerzia delle istituzioni, è un'esperienza che fa crescere, che rompe nella pratica con tutti gli schemi e gli stili di vita che le "leggi del capitalismo" vogliono imporre: quelli della passività, dell'incapacità, della necessità del leader, della superiorità e della delega alle istituzioni e ai suoi rappresentanti, dell'infallibità della legge e dei suoi servienti. La nostra è un'altra direzione!

Le foto della manifestazione

Dentro la manifestazione tra speranza e precarietà
da Corriere del Mezzogiorno

Alfia de Marzo, 32 anni, è di Bari e fino a due anni fa è stata alle dipendenze di un'azienda del settore del commercio di cui però non può fare il nome. "Ho lavorato per 10 anni come commessa. Negli ultimi anni non ero nemmeno assicurata e avevo un contratto a chiamata. In pratica lavoravo anche tutta la giornata ma a libro paga risultava solo qualche ora. Inoltre non facevo solo la commessa, ma spesso e volentieri anche le pulizie fino a tarda sera e il mio compenso era una pizza. In conclusione venivamo sfruttati e ho deciso di dire basta". Adesso Alfia è precaria e fa parte di Rivoltiamo la Precarietà, un movimento costituito da lavoratori, studenti, precari e attivisti che cerca di lottare nel settore occupazionale. Questa associazione ha organizzato uno spettacolo teatrale intitolato "e poi?" che racconta una generazione in movimento alla ricerca di un percorso comune contro la precareità. Alfia è una delle attrici principali: "Il mio personaggio? La commessa, ovviamente"

La presentazione dello spettacolo "E poi?"

I video dei servizi su Rai3-Puglia e la rassegna stampa della manifestazione