Renzi 1 o Renzi 2... ma sui migranti sembra Salvini

Wed, 17/06/2015 - 11:40
di
Federico Bruno

Mentre gioca alle scissioni della propria personalità coniando il Renzi 1 e il Renzi 2, il presidente del Consiglio sulle politiche sui migranti somiglia sempre più a Salvini.
L’11 maggio scorso le forze dell’ordine hanno sgomberato e raso al suolo con le ruspe le case di fortuna di via delle Messi d’oro a Roma, zona Ponte Mammolo. L’insediamento, chiamato “Comunità della pace”, ospitava quattrocento persone: in maggioranza erano rifugiati politici (in particolare del Corno d’Africa); poi c’erano i richiedenti asilo “transitanti”, cioè diretti verso l’Europa del Nord, e infine migranti est-europei e latinoamericani; molti di questi vivevano in Italia da anni ed erano bene integrati nel territorio. Con lo sgombero hanno perso, oltre all’abitazione, i propri soldi, i propri documenti e i propri vestiti, e si sono ritrovati in strada per diversi giorni.

L’11 e il 12 giugno, sempre a Roma, la polizia ha caricato centinaia di migranti accampati nei pressi della stazione Tiburtina e impossibilitati a lasciare l’Italia, obbligandoli a stare rinchiusi nel vicino centro Baobab, che ospita 800 persone a fronte di una capienza di 250; alcuni di questi migranti si appoggiavano all’insediamento di Ponte Mammolo prima che fosse raso al suolo.

Il 16 giugno, la polizia ha sgomberato e picchiato i migranti che, da Ventimiglia, provavano a eludere i controlli alla frontiera per raggiungere la Francia.

Tutti questi episodi dimostrano il fallimento totale delle politiche sociali, di migrazione e di accoglienza messe in campo dal Governo italiano e dall’Unione europea. Al livello italiano, il dibattito politico è egemonizzato da una retorica razzista e xenofoba, che cerca di scaricare su chi è più debole e chi è diverso tutta la rabbia per la miseria, la precarietà e l’impoverimento creati dal governo neoliberale della società.
Quanto avvenuto in questi giorni ci conferma che Matteo Salvini è già al governo, poiché la soluzione delle istituzioni al fenomeno migratorio è esattamente quella del leader leghista: ruspe e forze dell’ordine. Questa retorica riduce il tema dell’accoglienza e dell’integrazione a mera questione di ordine pubblico, da gestire tramite misure emergenziali e da reprimere per mezzo delle forze di polizia. Una simile politica non solo non risolve questo disagio, poiché non aggredisce le ragioni sociali che lo generano (come la disoccupazione, la povertà e la precarietà), ma lo peggiora, perché crea dei ghetti in cui le contraddizioni aumentano ulteriormente; in breve, crea un circolo vizioso dell’odio che potrà essere interrotto soltanto da esperienze vincenti di accoglienza e solidarietà dal basso. I protagonisti di queste lotte – i migranti, gli operatori sociali e le comunità dei territori – devono dimostrare che esiste un'alternativa al buiness dell'accoglienza di Mafia Capitale, che mettendo da parte il profitto è possibile creare dei rapporti mutualistici e solidali che generano ricchezza per tutti.
Il percorso è lungo e complesso, ma da questo punto di vista è da segnalare la positiva reazione di diverse zone di Roma, come ad esempio del quartiere di San Lorenzo, dove è scattata subito la solidarietà nei confronti degli sgomberati e dei migranti, nonostante le bordate razziste dei mezzi di comunicazione e della politica.

Il problema però non è solo italiano, ma è come minimo europeo. La crisi, nata dalla sospensione del trattato di Schengen operata dallo stato tedesco in occasione del G7, che ha impedito ai migranti di raggiungere la Germania, e dai controlli frontalieri messi in campo dalla Francia in collaborazione con l’Italia al confine italiano (in piena compatibilità con Schengen, checché se ne dica, ed eseguiti sulla base dell’accordo di collaborazione bilaterale di Chambery), ha svelato il vero aspetto dell’Unione europea. La libera circolazione delle persone, acclamata come una delle conquiste più importanti dell’Europa unita, si rivela non come un diritto per tutti, ma come qualcosa che viene concesso sulla base della strumentalità dell’individuo al processo di produzione. Chi offre la propria forza lavoro dove ce ne è bisogno e chi è considerato occupabile è il benvenuto; gli altri, “gli immigrati economici irregolari” (secondo la definizione che il ministro degli interni francese Bernard Cazeneuve ha dato dei migranti di Ventimiglia), devono essere fermati e, possibilmente, rispediti a casa. È così che si crea il ricatto permanente su tutti i lavoratori, migranti e non, costretti da questa infame concorrenza al ribasso ad accettare qualsiasi condizione di lavoro e di salario, per poi scaricare la rabbia degli impoveriti sui più poveri invece che su chi con questo sistema aumenta i profitti.

Il problema dunque non è la revisione dei singoli trattati e dei singoli atti: non si tratta semplicemente di emendare parti dell’accordo di Dublino II o degli accordi di Schengen. Il problema è di porre a critica l’impostazione generale dell’Unione europea: un’Unione che, tramite il regime del debito, impone un sistema economico che genera miseria, impoverimento e precarietà; e che riconosce i diritti alle persone solo nella misura in cui le riesce a sfruttare, mentre li nega a tutti gli altri. Per questo un discorso antirazzista credibile, che vada oltre il semplice filantropismo, non può partire che da un rifiuto del debito in quanto dispositivo chiave di un sistema economico infame, che è unicamente orientato al profitto e che crea poveri per poi metterli uno contro l’altro. E non può che chiedere la parità dei diritti tra cittadini e migranti, e in particolare la libertà di circolazione per tutti e tutte; un passo in tal senso potrebbe essere un permesso europeo di soggiorno incondizionato minimo di due anni.

Abbandonando il dogma neoliberale secondo cui non è lecito intervenire sul libero gioco del mercato e della proprietà privata, sarebbe possibile assicurare lavoro, reddito e dignità per tutti e tutte, cittadini e migranti. Certo, ciò non porterebbe profitti o potere a chi governa e guadagna dalla crisi; ma di sicuro migliorerebbe la vita di tutti gli altri.