Lotte sociali e mutualismo economico: solidarietà tra le resistenze

Mon, 07/12/2015 - 15:57
di
SfruttaZero

A qualche mese dalla raccolta del pomodoro e della sua trasformazione in salsa, e quasi al termine della fase distributiva, SfruttaZero non si ferma. Attraverso la cassa di mutuo soccorso, creata grazie alla raccolta fondi in crowdfunding da parte di quasi un centinaio di sostenitori-finanziatori, abbiamo deciso di sostenere concretamente i percorsi di autorganizzazione e le rivendicazioni dei migranti sui nostri territori.
Dopo il supporto per la moglie di Mohammed, morto quest'estate di sfruttamento nelle campagne di Nardò, domenica 6 dicembre abbiamo acquistato e consegnato un generatore di corrente elettrica per le decine di lavoratori migranti che invece di dormire per strada hanno deciso di sistemarsi nel capannone abbandonato dell'ex fabbrica della Granoro in via Manfredonia a Foggia.
Un'iniziativa all'interno della campagna di solidarietà promossa dal laboratorio Pro/fuga di Foggia per l'autorecupero di stabili in disuso a scopo abitativo. Questa campagna ha molti punti di contatto con l'esperienza di autorecupero dell'ex-liceo Socrate di Bari e la vertenza in corso per un'abitazione dignitosa da parte dei migranti della tendopoli dell'ex Set di Bari, affinché il Comune destini un secondo immobile a scopo abitativo, invece di allestire un campo ghetto di container/prefabbricati nella periferia della città. Grazie a questa mobilitazione, da due mesi una parte dei migranti dell'ex Set (circa venti persone) vivono finalmente in una struttura pubblica, Villa Roth nel quartiere san Pasquale di Bari, adibita ad abitazione con tutti i servizi necessari.
La consegna del generatore è servita anche a condividere un percorso comune e a far sì che, in Capitanata e su altri territori, queste campagne di solidarietà e recupero di strutture abbandonate potessero rimettere al centro il diritto alla casa per chiunque, a prescindere dalla nazionalità, dal colore della pelle o credo religioso. Non solo, gli stessi migranti dell'ex fabbrica Granoro, insieme a tanti altri lavoratori stagionali, in questi mesi sono i protagonisti di una vertenza che li ha portati a incontrare prefettura e questura di Foggia. Nel settembre scorso sono scesi in piazza per rivendicare contratti di lavoro regolari e documenti, per dire basta ai ricatti prodotti dalle leggi dello Stato, in primis dalla Bossi-Fini, che li costringe silenti e chini per 10/12 ore al giorno per lavorare in filiere del cibo che garantiscono profitti solo alle grandi catene della cosiddetta 'Grande distribuzione organizzata' del pomodoro e non solo. La mobilitazione non si è arrestata. La scorsa settimana sono tornati a manifestare davanti alla prefettura di Foggia per ribadire il rispetto della normativa in materia di iscrizione anagrafica, per il rilascio del permesso di soggiorno.
Dopo il protagonismo dei migranti con lo sciopero bracciantile di Nardò e la rivolta del Cara di Bari agli inizi di agosto 2011, negli ultimi anni ogni estate si susseguono notizie di cronaca sulle condizioni di vita e lavoro disumane nelle campagne e città del sud Italia; tante sono le denunce e i dati statistici sullo sfruttamento e sul caporalato forniti dai vari uffici di ricerca dei sindacati di categoria; si avvicendano prese di posizione mediatiche di esperti e sindacalisti, e le rituali promesse di intervento da parte delle istituzioni. Anche quest'estate più o meno è andata così. Al termine della stagione del pomodoro, dell'uva o delle angurie inesorabilmente le luci si spengono, ma i nodi sull'assenza di un'abitazione dignitosa e del trasporto pubblico, sulla mancanza di contratti di lavoro e sull'impossibilità di ricevere documenti da parte dei braccianti migranti, rimangono inalterati.
Chi sperava che, trascorsa la stagione estiva, i lavoratori delle campagne anche quest'anno sarebbero tornati ad essere gli invisibili della società, condannati a vivere in condizioni di emarginazione e illegalità, deve iniziare a ricredersi. Esperienze di mutuo soccorso e vertenze attraverso percorsi di autorganizzazione sociale iniziano a sostenersi le une con le altre, per rompere il muro del razzismo istituzionale, per riprendersi diritti negati ed iniziare a #VivereNonSopravvivere.
Queste sono le nostre armi e come SfruttaZero abbiamo deciso di continuare ad utilizzarle.