Da Francoforte a Berlino, per una nuova agenda europea contro l’austerità

Mon, 08/02/2016 - 19:09
di
Natascia Cirimele e Marta Russo

Si è tenuta a Berlino il 6 e il 7 febbraio l’assemblea di Blockupy, la coalizione di movimenti europei che dalla grande manifestazione di Francoforte nella primavera del 2012 si batte contro l’austerità in Europa. L’ultimo appuntamento pubblico della coalizione era stato il 18 marzo 2015, quando migliaia di persone hanno sfilato in corteo per le strade della capitale tedesca della finanza. Movimenti, associazioni, sindacati e partiti della sinistra tedesca ed europea si erano schierati dalla parte della Grecia di Tsipras, che in quel periodo lottava contro il ricatto dell’Unione Europea, rappresentando l’esempio più fallimentare dell’imposizione di politiche di austerità, con i conseguenti disastri economici e sociali. Tuttavia, la Grecia si è dovuta piegare al volere dei creditori senza saper utilizzare l’esito positivo del referendum della scorsa estate come contrappeso alla volontà della Troika.
Dopo la sconfitta greca, gli attacchi terroristici a Parigi, il conseguente stato d’emergenza permanente e i fatti del Capodanno di Colonia, il 2016 si è aperto in Europa con una (non tanto) nuova crisi da affrontare: i flussi migratori. L’inasprimento del conflitto in Siria, la rinnovata aggressività del governo turco verso i curdi, il persistere di crisi di lunga data in altri paesi del Medio Oriente e vecchi e nuovi conflitti nel continente africano, hanno determinato un’inarrestabile flusso migratorio verso l’Europa, che sta reagendo serrando le frontiere. In queste prime settimane del 2016, l’immagine dell’Unione Europea è quella di stati membri arroccati sui propri confini nazionali, attraversati al proprio interno da movimenti di solidarietà ma anche, e in modo preoccupante, da riviviscenze razziste e xenofobe di diversa intensità.

Presso l’Università Tecnica di Berlino abbiamo partecipato a due giorni di discussione intensa sul futuro della rete Blockupy. Una rete necessaria più che mai in questa fase, in cui il populismo si nutre, nei diversi paesi, di ammiccamenti pericolosi all’idea di un ritorno alla sovranità nazionale come valore da ripristinare. Non è nei confini ma nella loro dissoluzione la risposta che Blockupy vuole dare alla crisi che l’Europa sta vivendo: una risposta di inclusione, del tutto contraria al rafforzamento dei confini esterni dell’Unione e ai propositi di Bruxelles di chiudere l’Europa in una fortezza inespugnabile. Una fortezza in cui gli stessi abitanti del continente sarebbero i primi prigionieri.
Tutte le realtà presenti (Global Project, DinamoPress, Connessioni Precarie, Fiom e Communia network per l’Italia, Die Linke, Attac e Interventionistische Linke fra le componenti più numerose in Germania, e pezzi di movimento dalla Spagna, Grecia, Francia e da altre nazioni europee) hanno ribadito la centralità del tema dell’accoglienza dei migranti, della crisi di Schengen e della necessità di riprendere le fila del discorso per costruire mobilitazioni contro l’austerity e lo smantellamento del welfare, i respingimenti e per la costruzione di un’Europa per tutti e tutte.
Chiedere un’Europa per tutti, non può prescindere dall’apertura delle frontiere, dalla critica ai respingimenti sistematici a danno dei migranti, dall’uso dei confini come strumenti di esclusione e di sfruttamento, dall’indignazione verso le deportazioni e per le condizioni in cui versano i migranti “accolti”: da Lesbo a Calais, una vergogna che attraversa il vecchio continente. Tante sfide e la necessità di un coordinamento europeo di movimenti che provino insieme a rispondere all’attacco ai diritti ribadendo la necessità di un’unità europea, che sia soprattutto all’insegna della solidarietà e non dell’esclusione.

La volontà espressa dalla tre giorni è di continuare a costruire insieme un’alternativa credibile in Europa e di farlo partendo dalle “questioni sociali”, dall’aumento della precarietà lavorativa e dal tema dell’immigrazione. Ampia è stata la condivisione dell’intreccio esistente tra l’emanazione di leggi che rendono sempre più precarie le condizioni di permanenza in Europa dei migranti e la riduzione dei diritti di tutti. Un’emergenza, quella migratoria, a cui è necessario rispondere non solo per spinta umanitaria, ma per salvaguardare il proprio posto di lavoro, per un salario dignitoso e contro lo smantellamento del welfare.
Per questo la mobilitazione del 1 marzo, proposta al Transnational Strike Meeting di Poznan nell’autunno scorso, e che coinvolge una larghissima parte dei soggetti presenti nella rete di Blockupy è la prossima tappa di lotta in Europa. Un appuntamento che rappresenta il prototipo ideale di mobilitazione ai fini di una convergenza europea, perché se le cause sono tutte rintracciabili nel sistema economico e politico europeo, gli effetti e i soggetti coinvolti differiscono da paese a paese, da città a città. Dai confini nei Balcani, alle città industriali, alla giungla di Calais. In questo senso, una giornata di manifestazioni dislocate sul continente unisce idealmente l’Europa e permette il rafforzamento di reti e relazioni anche sul piano locale. Ed è un’occasione per rafforzare le relazioni fra migranti e nativi sul piano del lavoro, della solidarietà, dell’individuazione del nemico comune.
Durante l’ultima assemblea del meeting è arrivato anche l’ex Ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, il quale proprio a Berlino martedì 9 Febbraio presenterà DiEM25, il suo progetto per una sinistra transnazionale europea contro l’austerity, “per democraticizzare l’Europa o disintegrarla”, come recita lo slogan. Su sollecitazione (leggi lettera aperta e risposta di Varoufakis) di un esponente di Blockupy, l’ex-ministro ha accettato l’invito ed è arrivato in assemblea seguito da una piccola folla di giornalisti (per altro gli unici che si sono visti al meeting). Per quanto positiva, la presenza di Varoufakis a questo meeting non può però da sola colmare il limite evidente nel lancio del suo nuovo progetto per la Democrazia in Europa: nessun percorso di alternativa può pensare di partire dall’alto e prescindere dai movimenti sociali che da anni combattono le politiche di austerity percorrendo tutta Europa.

La due giorni si è conclusa con un piano di lavoro per il prossimo periodo che prevede l’inserimento in agenda di due momenti di mobilitazione importanti da svolgersi in Germania: uno centrale a Berlino in autunno e poi un grande evento nella primavera del 2017. Occasioni importanti, ma anche con qualche rischio. La centralità del territorio tedesco come luogo privilegiato di conflitto rischia infatti di avvalorare un’analisi un po’ approssimativa, che vede la Germania come unica responsabile delle politiche di austerity in Europa. L’impressione è che questi appuntamenti possano essere schiacciati dall’esigenza della componente tedesca di Blockupy di contrastare la Groβe Koalizion capitanata da Angela Merkel.
La manifestazione di Francoforte il 18 marzo scorso è stata una manifestazione riuscita. Quel giorno, in una città bloccata dalle prime ore del mattino da diverse azioni di protesta e presidi (che andarono anche oltre a quelli organizzati da Blockupy) , il governatore della Banca Centrale Mario Draghi fu costretto ad arrivare in elicottero alla nuova sede della Bce che si apprestava a inaugurare. Un grande appuntamento che vide la partecipazione di delegazioni numerose da diversi paesi europei: sostanziosa la presenza italiana, con anche la presenza della Fiom accanto all’Ig Metall, il grande sindacato metalmeccanico tedesco.
Tuttavia, la fase politica attuale è cambiata, e sebbene il ricordo del 18 Marzo sia ancora vivo, al di là del tipo di manifestazione – più o meno radicale – sotto casa del nemico comune, quello che ci aspettavamo dalle giuste domande che Blockupy si è posta in questo meeting – era un avanzamento sul piano della ricomposizione politica e dell’allargamento, che non si può ridurre soltanto ai due appuntamenti pubblici in Germania. È sufficiente l’indizione di una grande data europea in una sola città a costruire un momento di alternativa in Europa? Basta questo a contrastare i seducenti richiami alla sovranità nazionale che la destra populista – e anche qualche pezzo di sinistra – presenta come soluzione alla crisi economica e politica del continente? Quale lavoro sui territori permetterà di costruire movimenti in grado di sfidare i tentativi di chiusura di Schengen e muoversi liberamente per l’Europa e manifestare?

Se nel 2017 Angela Merkel dovesse uscire vincitrice dalla tornata elettorale, festeggerebbe il suo personale ventennio di governo. Ma la continuità delle politiche d’austerità non è legata a singoli personaggi politici, come dimostra la continuità distruttiva delle politiche italiane nonostante il susseguirsi di diversi governi tecnici e politici negli ultimi anni. La strada di cui ci sembra ci sia bisogno non esclude appuntamenti centrali come quelli usciti dalla tre giorni, ma dobbiamo fare lo sforzo di mettere al primo posto la necessità di ricostruire una base sociale e politica nei territori che parta da ciò che unisce i settori di classe sfruttati nei nostri diversi paesi.