Ciao Tiboni

Thu, 23/03/2017 - 16:55
di
Angelo Pedrini*

Il 18 marzo ci ha lasciato Piergiorgio Tiboni, un sindacalista indomito che ha contribuito a migliorare la vita dei lavoratori, resistendo alla riduzione dei loro diritti e all’arretramento che altri sindacalisti, delegati e lavoratori hanno avvallato. Uno che, anche se era cosciente che nell’opinione generale l’idea di sindacato era vista sempre meno positivamente, ha cercato di dimostrare che c’è sindacato e sindacato, che in realtà non tutti i sindacati sono uguali.

Dalla Fim-Cisl di Milano, negli anni della FLM (Federazione Lavoratori Metalmeccanici), ha dato spazio e sostenuto scelte importanti, come lo sciopero durante i funerali di Fausto e Iaio (Tiboni è morto nello stesso giorno in cui vennero uccisi i due ragazzi), in cui ebbe il coraggio di schierarsi denunciando la natura stragista dell’assassinio e la minaccia che le stragi di stato rappresentavano per la democrazia e per le lotte dei lavoratori, la nascita di Radio Popolare, della rivista Azimut e di Lavoro 80, poi diventata D&L (Diritto e Lavoro), la mancata firma di accordi peggiorativi e gli scioperi e le azioni legali per contrastarli.

La Fim-Cisl non era solo Alfa ma anche quella impiegatizia con diverse esperienze significative. La capacità di Tiboni di proporre un modello di sindacato che usciva dai confini di fabbrica e uffici per collegarsi al mondo della cultura, della tecnologia, della scienza, della salute e dell'informazione.

Con la lotta dei 35 giorni ai cancelli Fiat, che da molti non fu mai compresa fino in fondo, si aprì una stagione di arretramenti di cui ancora non si riesce ad invertire la rotta ma che è stata contrastata, a livello aziendale, con risultati utili per lavoratori e lavoratrici.
Con la chiusura della FLM, dal 1985 a Milano la resistenza nelle aziende continuò, anche quando nel 1987 Tiboni venne sospeso da segretario generale, e nonostante il commissariamento della Fim-Cisl di Milano nel 1989, il suo licenziamento e quello di 15 sindacalisti, dei 45 di allora.
Centinaia di delegati e lavoratori si diedero allora da fare per ottenere un congresso straordinario e democratico che portò alla scelta di far nascere la FLMUniti nel maggio 1991 e poi la CUB nel gennaio 1992. Va ricordato che in quel periodo la Fiat, avendo ricevuto in regalo l’Alfa Romeo, arrivava a Milano, mentre la Uilm veniva commissariata e anche in Fiom qualche problema c’era.

Nel frattempo erano già nati i Cobas nella scuola, mentre i macchinisti delle ferrovie, una volta espulso dalla Cgil Ezio Gallori, dovettero continuare la resistenza sindacale con il Comu (Comitato Macchinisti Uniti) che raccolse oltre l’80% del personale. Al di fuori dei confederali c’era lo Slai Cobas, e le RdiB (Rappresentanze di Base) erano presenti in particolare nel pubblico impiego.

L’azzeramento del Consiglio di Fabbrica della Montedison di Castellanza, con espulsioni dalla Cgil nei primi anni 80, fu un'altra punta dell’iceberg della normalizzazione che attraversava le realtà aziendali e sindacali per far arretrare le conquiste dei lavoratori.

Tiboni, a modo suo, ha sempre sostenuto le posizioni alternative nei rinnovi contrattuali e nelle vertenze aziendali. Ha appoggiato le cosiddette autoconvocate dei delegati, dal Lirico in poi fino alla fine degli anni 90, anche perché erano legate alle battaglie per la difesa della scala mobile, per gli aumenti salariali uguali per tutti, per la riduzione dell’orario di lavoro.
Una delle sue affermazioni che colpiva sempre profondamente era: “se non c’è democrazia nei luoghi di lavoro ce ne sarà sempre meno anche nella società”.
Negli anni ‘70 e ‘80, che Tiboni ha contribuito a rendere migliori, i lavoratori avevano più potere dalla loro parte: fu la stagione dei Consigli di Fabbrica con le assemblee decisionali e l’elezione su scheda bianca dei delegati eletti e revocabili.

Poi si è passati alla RSU (Rappresentanza Sindacale Unitaria) un terzo delle quali erano come una palla al piede, non a disposizione dei lavoratori. Tiboni amava dire che queste rappresentanze erano “scippate dai confederali ai lavoratori”. Gli accordi contrattuali, dall’abolizione della scala mobile, sostituita dalle erogazioni incerte e variabili del premio di risultato, hanno portato agli arretramenti dell’ultimo contratto dei metalmeccanici e di molti altri.

Tiboni ha vissuto la grande esperienza unitaria della FLM dall’angolo di visuale dei metalmeccanici della Fim-Cisl. Ricostruire un sindacato, o meglio un'azione sindacale a livello intercategoriale, e ottenere reali miglioramenti in un mondo del lavoro sempre più globalizzato, è cosa complicata e difficile, ma è una strada che Tiboni ha provato a percorrere; ed è solo cercando la strada giusta e resistendo che è possibile dare il proprio contributo per un mondo migliore.

Grazie, Tiboni.

P.s. Una nota personale. Quando lo incontrai nel 1982 e mi propose di fare il sindacalista, gli risposi che ero perplesso ma che accettavo a una sola condizione: se avessi deciso di “bruciare la prateria” non avrebbe detto nulla per cercare di fermarmi. È stato di parola, non lo ha mai fatto! Salvo poche volte in cui, senza proferire parola, si è mosso con i fatti. Ma anche questo era Tiboni. Non mollava mai.

*Sial Cobas di Milano